Nella vita dei singoli e dei paesi vi sono eventi che ne modificano il corso, in modo positivo o negativo. Per Procida nel dopoguerra uno dei periodi cruciali è stato, senza dubbio, quello tra maggio e luglio ‘89: significò l’interruzione di uno sviluppo socio-economico nuovo, concretamente avviato, capace di valorizzare le sue peculiarità ambientali e culturali, le capacità della sua gente, in grado di dare nuove prospettive di lavoro ai giovani.
Il 28 maggio di quell’anno si tennero le elezioni amministrative e i Socialisti ottennero un vistoso successo con il 30,2% dei voti e 10 consiglieri comunali su 30, come segno della crescente adesione dei cittadini al “Progetto Procida” di cui essi avevano avviato la realizzazione pur disponendo di una ridotta rappresentanza consiliare ed in presenza della DC dominata dal duo Aniello Scotto di Santolo-Capezzuto, partito maggiore, rissoso, spaccato, privo di idee. -Alle elezione dell’89 la DC tentò lo “sfondamento”, presentando la lista “più forte possibile”, con cinque medici candidati, tutte le “grandi famiglie elettorali” al completo, con candidati prelevati da diversi altri partiti- (come opportunamente riporta anche una tesi di laurea recentemente svolta) ma si fermò al 44,3%. L’operazione non riuscì e dopo un mese e più di trattative, su basi “mercantili” tra i due tronconi DC facenti capo a Gava e Pomicino, nel luglio successivo faevano ricorso ai servitorelli politici, costituendo la Giunta Scotto di Santolo con i 2 consiglieri Comunisti (Forestieri e Giumella), Elio Scotto di Perta (PLI), Michele Cacciuttolo (PSDI), Notarbartolo (PRI): tutti insieme per impedire il cambiamento avviato e riportare indietro il paese. Questa Amministrazione-ammucchiata viene ricordata per aver voluto il dissesto finanziario del Comune ma le sue responsabilità sono anche altre ed ancor più gravi. La sua ingloriosa e tempestosa fine nel ‘92 con relativo fallimento ne fu la inevitabile conseguenza. Quel luglio ’89, a vent’anni di distanza, va riletto, non tanto per ricordare quel che per Procida poteva essere e non è stato, ma per sperare che si possa ripartire da quella progettualità violentemente interrotta e recuperare il recuperabile per il presente ed il futuro del paese.
A vent’anni di distanza ci ritroviamo con un cumulo di macerie ambientali, umane, un grigiore culturale che fa paura e con alcuni dei sabotatori di allora in cerca di etichettarsi come “nuovi”, fidando che le malefatte siano finite nel dimenticatoio.
Il “Progetto Procida” dei Socialisti si poneva come alternativa all’immobilismo democristiano che aveva amministrato l’isola dal dopoguerra per 30 anni e fatto accumulare decenni di ritardi in ogni settore della vita isolana, anche in un periodo di grandi risorse finanziarie rivenienti dalla navigazione e mentre le isole vicine conoscevano un grande sviluppo in senso turistico.
Il “Progetto”, unico in tutti i tempi nella storia amministrativa nostra, si proponeva di sviluppare una parziale alternativa economica alla navigazione con un turismo a misura dell’isola, rispettoso e forte delle sue peculiarità ambientali, architettoniche, storiche, capace nel contempo di dare anche impulso alle attività tradizionali, agricoltura, pesca, artigianato, commercio. Il Piano interessava l’intero territorio, suddiviso in tre poli di sviluppo, con la potenzialità di assicurare occupazione per centinaia di famiglie e dei giovani in particolare. Dalla enunciazione, nel breve periodo in cui i Socialisti sono stati chiamati ad amministrare, si passò alla realizzazione. Fu ricordare alcuni risultati, va citata la realizzazione della trasformazione completa del porto turistico della Chiaiolella, le strutture a mare di quelli di Marina Grande e della Corricella, completata la rete idrica e fognaria ed altre opere pubbliche, il finanziamento della stazione marittima, l’organizzazione del primo moderno servizio di raccolta rifiuti, il trasporto fuori dall’isola degli stessi, la bonifica di Punta Solchiamo e delle altre aree “sversatoio”. Vivaro, l’avvio della pianificazione della mobilità con le prime misure di contenimento del traffico automobilistico privato e la organizzazione del primo servizio collettivo pubblico per tutta l’isola, la realizzazione del Pronto Soccorso, l’approvazione di uno strumento urbanistico capace di rispondere alle nuove esigenze abitative e di insediamenti produttivi (bloccato alla Regione, dai soliti nemici dell’isola) con rivalutazione e recupero dei centri storici a partire da Terra Murata, liberata dalla “palla al piede” del Carcere, al piano di risanamento e restauro della Corricella. E mentre si procedeva agli interventi strutturali fu data sostanza al turismo culturale di qualità con iniziative di valenza europea: Centro traduttori, unico in Italia, istituzione del “Premio Elsa Morante”, le grandi mostre di pittura ed arte varia dei maggiori artisti nazionali contemporanei, la rivalutazione delle tradizioni locali dal “Natale a Procida, agli appuntamenti pasquali, alla Sagra del Mare, con positivi riflessi sull’economia. Nell’ultima seduta di Consiglio prima della scadenza, la DC di Aniello Scotto e simili bloccò finanche il piano commerciale elaborato in coerenza con le linee di sviluppo, e di ciò, ironia della sorte, ne pagarono immediate conseguenze alcuni dei sabotatori. In campo sociale venivano messi in atto, superando le tradizionali forme assistenziali clientelari, interventi di impiego operativo di anziani e di avviamento al lavoro di giovani, con interventi di valenza ecologica e di utilità generale, lotta alle devianze sociali e iniziative per un sano impiego del tempo libero. Il tutto avveniva mentre si provvedeva alla soluzione degli annosi problemi del precariato comunale e con una equilibrata gestione del Bilancio.
Ma quei miopi sabotatori hanno sulla coscienza l’aver fatto bruciare una grande ed irripetibile opportunità: la Commissione Economica Europea aveva accolto la richiesta, dopo una visita del suo Vice Presidente Jean Portier nell’ambito dei “Piani Integrati Mediterranei” di finanziare con centinaia di miliardi, come aveva fatto ad esempio per Ibiza in Spagna ed in altri due paesi europei, con i noti grandi risvolti economici, il piano completo e dettagliato di sviluppo socio-economico presentato, unico in Italia, dal Comune di Procida, La finalità della C.E.E. era quella di effettuare interventi complessivi tali da assicurare la completa autonomia economica di alcune realtà e la loro migliore vivibilità. Che occasione!
E’ opportuno ricordare un altro aspetto fondamentale di quello che doveva essere il ruolo del Comune ed il coinvolgimento dei cittadini nello sviluppo: attraverso modalità, allora innovative, di public company e forme consortili. Era stata avviata la costituzione di forme societarie di gestione delle strutture produttive, da quelle portuali, all’ex Penitenziario, ad attività turistiche su demanio pubblico, con partecipazione societaria del Comune per quote minime, esercitando il ruolo di supporto e di garanzia non di gestione, che compete all’imprenditoria privata.
Sono trascorsi vent’anni, molte cose sono cambiate nell’isola e negli scenari esterni. Dalle linee di indirizzo di quel “Progetto”organico, ancora valido nei suoi principi basilari si può ripartire, apportando gli aggiornamenti necessari. Mi è sembrato utile ricordare quel tratto di vita amministrativa, oltre che per non dimenticare, per fare giustizia e ristabilire verità e colpe, principalmente per poter contribuire, insieme alle energie migliori, come i “Riformisti per Procida” propongono, ad riavviare quello sviluppo interrotto ed affrontare con le competenze opportune il difficile presente e l’incerto futuro.
Pasquale Lubrano
Per i “RIFORMISTI PER PROCIDA”