Le imprese che lavorano nell’inceneritore infuriate: «Lo Stato ci deve ancora dieci milioni di euro»
NAPOLI – «Se Bertolaso non ci paga entro la fine di questa settimana, da lunedì chiederemo a molti dei nostri operai impegnati nel cantiere del termovalorizzatore di restare a casa o di lavorare altrove». Scatta l’ultimatum da parte delle imprese, sono una ventina, che operano nel cantiere di Acerra e non percepiscono da sei mesi un centesimo. Minacciano di rallentare l’entrata a regime dell’impianto, qualora non ottengano ad horas le spettanze loro dovute. Un paio sono impegnate nelle opere civili: strade, fondamenta, muraglioni. Le altre, la maggioranza, lavorano alla realizzazione degli impianti elettrici e delle parti meccaniche. Una di esse ha il compito di gestire la fase del «commissioning», il rodaggio.
CREDITI – Impiegano circa 300 operai e vantano 10 milioni di euro di credito. Oggi incontreranno nuovamente Ettore Figliolia, il capo della segreteria tecnica di Bertolaso. La tesi di Bertolaso e dei suoi collaboratori è che i ritardi nei pagamenti siano da addebitare alla mancata o incompleta produzione, da parte delle società, dei documenti che attestino il regolare pagamento dei contributi ai lavoratori. «Non appena li avremo tutti — fa sapere il sottosegretario — salderemo il debito». Parole, però, che se possibile esasperano ulteriormente gli imprenditori. «Ma quale documentazione incompleta», sbotta per esempio Carmine Russo, il proprietario della società Italia Costruzioni, che ha 30 dipendenti. «Io sono in perfetta regola, ma non riesco a incassare una sola fattura da sei mesi. Vanto seicentomila euro di credito nei confronti dello Stato, per Acerra. Non bancabili. Gli istituti di credito non mi anticipano un centesimo, perché c’è una situazione ibrida: emetto le fatture nei confronti di Fisia, del gruppo Impregilo, che le gira a Bertolaso. Avrei altre commesse, ma temo di accettarle perché ho tutto il mio capitale bloccato su questo benedetto cantiere». Incalza: «Figliolia ci ha detto più volte che non è un problema di fondi in cassa, che quelli ci sono. Ma allora, dico io, che ci vuole a firmare un mandato di pagamento? Dieci minuti per evitare tanti problemi a noi ed a loro stessi».
DAL SETTEMBRE 2008 – Epilogo tutt’altro che entusiasmante, per gli imprenditori, di una vicenda iniziata sotto ben altri auspici, a settembre 2008. «Dopo un anno di fermo del cantiere — racconta Alfonso Petrillo, l’ex presidente del gruppo delle piccole industrie dell’Unione industriali — fummo tutti chiamati dal sottosegretario Guido Bertolaso. Il sottosegretario ci comunicò che, di lì a poco, avremmo ripreso a lavorare. Ci disse che avremmo portato a termine gli atti transattivi con Fisia e che sarebbe stata poi la sua struttura a remunerarci per le opere che avremmo realizzato. Il meccanismo prevedeva che noi trasferissimo le fatture a Fisia e quest’ultima alla pubblica amministrazione la quale, entro 20 giorni, avrebbe dovuto pagarci». Ha funzionato, secondo quel che raccontano gli imprenditori, solo per un paio di mesi, fino a novembre. Poi non hanno più incassato nulla. A gennaio, in compenso, racconta Russo, «ci hanno convocati di nuovo». Tutti davanti a Bertolaso. Ci ha chiesto uno sforzo per rispettare la scadenza fissata per l’inaugurazione del cantiere, a fine marzo. Il presidente del consiglio Berlusconi si era impegnato per quella data, ci fu detto, e noi dovevamo far sì che l’impegno fosse mantenuto. I nostri operai hanno lavorato giorno e notte, sabato e domenica. Avremmo meritato, lo dico con amarezza, un trattamento diverso». Oggi è dunque il giorno della verità: accordo o serrata. Se prevarrà la linea dura, l’entrata a regime del termovalorizzatore potrebbe slittare. Quel che non è riuscito alla mobilitazione prodotta da migliaia di cittadini, paradossalmente, potrebbe ottenerlo la protesta di una ventina di imprenditori.
Fabrizio Geremicca da http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/
27 maggio 2009