Intercettazioni: furto di attrezzo dalla cassetta dei magistrati

“Quello che sui giornali non leggerete più” è un bellissimo articolo su Repubblica di Giuseppe d’Avanzo, nel quale il giornalista spiega il suo punto di vista sul DDL passato alla Camera.
Tra le altre cose interessantissime che si leggono nell’articolo, ve ne sono alcune che mi hanno colpito particolarmente: “Se la legge dovesse essere confermata così com’è al Senato, i pubblici ministeri potranno chiedere di intercettare un indagato soltanto quando hanno già ottenuto quei “gravi indizi di colpevolezza” che giustificherebbero il suo arresto. E allora che bisogno c’è delle intercettazioni? Forse è davvero la morte della giustizia penale, come scrive l’associazione magistrati. (…)
Come d’abitudine, il Cavaliere la spara grossa, grossissima, consapevole che quel che ha in mente è un obiettivo più ridotto, ma tuttavia adeguato alla volontà di togliere dalla cassetta degli attrezzi della magistratura e delle polizie un arnese essenziale al lavoro.
E, dagli strumenti dell’informazione, un utensile che, maneggiato con cura (e non sempre lo è stato), si è dimostrato molto efficace per raccontare le ombre del potere. La possibilità di essere ascoltato nelle sue conversazioni – magari perché il suo interlocutore era sott’inchiesta, come gli è accaduto nei colloqui con Agostino Saccà o, in passato, con Marcello Dell’Utri – è per il Cavaliere un’ossessione, un’ansia, una fobia. Ci è incappato più d’una volta.”

Penso che ci sia molto da riflettere su quello che sta accadendo in Italia in questi mesi: io mi sento circondato da una malsana e putrida ondata di ingiustizia ed illegalità e ho la percezione che tutto questo non venga arginato in nessun modo. Anzi.

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