La morale messa in pericolo da Twitter e Facebook

twitterSono svariate le occasioni in cui la morale e l’etica si scontrano con l’evoluzione tecnologica dell’uomo, ne sono un esempio eccezionale i mutamenti di quella che una volta era semplicemente etica e che oggi ha una branca, impensabile qualche decina di anni fa, che si chiama bio-etica, e cioè la morale abbinata alla biologia (aborto, genetica, mutazioni ecc.).
Se il discorso vale per la biologia e per le scienze definibili “classiche” lo si deve addirittura amplificare applicandolo all’informatica, ad Internet e a tutto quello che riguarda le nuove tecnologie.
Si perché se la medicina ad esempio, si muove, cambia ed evolve ad una certa velocità, mettendo a dura prova quello che sono le nostre abitudini e le nostre credenze, l’informatica fa -molto sottilmente- di “peggio”, visto che la velocità di cambiamento è esponenzialmente maggiore e visto che le ricadute, le implicazioni sulle persone e sul mondo in cui viviamo, sono pressoché immediate.
Per stare sul pratico e per rendere l’idea, secondo uno studio recente del quale possiamo trovare ampio spazio a questo indirizzo si parla di etica in pericolo a causa dell’immoralità intrinseca nei sistemi di comunicazione moderna come Twitter e Facebook.
Lo studio si è posto una domanda: quanto impiega il cervello umano per formulare una risposta di fronte a una storia che suscita apprezzamento o partecipazione dolorosa?
In media, monitorando i volontari, i neuroscienziati hanno riscontrato un tempo di reazione del cervello umano che vai dai sei agli otto secondi prima di elaborare una risposta completa a emozioni profonde di ammirazione o di sofferenza. Ma alla lentezza si accompagna anche una solidità e una longevità della risposta.
Secondo gli scienziati del Brain and Creativity Institute della University of Southern California guidati da Antonio Damasco quindi, una decisione necessita di un tempo minimo di “maturazione/decantazione” entro il quale si riesce a dare un indice morale al fatto che ci è stato messo davanti: per decidere cosa provare abbiamo un tempo tecnico di poco meno di dieci secondi insomma.
Questa conclusione è quella che porta gli studiosi a sostenere che sistemi i di microblogging alla Twitter compromettano la nostra capacità di discernimento nei confronti degli eventi proprio perché non danno il tempo di ragionare, pensare, prendere le dovute distanze e valutare con oggettività.
Di fatto, secondo gli scienziati: “Il costo emotivo della tempesta di informazioni che subiamo, specie in un cervello ancora in formazione, è troppo alto nell’era dei social network.”.
Personalmente penso che non sia esattamente così: se da un lato esiste la possibilità che la nuova comunicazione ed i nuovi media portino al cambiamento della moralità, questo non significa che la moralità stessa venga a mancare a causa del microblogging.
La perdita di morale oggettiva dei nostri tempi ha delle motivazioni scatenanti e non sono certamente da attribuire -o almeno non solo- alla comunicazione via Web, e gli studi come questo usano le parole Twitter, Facebook e social network semplicemente come cassa di risonanza per avere visibilità.
Come spesso accade non dipende dal sistema, dal mezzo o dal veicolo il pericolo intrinseco di un evento, ma dipende dall’evento stesso. Internet non distrugge la moralità più di quanto non la distrugga guardare il TG delle venti.

Cito uno stralcio dello studio menzionato: “Castells said he was less concerned about online social spaces, some of which can provide opportunities for reflection, than about ‘fast-moving television or virtual games’”. In realtà gli studiosi osservano che sono proprio i social network, basati su tempi di reazione più lenti e meditati (imposti dalla partecipazione attiva degli utenti alla creazione dei contenuti), che permettono la formazione di un senso morale più alto rispetto ad altri media come la televisione o i videogame, che invece aggrediscono i fruitori in modo così frenetico e concitato da impedire di distinguere i contenuti e di riflettere adeguatamente.
In realtà, come sostenuto dal blog di Communication Village, “l’avvento dei media internettiani potrebbe rappresentare un’occasione importante per spronare gli utenti all’elaborazione di idee proprie e ben argomentate, riportando la fruizione dei contenuti a quella che normalmente avviene in contesti sociali non mediati dal computer, dove ciascun partecipante a una conversazione è in grado di sviluppare contributi significativi, dotati di senso profondo e, soprattutto, in grado di evolversi in modo coordinato e attivo per tutto il corso dell’interazione con gli altri interlocutori”.

fonte:  www.rudybandiera.com

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