da Liberoreporter.it
La vicenda del sequestro della petroliera italiana ‘RBD Anema e Core’ si è conclusa bene. Navi e uomini sono tornati liberi. Questo però dimostra che c’è pirateria e pirateria. Una pirateria i cui atti si risolvono in pochi giorni e un’altra che invece, quasi non hanno fine. Una pirateria per cui non si spende un euro per contrastarla, ma che comunque non produce ingenti danni, ed una pirateria per cui si spendono milioni di euro all’anno per contrastarla e che comunque produce ingenti danni economici e non solo.
Una pirateria che ha uno sfondo politico e sociale e una che ha uno sfondo criminale. Una pirateria che ‘giova’ a pochi e una pirateria che ‘avvantaggia’ molti. La notizia del rilascio della petroliera italiana non può che riempire il cuore di gioia anche se al tempo stesso il pensiero corre ad altri, a tutti i marittimi che sono prigionieri in Somalia, che stanno soffrendo le pene dell’inferno, trattenuti in ostaggio anche per mesi come animali in gabbia. Tra questi marittimi di diversa nazionalità, almeno 600, vi sono oltre che dei minori anche 11 lavoratori del mare italiani. Si tratta dei ‘ragazzi’ della ‘Savina Caylyn’ e della ‘Rosalia D’Amato’ navi italiane catturate dall’altro capo dell’Africa dai pirati somali rispettivamente l’8 febbraio e il 21 aprile scorsi. La nave ‘RBD Anema e Core’ era stata sequestrata dai pirati la notte fra il 23 e il 24 luglio scorso nel golfo della Nigeria, al largo del Benin. I pirati l’hanno poi abbandonata ieri sera. Abbandonata è la parola esatta. Questo in quanto i pirati della Nigeria non sono altro che dei ‘ladri’. Gente che assaltano le navi, come facevano i fuorilegge nel Far West, solo per rapinarle. L’’Anema e Core’ trasportava un’ingente quantitativo di gasolio per autotrazione, un ‘articolo’ che si vende bene al mercato nero. E con molta probabilità era questo il vero obiettivo dei ‘banditi del mare’ nigeriani. L’assalto, la cattura e la detenzione come pure il rilascio si sono svolti con le stesse dinamiche degli assalti precedenti. Ne sanno qualcosa i marittimi della ‘Alessandra Bottiglieri’. Si tratta della petroliera italiana che il 13 aprile scorso venne catturata dai pirati sempre al largo della Nigeria. Anch’essa trasportava benzina e anche in quel caso il sequestro si risolse in meno di tre giorni. Giusto il tempo di trasbordare il carico e svaligiare la nave e chi vi si trovava a bordo. Quando il danno si limita solo a questo più delle volte l’incidente non viene nemmeno denunciato. Che si tratti di rapine,quelle che avvengono al largo della Nigeria, lo dimostra anche il fatto che i pirati non aprono mai trattative con la società armatrice. Per tutto il tempo del sequestro queste rimangono all’oscuro delle loro intenzioni e solo dopo il rilascio della nave e dei marittimi possono finalmente avere loro notizie. A parte il sequestro della nave e dei marittimi il cui rilascio era certo, quello che impensierisce sono la serie di attacchi, anche violenti e ben organizzati, che sono stati messi a segno negli ultimi mesi al largo della costa dell’Africa occidentale. Almeno una decina le navi che sono state attaccate. Di questi attacchi almeno la metà sono andati a buon fine. L’area era tra quella nel mondo che fino a poco tempo fa erano a rischio pirateria e che poi, sarebbero state ‘ripulite’ dai pirati. Gli ultimi episodi ne dimostrano il contrario. Anche per questo motivo purtroppo, c’è poco da gioire. Alla luce di queste considerazioni fanno sorridere le parole pronunciate dal Signor ministro degli Esteri, Franco Frattini il quale in merito alla vicenda ha candidamente affermato: “E’ andata bene. sulla vicenda c’è stato un lavoro non annunciato e che non verrà reso noto come si fa in questi casi”. Il sollievo e la soddisfazione espressi per la conclusione di questa vicenda non devono spegnere le angosce e i batticuori per le altre navi e uomini italiani ancora in mano ai pirati per i quali di sicuro, anche per loro, si sta facendo ‘un lavoro non annunciato’.
Ferdinando Pelliccia
Tags Abitare a Procida Attualità Mare Pirateria
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