Essendo da sempre la Sicilia molto ricca di beni ecclesiastici, questi finirono nelle mire dei nuovi governanti piemontesi spinti dalle pressioni delle politiche anti-clericali che come è noto, accompagnarono tutto il Risorgimento. Vi fu chi vi si oppose al censimento ed alla vendita dei beni beni ecclesiastici, come il deputato D’Ondes-Reggio nella tornata del
parlamento torinese del 23 luglio 1862. Ma ci fu anche chi considerava
i beni della Chiesa come beni “nazionali” e quindi lo Stato aveva
diritto ad impossessarsene.
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