NO B-Day il giorno dopo. "Resteremo un Movimento"

Dal Quotidiano Il Fatto Quotidianodel 8 dicembre 2009

di Federico Mello (Giornalista)

Il day after è un passaggio obbligatorio e delicato. Dopo la grande manifestazione di San Giovanni, per i No Berlusconi lunedì è il giorno della riflessione, e del rischio anche, che tutto si squaglia come neve al sole. Di sicuro, una nuova iniziativa è già partita ieri: dalla pagina dove era stata lanciata la mobilitazione, ne è germinata una nuova, che adesso si chiama “Il Popolo Viola” e che, in poche ore, ha già raccolto oltre 30.000 iscritti. Si continuano a chiedere le dimissioni del premier, ma si alza il tiro: “In questo gruppo vogliamo costruire un progetto (non un partito) di rinnovamento per il Paese a partire dalle vostre proposte. Il nostro metodo rimane quello della partecipazione democratica”. Una dichiarazioni d’intenti già tradotta anche in inglese: “Welcome on the official page of the purple people…”.

Non è facile spiegare quello che hanno in mente. Ciò che è certo è che, almeno per provarci, bisogna buttare a mare la cassetta degli attrezzi della politica ordinaria, e attrezzarsi per qualcosa che assomiglia più a Wikipedia che a uno statuto di partito.

La sintesi, come al solito, la fa San Precario. Il Giornale l’ha definito, “Il Subcomandante Marcos de ‘noantri”. Una definizione presa come un complimento dal profilo Facebook che ha organizzato il No B. Day (Il Giornale di Feltri, tra l’altro domenica ha fatto un rozzo tentativo per dimostrare che tutto era nato già ad aprile da Di Pietro: una bufala smentita in poche ore da decine di post sulla Rete).

San Precario era l’icona usata da gruppi alternativi milanesi e sindacati di base per portare avanti la battaglia sui precari. Un anonimo ha ripreso l’icona e l’ha resa promotrice del No B. Day. Questa mossa, inedita nell’agorà italiana, ha giovato senz’altro alla manifestazione: San Precario è una sorta di padre nobile di questo movimento che garantisce un fine: “Il popolo viola si va definendo come italiani che fanno politica per la legalità, il futuro e la partecipazione – dice – soprattutto la partecipazione”. Assicurando un profilo aperto e democratico, si pone come garante del popolo viola, al riparo dalla personalizzazione, che è spesso il peggior inquinante della politica. Quindi, ora, si ricomincia, si riparte dal nuovo gruppo: “Occorre trasformare il grande patrimonio che ci consegna il 5 dicembre in un’esperienza tesa al cambiamento del paese” dice. Molti degli organizzatori si dicono d’accordo. Nessun partito da fondare, nessuna gerarchia e nessuna lista elettorale. Ma rendere il viola un simbolo, che chiunque potrà usare, per proporre iniziative, campagne, manifestazioni, sempre con un riferimento indissolubile: la partecipazione dal basso e pubblica. Su Internet ma anche de visu, sui territori.

Gianfranco Mascia, che è stato uno dei volti più visibili di questo movimento, già pubblica il suo contributo sulla pagina Facebook del “Popolo Viola”. “Sabato abbiamo fatto rinascere la speranza – scrive Mascia – che qualcosa possa davvero cambiare in Italia. Non solo perché la manifestazione è stata un successo numerico, ma soprattutto per le modalità”. Nel frastuono del post-manifestazione, questo ripetono tutti. “Dobbiamo fare un movimento che propone un metodo”. Mascia aggiunge: “Il tentativo di ‘mettere il cappello’ sull’iniziativa c’è ed è chiaro. Per evitarlo, cerchiamo di ribaltare il concetto. Mettiamo noi il nostro ‘cappello viola’ sulla politica italiana, di qualunque parte sia”.

Si potrebbe dire che quello che stanno provando a mettere in campo è una rete di cittadini che, utilizzando Internet e i meccanismi più innovativi della comunicazione, si pone come alternativa culturale al modello berlusconiano: “Sia destra che sinistra hanno fatto l’interesse di pochi. Bisogna lavorare invece per soluzioni che siano per il bene comune” spiega Franz Mannino, un altro degli organizzatori. Cambiare le cose, partendo dal basso. Un obiettivo impossibile? Di certo, la piazza di sabato sta lì a dimostrare che, finora, i viola hanno intercettato un bisogno che, al di là delle cifre (“non ce ne frega niente dei numeri, c’eravamo ed era chiaro a tutti” dice sempre Mascia) rimaneva ancora nascosto, ai telegiornali naturalmente, ma anche alla politica. E d’altronde la lezione viola non è troppo dissimile da quella di Obama. Yes we can. Si può fare. Cambiare le cose. Loro vogliono dimostrarlo. “E statene certi – aggiungono – siamo solo all’inizio”.

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