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Editoriale di Giuliano Santoro
“La grande abbuffata”
«Ho paura quanto vedo tutta questa abbondanza, mi fa paura anche la reazione dei miei cittadini». Le parole, abbastanza sorprendenti, sono quelle del sindaco di Fossa, Luigi Calvisi. Fossa è uno dei paesi dell’Abruzzo coinvolti nello spaventoso terremoto che ha fatto tremare tutto il centro-italia. A osservare la piccola tendopoli che ospita una buona parte dei 700 abitanti del centro abitato ci si accorge che la vita quotidiana del paese si è riprodotta qualche centinaia di metri più in là. Eppure, il sindaco ha paura che l’imperiosa macchina degli aiuti comandata da Bertolaso abbia l’effetto di stordire il protagonismo dei cittadini e fermare sul nascere la ritessitura delle reti sociali.
Gli organigrammi della ricostruzione dopo il disastro sono figli della prima fase di intervento: già da adessoi il tanto decantato «modello-Friuli», quello che passa per il protagonismo dei sindaci, rischia di venire sommerso dai super-poteri dei commissari speciali, dallo stato eccezione giustificato dalla emergenza, dai buoni sentimenti di cui si maschera il decisionismo, dal mistero della spartizione dei fondi destinati ai soccorsi. Ci sarebbe bisogno fin da subito del protagonismo dei cittadini, gli stessi che cominciano a risvegliarsi dal torpore dei sedativi e della paura e che cominciano a chiedersi quanto durerà questa gità in camping che gli è stata apparecchiata dall’animatore Silvio [lo ha detto lui: «Voglio che quando vengo qui mi chiamiate per nome»]. L’ondata di merci che investe buona parte dei campi in cui vivono quasi 20 mila sfollati [ma attenzione: ci raccontano che ci sono alcuni posti ancora ignorati dai soccorsi] testimonia della volontà di far sentire al sicuro tanta gente ma potrebbe essere il fumo negli occhi prima della grande abbuffata della ricostruzione.