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Editoriale di Pierluigi Sullo
“Vauro”
Ho il piacere di essere amico di Vauro da una ventina d’anni, cioè da quando cominciò a lavorare per il manifesto, suscitando un certo scandalo – all’inizio – anche tra i comunisti eretici tendenti alla seriosità della redazione [me compreso]. Rapidamente le sue vignette divennero uno dei «marchi» del giornale, e spesse volte, come capita tuttora, il Vauro di giornata diventava la copertina. Questa premessa per dire come la notizia della sua «sospensione» da Annozero, la trasmissione di Santoro, mi abbia allo stesso tempo fatto molto arrabbiare, come capita per qualcosa di arbitrario e stupido, e fatto sorridere. Anzi sogghignare, come quando ci si vede e si dicono un sacco di fesserie, e più enormi sono meglio è. Così impari a frequentare la Rai, gli direi in questo caso.
La vignetta incriminata, quella con le bare delle vittime del terremoto in fila e la battuta sull’aumento delle cubature nei cimiteri, mi è sembrata piuttosto tipica della sua vena un po’ maliconica, perché quel che fa di Vauro un fenomeno pressoché unico [solo Altan ha questa qualità, secondo me] è che i suoi sberleffi sono pieni di una umanità irriducibile. Quella per esempio che gli inumidisce gli occhi, all’orco comunista toscano, quando parla della sua esperienza in Afghanistan, dove andò con Gino Strada e vide i sottoprodotti della guerra, mutilazioni e ferite. Per uno che andava in giro su una motocicletta cecoslovacca [ben prima che cadesse il Muro] e con una falce-e-martello al collo, è una bella contraddizione: la stessa dell’intero Novecento.
Il cialtrone direttore di non so cosa della tv pubblica [cioè di proprietà del governo in carica e della sua gentile opposizione] che l’ha «sospeso» voleva colpire di rimbalzo Michele Santoro. Ma il provvedimento ha un senso in sé: quelli come Vauro sono come i cani in chiesa, alla Rai. Penso che lui ne ricaverà una certa sarcastica soddisfazione.