Ieri sono tornata a Roma che non è la mia casa ma un posto dove sto passando questo periodo della vita in modo molto felice. A Procida ci sono le mie radici, la mia casa bellissima nel silenzio di Ciraccio, i miei amici e amiche a cui voglio bene. In queste feste li ho incontrati, molti erano tornati per le vacanze: non viviamo stabilmente sull’isola.
Sull’isola è difficile costruire e rendersi utile se la tua etichetta sulla schiena recita altro. Non resta che fare la valigia e andare via, farti valere altrove e leggere l’atricolo sul giornale del paese dei probabili successi. Che tristezza: bisogna andare via per essere apprezzati come persone vere e non etichettate.
Le mie vacanze sono state serene, ho goduto molto della mia famiglia e sono andata in giro con la mia amica -in trasferta a Modena per lavoro- contente di vederci e non sentirci sempre tramite skipe, msn, facebook.
La mia isola non cambia nel tempo: la popolazione si lamenta sempre, non muove un dito per migliorare la situazione, chi muove un dito non è aiutato da nessuno ma criticato e zero coscienza civile. Tanti abitanti isole su un’isola. Ascolto le chiacchiere e le beghe di chi dovrebbe andare sul comune a marzo -ci sono le elezioni- e le parole non sono cambiate da quando ho votato per la prima volta.
A Roma piove e leggo che una ragazza procidana andrà a Sanremo, le beghe politiche aumentano, la popolazione sempre più divisa. Il cemento che vedo intorno a me non è nulla rispetto agli alberi del mio giardino che si piegavano al vento e il mare che faceva risacca sulla banchina del molo.
Ho viaggiato tanto per tornare sempre a casa, diceva Gandhi.
Roberta Scotto Galletta