La scelta del leader Bersani, così come quella del candidato Enzo Amendola a segretario regionale, è stata affidata alle correnti partitiche che compongono la coalizione e che hanno ispirato i 3 milioni di cittadini che hanno partecipato alle primarie del 25 ottobre.
Anche a Procida lo schema è stato lo stesso. Le correnti interne alla locale sezione si sono divise ed è così che si sono ottenuti tre piccoli risultati, piccolissimi a dire il vero.
Basta pensare che rispetto a due anni fa, hanno votato un 40 % in meno di persone. Dai quasi 550 del 2007 ai 400 di ieri.
Scontata la maggioranza di voti per Bersani nel voto nazionale, la debacle dei franceschiniani, il buon risultato per Ignazio Marino. L’analisi si sofferma sull’idea che se questa è stata la forza su cui contare, sarà meglio che ci si abitui al ruolo di opposizione per sempre.
Interessante è stato il risultato sulle elezioni del segretario regionale, scontato e parossistico anche quello, ma dal quale emerge una constatazione e una contraddizione di fondo: la rinuncia di una buona parte del partito a contare a livello regionale, avendo votato quasi il 50 % per il candidato di Marino. ( perdente )
Se in ambito nazionale la figura di Bersani ha garantito l’ idea di un progetto aggregante e di intesa con le altre forze politiche che siedono in parlamento, ma anche fuori da esso, sul nostro territorio la parola “aggregare” è ancora lontana, e se gli atteggiamenti sono quelli mostrati dalle appena trascorse primarie bisognerà lavorare di pala e di rastrello per rifare quell’area democratica di cui Procida ha bisogno senza risparmiarsi.
Più forti di tutti i profeti di sventura che ritengono di chiudersi in salette tra una riunione ed un aperitivo e decidere e coinvolgere senza rendersi conto che la strada per rendere compiuto un passaggio fondamentale passa attraverso una nuova fase costituente e non solo attraverso il conteggio delle tessere del partito. Il Partito Democratico deve trovare la forza di rinnovarsi, di lasciar cadere quella zavorra che lo appesantisce e gli impedisce di spiccare il volo. Un rinnovamento che non sia anagrafico, ma di pensiero e pratica. Iniziare a parlare di proposte politiche reali e non di metodi miracolosi per la risoluzione dei problemi che attanagliano l’isola da troppo tempo e che richiedono soluzioni credibili.
MANUELA INTARTAGLIA
fonte IL GOLFO 27/10/09