Volontariato e diritti: la risposta alla crisi può veramente giungere da persone capaci di far funzionare i servizi senza sostituirsi al settore pubblico e certi problemi si possono risolvere solo se la comunità è in grado di mettersi in gioco. Ecco una riflessione provocatoria e propositiva di Francesco Gesualdi: far diventare il volontariato fenomeno di massa, agganciandolo alla radice al senso stesso della partecipazione.Uno dei messaggi che questa crisi ci manda a dire è che il tempo delle vacche grasse sta tramontando. Benché i governanti si sforzino di dirci che l’obiettivo è la crescita, sanno che questa prospettiva non è più possibile: ce lo dice la crisi del petrolio, la crisi dell’acqua, la crisi del cibo, la crisi del clima.Il futuro che si prospetta è più povero da un punto di vista della ricchezza materiale, ci sarà meno produzione, circolerà meno denaro, se non riorganizziamo l’economia in un’ottica di equità e di garanzia dei diritti fondamentali per tutti rischiamo di costruire il mondo delle barbarie. Quando la ricchezza abbonda, pur nella sua iniquità, il mercato lascia che qualcosa arrivi a tutti, ma quando la torta si restringe, si comporta come un lago che si prosciuga: via via che l’acqua si ritira un numero crescente di pesci rimane all’asciutto e muore. Solo se parallelamente si struttura una forte organizzazione comunitaria per garantire a tutti almeno i bisogni fondamentali eviteremo la catastrofe sociale.Ecco la necessità non solo di rafforzare l’economia pubblica, ma di chiederci coma farla funzionare sapendo che le sue entrare fiscali saranno sempre più ridotte. Una situazione che tante istituzioni stanno vivendo già oggi, le entrate di molti Comuni sono così basse che sono di fronte a un bivio: o si inventano qualcosa o chiudono tutti i servizi. Sorprendentemente la soluzione può giungere dal volontariato, non con la sostituzione dell’economia pubblica da parte dei terzo settore, ma prospettando il lavoro della gente come formula per fare funzionare i servizi. Il mondo del volontariato ci dice che la ricchezza, quella vera, non è rappresentata dai soldi, ma dalla gente, dal suo lavoro, dalla sua disponibilità a mettersi in gioco. L’unico modo per fare funzionare la comunità in assenza di soldi è di rivalutare la comunità stessa, chiedendo a ciascuno di mettere a disposizione parte del suo tempo.Una ricchezza pubblica, non più fondata sul denaro, ma su una nuova forma di partecipazione che non si limita al voto ogni cinque anni e al pagamento delle tasse (lamentandosi), ma si esprime attraverso il coinvolgimento costante con la comunità mettendosi al suo servizio diretto. In forma embrionale avviene già oggi. Un esempio è la nettezza urbana. II servizio non comincia per strada da parte dei netturbini, ma nelle nostre case. Quando decidiamo di selezionare i rifiuti buttando le bottiglie nel vetro, i giornali nella carta, le vaschette nella plastica, stiamo attuando la prima fase della raccolta rifiuti, solo se questa è svolta correttamente, tutto il resto procede senza intoppi. Pensiamo anche all’assistenza socio-sanitaria. Quando teniamo a casa l’anziano allettato e lo assistiamo su insegnamento del personale infermieristico, in qualche modo stiamo collaborando col servizio sanitario.Quando il servizio sociale ci chiede di accogliere un bimbo in affido ci dichiara che certi problemi si risolvono, anzi si prevengono, solo se la comunità è disposta a mettersi in gioco direttamente. Con l’invecchiamento della popolazione, con l’aumento della disoccupazione, con la crescita dell’immigrazione, i problemi sociali sono destinati a moltiplicarsi, c’è bisogno di vedette sociali, membri della comunità che sorvegliano i quartieri per individuare chi si trova in stato di necessità e attivare prontamente tutti gli strumenti di solidarietà collettiva.Non è pensabile che si possano eliminare le situazioni di emarginazione solo con i professionisti a pagamento e le strutture specializzate, serve una comunità che tiene gli occhi aperti sul proprio tessuto sociale, che intreccia rapporti, interviene, sostiene. Un tipico esempio riguarda i sofferenti psichici. Come ci ha insegnato Franco Basaglia l’alternativa al manicomio è un efficiente servizio domiciliare associato a un atteggiamento di accoglienza, sostegno e amicizia da parte dei vicinato.La stessa solidarietà che serve agli anziani. Molti di loro non hanno bisogno di assistenza specialistica, solo di un aiuto domestico che tutti sono in grado di dare.Francesco GesualdiScrittore, allievo di Don Milani e ispiratore del consumo criticoL’articolo completo è disponibile su www.volontariatoggi.info
Tags Il Procidano
Potrebbe interessarti
Pubblicato nella radio del Procidano il Consiglio Comunale del 30 aprile 2014
In questo Consiglio: Esame ed approvazione del rendiconto finanziario 2013; Modifiche ed integrazioni Regolamento Consiglio …