Alla fine, quello che da tempo si sussurrava nei palazzi di governo e nelle redazioni dei giornali è arrivato. Una richiesta di arresto per concorso esterno in associazione camorristica per il sottosegretario Nicola Cosentino. La conferma che le rivelazioni di ben cinque pentiti non erano semplici chiacchiere e che la procura di Napoli stava indagando a fondo e senza guardare in faccia a nessuno. Un provvedimento né troppo vicino né troppo lontano dalla scadenza delle elezioni regionali: tuttavia, il sogno di Cosentino alla guida della Campania sembra essere definitivamente affondato.
Finisce l’epopea dei “bravi ragazzi” che in pochi anni hanno scalato la Pdl e costruito pazientemente l’alternativa al centrosinistra in Campania: Cosentino da Casal di Principe, Luigi Cesaro, attuale presidente della provincia, da S.Antimo, Mario Landolfi, ex ministro delle comunicazioni, da Mondragone. Per citarne alcuni. Tutti signori delle preferenze. Tutti estremamente radicati nelle zone interne della Campania, quella lingua di territorio che collega l’area nord di Napoli con il basso casertano. Area densamente abitata, attraversata da discariche abusive, piena zeppa di centri commerciali, contrassegnata da una saturazione urbanistica unica in Europa. Deserto produttivo che corrisponde a deserto sociale.
Oggi Gianfranco Fini ha definitivamente giubilato Cosentino: è incandidabile. Nei giorni scorsi l’anticipazione sulla richiesta d’arresto non era partita dall‘Espresso, da Repubblica o da Roberto Saviano, ma dal “Roma“, piccolo quotidiano della destra napoletana, il cui editore è un certo Italo Bocchino. Ancor prima erano stati due campioni della prima Repubblica, Paolo Cirino Pomicino detto “o ministro” e “mister centomila preferenze” Alfredo Vito, a gettare l’allarme sull’ipotetica candidatura del coordinatore regionale della Pdl nonchè Sottosegretario all’economia. Addirittura il primo aveva protestato sull’eccessivo sbilanciamento geografico della rappresentanza parlamentare berlusconiana, troppo schiacciata sulle aree interne della Campania: “in comuni come Sant’Antimo e Casal di Principe neanche nelle campagne elettorali i dirigenti della Dc di quel tempo preferivano metterci piede…”
Insomma, la denuncia è partita da sinistra, ma la faida si è consumata tutta dentro la destra. E il rischio che questa inchiesta produca una scia di veleni capace di coinvolgere lo stesso Berlusconi è reale. Il cuore dell’indagine sarebbe ancora una volta la gestione degli appalti sui rifiuti: il Consorzio Eco4 infiltrato dai clan dei casalesi (Bidognetti e Schiavone) di cui Cosentino sarebbe stato in qualche modo socio e garante. Uomo “a disposizione” che dirigeva occultamente il settore dei rifiuti, decideva chi dovesse costruire l’inceneritore di Santa Maria La Fossa, chi dovesse essere assunto, chi doveva vincere questa o quella gara.
Un quadro indubbiamente inquietante che ci pone una domanda non rinviabile: perché il nostro Presidente del Consiglio ha difeso in questi mesi – ancora oggi l’avvocato Ghedini considera l’indagine un attacco delle procure volto a condizionare l’esito elettorale – questo personaggio e la sua classe dirigente, anche quando andavano addensandosi le nubi di un’inchiesta di camorra corroborata dalle dichiarazioni di ben cinque pentiti? Cosentino non si è mai fatto da parte, anzi ha continuato ad insistere. Da Sottosegretario all’Economia non ha mai fatto segno di voler fare un passo indietro, ha messo in riga tutti i sindaci, i parlamentari e gli amministratori della Pdl e ha lanciato in grande stile la sua candidatura. Berlusconi non ha mai fatto cenno di essere contrario. La domanda che frulla in testa a tutte le persone di buonsenso è la seguente: come spiegare questo sodalizio tra il Cavaliere e l’avvocato di Casal di Principe?
Certo, Berlusconi è molto goloso della mozzarella di bufala Doc che il sottosegretario gli invia puntualmente e che allieta molti dei vertici formali ed informali organizzati ad Arcore e dintorni…. Ma da sola questa non è una spiegazione. Forse dovremmo riavvolgere il nastro e tornare indietro di un anno e mezzo: il governo Prodi crolla nell’opinione pubblica per l’incapacità conclamata a risolvere la crisi dei rifiuti. Bassolino e la sua esperienza di governo vengono travolti nell’immaginario collettivo da quei cumuli di monnezza che fanno il giro del mondo e che rappresentano un manifesto palese di malgoverno, inefficienza della pubblica amministrazione, accidia delle classi dirigenti. Arriva l’uomo di Arcore al governo e risolve (in realtà i nodi di sistema sono ancora intatti…) la crisi, pulisce Napoli e segna un colpo ad effetto di carattere internazionale. Cosa succede? Sparisce la camorra dal ciclo dei rifiuti improvvisamente? Scompaiono le infiltrazioni? Oppure c’è l’inabissamento e una pax armata? I clan hanno l’interesse che il ciclo torni in qualche modo a funzionare e normalizzarsi, che i riflettori si abbassino e si allontanino i giornalisti, che si riprenda sottotraccia a fare affari. Cambia la legislazione: una militarizzazione più spinta, gli incentivi Cip6 elargiti alle grandi imprese, una concentrazione ancora più forte di poteri commissariali per gestire direttamente l’affidamento di forniture e appalti. Che siano stati i “bravi ragazzi” i nuovi garanti di quel “pactum sceleris” tra stato e antistato che ha messo la sordina sulla crisi di Napoli e ha consentito al Cavaliere di farsi fotografare con la ramazza in mano mentre ripuliva Napoli dai rifiuti e dal centrosinistra?
Se non partiamo da questa domanda, da questo inafferrabile interrogativo, che getta un’ombra anche sulla storia recente di questo paese, non capiremo affatto cosa significa il sistema Cosentino. Perchè la vicenda rifiuti è stata innanzitutto un affare di stato, come ci ricorda spesso Saviano, al quale abbiamo fatto bene a chiedere di scendere in campo e guidare una riscossa civica in questa regione. Perchè, nonostante i rumors, fino a ieri la candidatura del Sottosegretario appariva un dato abbastanza scontato e la rassegnazione sembrava prevalente rispetto alla ribellione verso qualcosa di inedito ed inaudito, paragonabile all’arrivo di Vito Ciancimino alla guida della città di Palermo. Perché, infine, bisogna continuare a vigilare su quanto accadrà nelle prossime settimane in Campania, dove si gioca un pezzo di dignità dell’Italia e, di sicuro, un tratto nella vita di un Mezzogiorno ancora sospeso tra Europa e sottosviluppo.
*Sinistra e Libertà Campania – ARTURO SCOTTO