di Nicola Silenti da Destra.it
Oltre alla classe infinita di Cristiano Ronaldo, la bellezza dell’estate italiana e l‘arroganza dei vicini d’Oltralpe, sopra tutto e tutti poche altre certezze rimangono in questo giugno 2018 ai cittadini italiani. Di certo, nessuno oggi nel Paese può dubitare dell’abilità e del talento politico del segretario della Lega Matteo Salvini che ha dimostrato di essere un animale politico di rara grandezza, capace in una manciata d’anni appena di risollevare le sorti di un partito dato da tanti per morto: un partito ruzzolato fin sull’orlo del precipizio, declinato dai fasti dell’epopea bossiana in una spirale rovinosa di scandali e ruberie più o meno presunte sino al rischio concreto di dissoluzione.
Un disfacimento scampato grazie all’elezione alla segreteria cinque anni orsono di questo giovane milanese, a cui va il merito di aver tramutato la natura e l’anima stessa di un movimento secessionista nel suo esatto opposto di presidio sovranista, una metamorfosi ignota a qualsiasi altro leader europeo eppure degna, al netto delle simpatie politiche di ognuno, di un uomo politico di razza.
Acclarato il suo indubbio valore politico e attestato il suo primato di leader, oggi tuttavia il popolo chiede a Matteo Salvini qualcosa di più della temprata destrezza nelle dispute verbali e di un presenzialismo in TV. Sarà che oggi Matteo Salvini è un ministro della Repubblica, a capo di un organo vitale dello Stato come il Viminale e, insieme a questo, il vicepresidente del Consiglio di un governo su cui in tanti ripongono le ultime speranze di un vero cambiamento.
Per questo, proprio in ragione della grande fiducia che gli italiani ripongono in lui, a fronte delle belle e apprezzabili parole pronunciate sui social, degli slogan postati e condivisi via video su Instagram e Youtube, è giunto il tempo che Matteo sgombri il campo dal fiato e lasci spazio a una cosa, una soltanto. I fatti.