“Munnezza Story di Procida” (prima parte)

Gli avvenimenti degli ultimi giorni, che hanno riguardato e riguardano la S.E.P.A. srl e, più nello specifico, la Società Cooperativa San Marco, che della SEPA è ancora il socio di maggioranza, ci hanno dato lo spunto per andare a ritroso nel tempo e cercare di conoscere da chi, con quali modalità e con quali ditte sia stata gestita la raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani sull’isola di Arturo, o di Graziella che dir si voglio, a partire da un non lontano 1985 anno in cui venne chiusa la discarica a cielo aperto di Punta Solchiaro. Per fare questo, in modo particolare attraverso la rete, abbiamo cercato di recuperare articoli di giornale dell’epoca, verbali e atti delle Commissioni parlamentari. La “Tela del ragno” (definita così anche dal sito infoprocida.net che si sta occupando anch’esso della vicenda) che ne viene fuori è una storia fatta di infinite vertenze legali, appalti e imprese che vanno e vengono ed in cui la definizione “interdizione antimafia” non è proprio una novità dell’ultima ora ma un concetto più o meno ricorrente. Vista la complessità dell’argomento, e per non far perdere il gusto della scoperta all’attento lettore (anche se per alcuni protagonisti si tratterà di fatti ultra noti), la “Munnezza Story di Procida” è stata suddivisa in vari capitoli.

Questo è il primo: PUNTA SOLCHIARO
Quando in Germania già si separava il vetro bianco da quello colorato a Procida, un territorio di 3,5 Kmq, la “munnezza” si bruciava a Punta Solchiaro che poi è il luogo da cui parte la nostra breve storia. Chi ha superato gli “anta” ricorderà l’eterno pennacchio che si inarcava verso il cielo e l’odore nauseabondo che si propagava per le strade dell’isola quando arrivava lo scirocco. Considerato che la memoria potrebbe venire meno rileggiamo l’articolo riportato da:

Il Golfo” (20-2-2002 MICHELE AMBROSINO ).
Punta Solchiaro è senz’altro uno dei luoghi più caratteristici e belli dell’isola, ma per anni, lunghi anni è stata, per largo spazio, a partire dagli anni settanta, una discarica a cielo aperto, con il deposito da parte del Comune dei rifiuti solidi urbani ed ingombranti, infestata dai topi. Una situazione che è durata fino al 1° marzo 1985 quando, a seguito di un’ordinanza del Pretore, si diede luogo, con la Giunta Parascandola, al trasferimento in terraferma dei rifiuti, con un pesante aggravio per le casse comunali e quindi per i cittadini, ma con un addio al degrado della zona, comunque mai pienamente recuperata. Di recente i germani Lubrano Lavadera hanno citato il Comune per chiedere il risarcimento del possesso da parte dell’ente di più di 6000 metri quadri di terreno di loro proprietà, utilizzati in quel di Solchiaro per lunghi anni per depositare rifiuti e poi dal 1987 abbandonati a se stessi, pur rimanendo in possesso del fondo, secondo gli istanti senza titolo a detenerlo. La causa si dovrebbe tenere il 10 aprile prossimo. Il Comune ha promosso opposizione al decreto di citazione ed ha nominato quale proprio difensore l’Avvocato Giovanpietro Gioia. Una nuova grana per il Comune, dunque, che “nasce” da una vicenda annosa che, come detto, caratterizzò anche il dibattito politico negli anni settanta-ottanta e che solo pochi mesi fa aveva visto definirsi un’altra questione simile. Nel consiglio del 29 novembre scorso fu approvata una transazione con la conclusione dei fratelli Passalacqua. Una vicenda che si era trascinata per quasi 30 anni, contrassegnata da una serie di sentenze tutte negative per il Comune che avrebbe dovuto risarcire i Passalacqua per una somma intorno ai 2 miliardi e 100 milioni. La transazione, approvata all’unanimità dal Consiglio, prevede un esborso da parte dell’Ente, in più anni, della somma complessiva di 940 milioni, con l’acquisizione dello stesso terreno. Ma ripercorriamo i tempi di questa vicenda.
Con atto di citazione del 16 luglio dell’80, i germani Vincenzo e Lucio Passalacqua, proprietari di un terreno in Procida, contrada Solchiaro, di metri quadrati 3194, adibito dal Comune dal 1972 a discarica di rifiuti solidi urbani, chiesero al Tribunale di Napoli la condanna dello stesso Ente al rilascio del terreno, nonché al pagamento dell’indennizzo per l’occupazione abusiva e al risarcimento dei danni. Con sentenza del 28/05/94 il Tribunale poiché dalla consulenza tecnica di ufficio era emerso che sul posto vi era una tale mole di rifiuti che per ripristinare i luoghi occorressero circa lire 800.000.000, ritenne irreversibile la occupazione e condannò il Comune al risarcimento dei danni corrispondenti al valore del suolo, riportato al 1984 di lire 35.000.000, nonché all’indennizzo per la illegittima occupazione dal 1972 al 1980 in lire 8.000.000. A seguito dell’appello dei Passalacqua la Corte di Appello di Napoli, con sentenza n.1580 del 05/12/85, in riforma della sentenza del Tribunale, condannò il Comune al rilascio del terreno previo ripristino dello status quo ante e al risarcimento dei danni in lire 23.866.670, per la occupazione dal 1972 all’1/10/85 con gli interessi. Con sentenza del 21/02/91 la Corte di Cassazione confermò la pronunzia della Corte di Appello di Napoli. Con l’altro atto di citazione dell’11/05/88 i Passalacqua citarono nuovamente il Comune di Procida innanzi al Tribunale di Napoli chiedendone la condanna al pagamento di lire 794.399.143 per il ripristino del terreno, aggiornate all’attualità e maggiorate delle spese occorrenti per la rimozione degli ulteriori rifiuti fatti versare nel frattempo dal Comune nonché delle somme pagate dai terzi per lo scarico sul terreno dei materiali edili di risulta. Il Tribunale con ordinanza del 26/11/93 dispose la nuova consulenza tecnica di ufficio dando mandato all’Ing. Salvatore Antignani, all’uopo nominato, di accertare:
a) lo stato dei luoghi, anche in relazione a quello già accertato con la prima consulenza tecnica;
b) la possibilità di procedere attualmente al ripristino dello stato dei luoghi e la spesa relativa, ovvero, nel caso che ciò non fosse possibile, il deprezzamento del fondo e /o il suo valore, nonché ancora l’ulteriore eventuale maggior danno dopo lo scarico dei materiali di risulta. Il CTU determinò in lire 1.418.964.458 la somma occorrente per ripristinare le normali condizioni di fertilità del suolo. Il Tribunale, facendo proprie le conclusioni del CTU, con la sentenza n.7527/99 ha, poi condannato il Comune di Procida al pagamento di lire 1.437.326.321, oltre svalutazione ed interessi, dal 1995; alla rifusione delle spese legali liquidate in lire 26.404.500; nonché all’immediato rilascio del terreno. Per effetto dell’applicazione degli interessi e della rivalutazione, il credito dei Passalacqua arrivava così ad ammontare a circa lire 2.000 (duemila) milioni, oltre le spese legali. Le spese per la registrazione, a carico del Comune, ammontano a lire 60.510.000.
Dopo lunghe e laboriose trattative con i germani Passalacqua che più volte avevano preannunciato di volere mettere in esecuzione la sentenza provvisoriamente esecutiva per legge, tanto per ottenere il pagamento che per la restituzione del terreno, si è fatta largo l’ipotesi di transazione con il pagamento da parte del Comune di una somma pari a 940 (novecentoquaranta) milioni, ottenendo il trasferimento del terreno in questione, mq.3100 circa, e la rinuncia dei germani Passalacqua al maggior credito, al rimborso delle spese legali, e l’accollo delle spese per la registrazione della sentenza. La somma di dire 940 milioni quindi quale corrispettivo del trasferimento, e per il di più a saldo e stralcio del credito vantato dai germani Passalacqua che complessivamente, per sorta, interessi, rivalutazione, spese legali ed accessori, ripetiamo ammontava a circa due miliardi e cento milioni di lire circa. La transazione è andata in porto, come detto approvata dall’intero Consiglio Comunale, per un esborso in tre rate di 940 milioni (la prima con fondi DUPIM) e con un annunciato programma di risanamento completo della zona in questione. Ora si apre questo altro fronte promosso dai germani Lubrano. Come andrà a finire? E’ ancora presto per dirlo ma si preannuncia un’altra dura vertenza legale.

Beh, come inizio non c’è male. Da allora cos’è cambiato? Due anni fa l’ARPAC eseguiva dei carotaggi per conoscere quali materiali sono depositati sotto quella terra, ma l’unica cosa di cui si è saputo è  che la collina di monnezza non contiene amianto, ma per il resto il nulla, nessun’altra informazione in merito.  Nell’attesa che qualche Consigliere Comunale o, lo stesso Sindaco Capezzuto ci aiutino a capire l’attuale stato dell’arte, di certo Punta Solchiaro (zona in cui il valore del terreno è notevolmente aumentato e l’edilizia spontanea si è fortemente implementata nell’ultimo ventennio) è ancora nelle stesse condizioni del 1985, ed ovvero una discarica urbana ancora da bonificare, con un declivio di circa 40 mt. sul livello del mare riempito di ogni ben di Dio (per lo più ben visibili ad un occhio nemmeno particolarmente attento ed esercitato).

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