Procida. Salvati dal miracolo Medmar

Incredibile disavventura ad Ischia di un gruppo di procidani bloccati dal maltempo.

Giorgio Di Dio | Procida – Oggi (venerdì 28 novembre) ho avuto la brillante idea di venire ad Ischia insieme ad un centinaio di procidani. Siamo rimasti bloccati sul porto di Ischia dalle 11 di stamattina alle 16,20 di oggi pomeriggio. Eravamo oramai rassegnati a rimanere ad Ischia. Invece siamo tornati a Procida. Ma non per la Caremar, che è rimasta insensibile ad ogni preghiera: siamo tornati grazie al coraggio ed all’abnegazione della MEDMAR, che non solo ha continuato a navigare tranquillamente avanti e indietro, ma ha anche accettato (coraggiosamente) di fare scalo a Procida. Ho scritto questo articolo un po’ per ringraziare la MEDMAR, ma anche perché queste cose bisogna dirle!

Venerdì 28 novembre 2008. Il mare ulula verso un cielo in tempesta. Il fortissimo vento cattura schiuma bianca, la innalza sugli scogli, disegna correnti impossibili. Sul porto d’Ischia circa cento procidani scrutano il vuoto in questa giornata buia. Nel vento che sibila. Cercano nell’orizzonte un segnale di quiete. Del vento che muore. Del tempo che migliora. Ma neanche i gabbiani si alzano in volo. Sguardi ipnotizzati alla ricerca di una nave. Di una qualsiasi nave che parta. Ne arriva prima una della Caremar, poi ne arriva una seconda. Un gruppo si muove verso il bianco delle navi confuso nei mille colori del porto. Ipnotica marcia verso una preghiera all’equipaggio. Chiedono, implorano, pretendono. Solo suoni malinconici innalzati in un velo che scivola su occhi di ghiaccio. Non si parte. Volti decisi. Irremovibili. C’è una tempesta. Impossibile viaggiare. Impossibile partire. Poi all’imbocco del porto appare all’improvviso. Una nave. Medmar. Avanza decisa. Sbanda. Si gira. Attracca. Riparte. Come se niente fosse. Come se il mare avesse la calma di un lago. Come se il vento fosse da un’altra parte. Tutti quelli diretti a Pozzuoli si imbarcano. La nave parte. Ritorna. Riparte. I procidani restano lì, nel pomeriggio che già va verso la sera. Stanchi. Smarriti. Rassegnati. Verso le ombre di una notte fuori casa. Poi d’improvviso un segnale invisibile. E tutto è movimento. Cosa succede, qualcuno domanda. La Medmar qualcuno risponde. Parte la Medmar. La Medmar accetta di attraccare a Procida. Ci riporta a casa. Perché, qualcuno domanda. Siamo stati in capitaneria qualcuno risponde. Il Comandante ha chiamato l’armatore e gli ha chiesto se poteva eccezionalmente fare attraccare la nave a Procida. L’armatore ha detto “ sì” e ha chiamato il capitano della nave. Il capitano della nave non si è neanche scomposto. La nave viaggia nell’aria. Plana dove vuole. E il segnale è arrivato ai procidani in attesa. Folla che si muove. Verso la biglietteria. Poi verso la nave. Volti alzati nel vento. Che si muovono in un fracasso festoso. In questo pomeriggio scuro screziato da qualche lama di luce. Su questo mare attraversato da correnti e da suoni. Che adesso sembra più dolce. Più bello. Tutti sulla nave che scivola su cuscinetti d’aria. Creando vuoti. Si innalza e poi si abbassa. Appare e scompare. Fino all’imboccatura del porto di Procida. Dove plana come apparsa dal nulla. In un Procida dove lo stridio del vento rompe l’aria in mille frammenti. Dove scendiamo tutti nello scroscio dell’applauso verso il capitano e l’equipaggio verso l’armatore e la capitaneria. Verso la nave che tranquilla riparte sognando la calma di un lago per dimenticare il mare in tempesta.

fonte: ilgolfo.it

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