‘LIBERI SUBITO’ tutti a Roma il 7 settembre.
Adriano Bon, padre di Eugenio Bon, uno dei cinque marinai italiani sequestrati dai pirati somali sulla Savina Caylyn, ha inviato una lettera al direttore di Liberoreporter Gaetano Baldi.
La pubblichiamo integralmente.
Alla cortese attenzione di Gaetano Baldi
Le allego questa lettera che ho inviato anche ad altri giornali. In questo periodo dove tutto è concentrato sulle questioni libiche e finanziarie, vorrei mantenere alta l’attenzione sul dramma delle Savina Caylyn, perchè non finisca nell’oblio.
Per fare il punto sulla situazione attuale.
Il ministro La Russa ha inviato il cacciatorpediniere Andrea Doria in Somalia per monitorare il sequestro della Savina Caylyn ma non ha specificato che il monitoraggio era limitato ad un fugace passaggio, all’interno pare, di una più vasta e diversa missione, per cui i 17 marittimi indiani e i 5 italiani sotto sequestro nel caldo torrido da più di sei mesi rimangono senza protezione.
Certo, dietro le quinte ci dovrebbe stare anche un lavoro di intelligence, una rete di servizi per acquisire il quadro degli accadimenti, ad essa si accenna e sussurra e per noi profani è un’immagine circondata di mistero, sono uomini concreti sul territorio o lavorano e intercettano con alte tecnologie via etere, sono ben strumentati e preparati? Di tali informazioni, solo una minima parte, le meno segrete, sono girate alla Farnesina e di seguito a noi familiari, e verso i loro operatori incolpevoli, a volte ci irritiamo per la scarsezza di quanto ci comunicano ma in sostanza loro svolgono un compito di contenimento alle apprensioni delle famiglie. Tutte queste opzioni, militari e servizi, sono solo l’occhio che osserva, ma la liberazione dovrà dipende dalle decisioni finali del Governo.
Quindi al vertice del problema da un lato va posto il Governo e dall’altro la Compagnia di Navigazione, i quali inspiegabilmente operano su binari indipendenti.
Invece, considerando che le Compagnie di bandiera godono di molti favori da parte dello Stato, ci dovrebbe essere un controllo, in questo contesto, sull’operato dell’Armatore Luigi D’Amato, personalmente resosi per noi familiari irraggiungibile.
Le Compagnie più responsabili che trasportano merci di valore in quei tratti di mare sottoscrivono un’assicurazione aggiuntiva sul rischio pirati, se questo fosse stato fatto, la liberazione della petroliera poteva avvenire già nei mesi scorsi. Nella logica comune l’assicurarsi per questi rischi mette al riparo l’Armatore dai gravi danni economici sul rischio di un prolungato inutilizzo della nave, delle sue strutture, del deterioramento merci, e inoltre dal dover reggere l’imbarazzo d’abbandonare l’equipaggio a un ingrato destino: o non è così?
In conclusione, abbiamo il Governo che si limita a osservare e controllare la situazione; l’Armatore che non è in grado di soddisfare le richieste dei pirati; e la “tortuga” infine che non cede dalle sue posizioni. Stando così le cose, la prigionia si potrebbe allungare per altrettanti mesi e quindi si sappia che i nostri cari non saranno ammazzati dai pirati ma potranno perire per essere stati abbandonati all’inedia, stenti e consunzione.
L’opinione pubblica intera e in particolare le città marittime dovrebbero sensibilizzarsi a questa problematica e mobilitarsi pacificamente per stimolare lo Stato alla risoluzione in quanto, ciò riguarda anche tutti gli italiani e i lavoratori che per sventura si trovassero in difficoltà all’estero, che se non importanti, noti o con forti agganci politici, andrebbero incontro al rischio d’esser abbandonati al loro destino, come questi nostri ragazzi.
Noi familiari dopo aver avuto contatti con tutte le autorità, ora vogliamo rivolgerci anche al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi: sig. Presidente ci si appella a Lei, che pur essendo pressato a tenaglia tra l’attuale situazione internazionale e la manovra finanziaria non trascuri questo dramma; Lei è anche padre, immagini come ci si sente ad avere un figlio o un proprio caro sequestrato, e trovi per noi una strategia pacifica di liberazione.
Adriano Bon
(padre del primo ufficiale di coperta Eugenio Bon).