PROCIDA – Il percorso esistenziale violento, tragico e disumanizzante dei profughi ben ve rappresentato, nella sua cornice drammatica, dal racconto del giovane siriano Mohammed in cui descrive come, con la sua famiglia, giunto in Grecia, bloccato dai vincoli della cosiddetta “sublime civiltà europea”, dormono in sei dentro una tenda da campeggio, con conseguenze sanitarie da mettere a rischia la sopravvivenza. Per comprendere è sufficiente ascoltare il suo bollettino angoscioso: “mio fratello ha un anno e un giorno, è malato, mia moglie è malata, mia madre è malata. Uno a uno, giorno dopo giorno, ci stiamo ammalando tutti. Se avessi saputo che sarei venuto a morire di freddo in Grecia, sarei rimasto a morire sotto le bombe in Siria”. Tutto ciò pone il nostro cuore e la nostra ragione davanti ad un atroce dilemma: stiamo ancora dentro il significato e il senso che rende la vita di ogni persona degna di essere vissuta oppure ci troviamo sul punto di oltrepassare le Colonne d’Ercole del non senso belluino, egocentrico che non prevede diritto di cittadinanza a chi è totalmente estraneo al proprio cortile?
Con questi contrastanti pensieri ho partecipato alla fiaccolata che ha accompagnato il ritorno dal Santuario di San Giuseppe alla sede stabile della Congrega dei Turchini della sublime raffigurazione scultorea del corpo del “Cristo Morto”, che quando ha attraversa le vie della “polis micaelica” entra in osmosi con la sofferenza, le angosce, le paure, il turbamento, la commozione della comunità procidana. D’altra parte, davanti alla devastante tragicità dei migranti e del gretto e feroce egoismo dei “sepolcri imbiancati”, l’attrazione misteriosa di quel corpo ci presenta l’umanesimo della Croce come possibilità e speranza.
Dopo questo momento di meditazione itinerante, rientrando nei meandri della realtà nuda e cruda, si assiste ad una violenta e terribile espansione degli egocentrismi, delle autoreferenzialità, delle muraglie costruite da poteri con cuori di pietra. Tutto ciò deriva da un abissale decadimento spirituale e culturale che ci sta accompagnando verso l’indifferenza e la convinzione che la realtà di una moltitudine di persone sofferenti, povere, sfruttate, violentate e invisibili, è una mera finzione della rappresentazione storica. Chi ha compreso la gravità della situazione, in una sofferta e combattiva solitudine, è Papa Francesco che, con il suo Giubileo della Misericordia, vuole svegliare dal sonno profondo in cui sono sprofondate le coscienze dei credenti e non, smontare i fondamentalismi dalle loro orripilanti certezze che mettono a rischio la medesima ragion d’essere della convivenza umana. In questo periodo pasquale poiché il Pontefice si è assunto l’inumano compito di riempire il vuoto della “Casa” abbandonata dalle altre istituzioni umane, attendiamo con fiduciosa accoglienza che gli organi ecclesiali periferici (compreso i nostri) mettano in itinere gli ordini di servizio di eccellenza ricevuti dal sacerdote venuto dall’altra parte del Mondo, possibilmente scremato dalla pessima abitudine di utilizzare il pulpito da ex cattedra ma impreziosito del valore aggiunto del benefico e umile stile di vita della mescolanza e dell’unica certezza: so non sapere.
Per che si attendono conseguenze irreparabili solo ” dopo ” che i profughi sono espatriati ?
Per che non si provvede alla fonte ad inter venire,
per che si riforniscono gli aguzzini di armi, e si chiudono gli occhi
quando sul proprio territorio martoriato, i propri nemici estremisti
costringono cittadini inermi ad emarginazioni al limite del grottesco ?
Esiste in questi luoghi una qualsiasi forma di governo o,
l’abbandono è totale e la corruzione capillare ?
Per che se sul proprio territorio avvengono crimini che nessuno è in grado di impedire,
anche quando si conoscono i motivi e i responsabili di tali malefatte,
per che si lascia che tutto proceda sino all’inverosimile…
è opera diabolica o v’è occulta connivenza da parte di chi dovrebbe
difendere il diritto alla vita dei propri sudditi o cittadini………………..per che, o per che cosa ??