Di Porfilio Lubrano
Soprattutto in piccoli centri, laddove i rapporti interpersonali sono comunque condizionanti, laddove insomma ci si conosce un po’ tutti sicchè la visibilità in tal senso è – per cosi dire – in re ipsa, non può sottacersi il vantaggio di base in ordine alle scelte che attengono al perseguimento dell’interesse pubblico a tutelarsi e garantirsi, ovvero in favore della collettività, della comunità di riferimento, di volta in volta considerata. Per onore di sintesi, spesso (per non dire sempre), tutto si risolve in diatribe fra “quelli di prima” con “quelli di adesso” come se tutto potesse essere ridotto soltanto in un diverso tempo di considerazione, come se insomma tutto potesse essere risolto – o comunque – riconducibile e risalito al tempo latu sensu appreso, trascurando però il dato sostanziale, il profilo di ciò che concepisce l’ineludibile rilievo che il tempo non passa mai giacchè invece siamo noi che passiamo nel tempo, portandoci insieme ambiti e/o situazioni di vita indelebili, in quanto tali sia positivi che negativi. La “negotiorum gestio” implicata da cotanto assunto, rivela la sua massima espressione nella politica, nella nobile accezione di rappresentare e tutelare gli interessi di una comunità, in quanto tale complessivamente considerata. Pertanto, per chi viene chiamato dal consenso popolare, a tale compito, lo deve intendere come un onore, come una sorta di missione fatta di impegno, di capacità e di competenza al contempo, da mettere – appunto – al servizio della comunità rappresentata; deve in primis far tesoro di esperienze passate per evitare di incappare in errori commessi – sinteticamente riassumibili – in superficialità, incapacità varie e sciatteria vera e propria: insomma il criterio informatore deve essere meritocrazia estesa ad ogni livello affinchè si eviti “l’eterno ritorno dell’identico (o dell’uguale)” nicciano nel generale discorso dei vichiani “corsi e ricorsi storici”, per la parte relativa – chiaramente – alle negatività, per una azione amministrativa all’evidenza inidonea/inefficiente alla crescita della comunità di riferimento secondo il democratico coesistere nel senso suesposto e di seguito ancora evidenziato. In questi obiettivi programmatici da azione amministrativa ad intraprendersi cosi ad ampio respiro da potere essere legittimamente considerati sia strictu sensu che latu sensu, il criterio informatore cosi come il principio direttivo, non possono che risiedere nell’analisi delle diverse esperienze comparate in progresso di tempo: più in concreto, occorre esaminare approfonditamente e compiutamente nella successione temporale fra i vari governi comunali, ciò che si è avuto in eredità e ciò che si è lasciato in eredità, analizzando distintamente e puntualmente ogni stagione politica, per evitare strumentalizzazioni, fraintendimenti, calderoni, equivoci, sovrapposizioni e confusioni varie; in tal modo si evitano, tra l’altro, minestre riscaldate e/o inutili cavalli di ritorno, espressione di anacronismi ed inadeguatezze varie, di immobilismo, di modelli utopici di crescite stereotipate da appiattimento comunque allo status quo (rivelatesi quindi solo apparenti ed illusorie) avendo completato persino la rigidità e tassatività ermeneutica (per una razionalità effimera, sterile ed inutile, priva addirittura di idee fino a mortificarsene per un divenire sempre uguale) da ciclo dell’ eterno ritorno dell’identico nel più generale discorso dei corsi e ricorsi storici suddetti, trasmettendo/ingenerando dunque rassegnazione, fatalismo e pessimismo, effettive antitesi rispetto a chi invece dovrebbe amministrare avendo dall’alba al tramonto la nota caratterizzante dell’entusiasmo insita nell’onore di rappresentare una comunità. L’attualizzazione di tale argomentazione d’assieme implica dunque che ognuno avendo il proprio tempo, si compie del proprio tempo anche in politica, manifestandosi di interezza fra pregi e difetti, fra meriti e demeriti, il consono senso del buon governo (di ogni pubblica amministrazione) non può che risiedere nel “nuovo“, inteso non soltanto in termini di rinnovamento (in quanto comunque riduttivo) bensì in termini di cambiamento e di – insito – consolidamento di esso, dando fiducia a chi è riuscito comunque ad addivenire a rivolgimenti epocali (non foss’altro che per l’impegno continuo per un contributo costante fornito alla formazione di pregnanti modelli di maturità e mentalità al contempo, specie in relazione alla educazione alla legalità ed al – connesso – senso civico, per una coscienza sociale che si accresca, arricchendosi in tal senso, di divenire cosi inteso) e la prova provata di tutto questo non può che risiedere ancora nella comparazione in concreto predetta, ovvero nei risultati fra ciò che si è ricevuto in eredità e ciò che si lascia in eredità, step dopo step compatibilmente – tra l’altro – con il rispetto dei c.d. tempi tecnici , sperando nella maturità della comunità rappresentata di avere conferma, all’esito di tale riflessione cosi ampiamente intesa. Cosi a “briglie sciolte”, argomentandosi dell’ ineludibile ed assorbente ossequio alla trasparenza ed alla meritocrazia, sia chi chiede alla comunità conferma al suo mandato e sia chi chiede invece di rientrare, non può prescindere, non può esimersi assolutamente dal sottoporsi alla suddetta valutazione comparata ed insita valutazione dei risultati ottenuti; se ci fosse pure inoltre un soggetto politico completamente nuovo che intenda varcare la soglia fra rinnovamento e cambiamento integrale, lo deve anzitutto dimostrare in termini di azione programmatica diversa, già solo partendo dall’analisi dei vari percorsi politici dei componenti, laddove ancora più marcata è, tra l’altro, in tali casi, l’esigenza di accertare l’inesistenza di trasformismi ed incoerenze politiche e quindi in tal senso ed entro tali limiti, ben venga ad illuminare la scena amministrativa, ovvero fra amministratori ed amministrati, fra governanti e governati, inagurando il credo nella formazione di coscienze, armonico di raccordo “fra ente apparato ed ente comunità”, con particolare riferimento alla valorizzazione in concreto del criterio della partecipazione. La storia di ciò che è dimensione valoriale, è tale insomma non certo perché ci si viaggia restando seduti accanto alla credibilità ed alla fiducia, bensi invece perché si dimostri sempre un quid novi per cui argomentare la prospettazione in concreto, negli effetti, di crescita, di sviluppo, di maturazione, di miglioramenti e tutto quant’altro di positivo, debba interfacciarsi pur sempre di comparazione anziché di associazione, pervero interloquendosi di STORIE RIPRESE per evitare che abbiano a ripetersi situazioni negative del passato, fino a doversene pentire, nel – sintetico – senso complessivamente antescritto .