La polpa dei rifiuti di Antonio Marfella – da la Repubblica – 09/07/08

Pubbico qui l’articolo apparso su Repubblica del 9 luglio a firma del “dott. Antonio Marfella, estremamente interessante oltre che, ovviamente estremamente preoccupante e credo possa essere tema di approfondite riflessioni e azioni. Leggete inoltre Appello dell’oncologo Antonio Marfella “NON BRUCIATE LA CAMPANIA”

. Scaricatelo se vorrete diffornderlo e firmarlo.

Unica preoccupazione (anche legittima) dei gestori dell’ASIA è quella di non far perdere al Comune di Napoli la “polpa dei rifiuti” garantiti dalla truffa degli incentivi Cip6 indirizzati non a energie rinnovabili, ma agli inceneritori. Ho provato, per curiosità a calcolare la quantità di “polpa” dei rifiuti da incenerire, utilizzando come riferimento i dati forniti dal Presidente del Consiglio su Acerra: gara d’appalto da 4,5 miliardi per venti anni, un inceneritore dalla portata di 600.000 tonnellate all’anno (tra i più grandi d’Europa) circa 2.000 tonnellate di rifiuti al giorno da smaltire.
Fatti i conti emerge che gli inceneritori (che sono di portata almeno doppia rispetto al necessario) rendono al giorno quanto segue: Acerra, oltre 600.000€ al giorno per venti anni; Santa Maria La Fossa: oltre 450.000€ al giorno per venti anni. E Napoli: da 100.000 a 400.000 € al giorno, a seconda delle dimensioni che saranno decise.
A questi impianti si aggiungeranno almeno un’ulteriore decina di “inceneritori a biomasse” previsti in Campania coi piani “Paser”, per un fatturato di circa 1,5 milioni di € al giorno. II totale? Oltre 3.5 milioni di € al giorno pressocchè netti. Ma gli impianti produrranno anche circa un milione di tonnellate all’anno di ceneri tossiche, per circa venti anni, da stoccare in Campania.
Un ottimo affare, dunque. E’ certamente abbondante la “polpa” dei rifiuti destinati agli inceneritori in Campania. Basti fare, per esempio un raffronto con gli incassi del “Vulcano buono”: il più grande centro commerciale della regione, rende circa un milione lordo al giorno, dieci volte meno degli inceneritori.
A queste condizioni mi sembra ovvio che i sette ottimi impianti cosiddetti CDR (in realtà di TMB, Trattamento Meccanico Biologico a freddo) già presenti in Campania debbano continuare a non funzionare, come ha scoperto l’assessore Ganapini, e che gli impianti di compostaggio, a basso costo, necessari per trattare l’umido non si faranno mai in numero congruo rispetto al bisogno reale. Né si avvierà mai una raccolta differenziata a norma di legge.
Inoltre, considerate le portate previste per gli inceneritori (oltre 2.milioni di tonnellate annue) una volta bruciate le ecoballe già accumulate in tre anni, per gli altri 17 anni gli impianti che cosa bruceranno?
Di certo materiale che non proviene dalla regione. Ma è previsto che circa il 50% delle ceneri tossiche degli impianti dovrà essere seppellito in Campania, in tutte le discariche disponibili, da Chiamano a Serre. Anzi, serviranno altre e più ampie discariche. Non solo. Occorrerà almeno il 10% del fabbisogno idrico di una città come Napoli per “raffreddare” i maxi impianti. Costruire inceneritori superiori alla media europea di 200.000 tonnellate all’anno significherà, non da ultimo, arrecare l’ennesimo gravissimo danno alla salute dei cittadini campani. Il tutto per garantire a pochi (e neanche campani) una “polpa” dall’incenerimento dei rifiuti pari a oltre 3.5 milioni di € al giorno, netti, per venti anni. Come cittadino e medico, ho il dovere di formulare e diffondere queste considerazioni affinchè non si possa affermare in futuro che responsabilità storiche di evidenti decisioni scellerate, a danno della Campania, siano state assunte senza adeguata conoscenza dei fatti. Del resto Napoli detiene già il poco invidiabile record nazionale per l’incidenza annua di tumori al polmone (25-30% in più rispetto alle altre città d’Italia) con nove nuovi casi al giorno rispetto ai 15 di Milano (che però conta una popolazione tre volte maggiore). E nessuno più parla, nessuno più discute.

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