Interessante articolo a firma di Loris Campetti e pubblicato sul Manifesto di ieri 6 maggio, che ci speiga le ragioni di uno sciopero generale che finalmetne la CGIL ha deciso di proclamare.
Lo sciopero generale più invocato e lungamente atteso, finalmente è arrivato. La giornata di protesta di oggi ha avuto una maturazione lenta, nonostante l’esplosione e l’evidenza delle ragioni spingessero da tempo la Cgil a bloccare un paese umiliato dalla distruzione di risorse, speranze, professionalità. Un paese precarizzato, dove l’incertezza accomuna lavoratori dipendenti, intermittenti, interinali, giornalieri. Così come l’assenza delle garanzie e dei diritti del precariato diffuso si affianca alla cancellazione dei diritti individuali e collettivi degli ex-garantiti. Le risposte, ora liberiste ora autoritarie e paternalistiche alla crisi, cancellano la possibilità di immaginare il futuro a una società sofferente, priva da tempo di rappresentanza politica, mentre sfuma rapidamente la capacità-possibilità sindacale di offrirsi come punto di riferimento.
Dividere, frantumare il mondo del lavoro reale, virtuale o solo sognato è l’obiettivo di una politica cieca e sorda, provinciale, accentrata, usata a man bassa da un padronato che in nome del profitto facile, finanziario, prosciuga i redditi e desertifica i luoghi della produzione di merci, servizi e cultura. La ricchezza continua a spostarsi dai salari ai profitti e alle rendite finanziarie; la prestazione lavorativa, spogliata della sua soggettività, è ricondotta allo stadio della servitù. In nome della produzione di valore hanno distrutto ogni valore.
La Cgil, l’unico sindacato confederale che non abbia già dismesso la sua autonomia e non si sia piegato a questo pensiero unico dissolutorio di risorse, comunità e beni comuni, ha pagato un prezzo alto, circondata da un sodalizio mortificante tra politica, padronato e complicità sindacali. Susanna Camusso e la sua organizzazione hanno di fronte due strade: fare un passo indietro, accettando di trasformarsi in una struttura di servizio della controrivoluzione italiana; oppure fare un passo avanti, assumendosi la responsabilità di avviare, insieme a chi resiste alla berlusconizzazione a alla marchionnizzazione dell’Italia, un’inversione di tendenza. Offrendosi come co-protagonista della costruzione di un altro modello sociale, fondato su diverse relazioni e centralità. Un sistema socialmente, ecologicamente compatibile, più giusto e lungimirante.
Le forze con cui lavorare non mancano: intanto quelle che si rendono disponibili già dentro questo sciopero che deve svuotare i posti di lavoro e riempire le piazze, dando segnali di ricomposizione di quel che la crisi divide. Studenti e precari (che spesso vivono all’interno della stessa persona), vecchi e giovani, uomini e donne, rappresentati e non rappresentati, indigeni e migranti, alla ricerca di un’unità contro la crisi, già dentro lo sciopero generale, pensando a un futuro alternativo a questo mortifero presente. La Cgil dovrebbe vivere questa offerta-richiesta di solidarietà e condivisione non come un’invasione di campo ma come un’opportunità straordinaria. Salvo rassegnarsi a rappresentare un pezzo di mondo antico e, senza una secca inversione di tendenza, in via di estinzione. Buono sciopero generale a tutte e a tutti.