Di Ferdinando Pelliccia – Liberoreporter.eu
Un secondo Natale e Capodanno è trascorso in prigionia per Bruno Pelizzari e Deborah Calitz, la coppia sudafricana tenuta in ostaggio da oltre un anno dai pirati somali.
Vi sono infatti, anche dei ‘marinai da crociera’ tra i marittimi-ostaggi che si trovano in mano ai predoni del mare somali.
Si tratta velisti-turisti ossia di persone che navigavano in solitario nell’Oceano Indiano con la loro imbarcazione a vela e che sono state arrembate
e catturate dai pirati somali.
Di questi ostaggi però, sembra che se ne parli poco. Forse anche perché fanno meno ‘rumore’ dei lavoratori del mare. Però, essi sono trattati allo stesso modo come bestie in gabbia e forse anche peggio.
Non si tratta nemmeno di casi isolati.
Sono tanti gli Yacht, che negli anni, sono caduti nelle mani dei pirati somali insieme ai loro occupanti. Quale preda più facile, per i predoni del mare, che quella di due o più ‘marinai da crociera’ che viaggiano da soli in pieno Oceano Indiano indifesi e senza alcuna possibilità di sfuggire ad un attacco pirata.
La sensazione che si vive oggi, è ancora una volta di frustrazione e di impotenza al pensiero che Bruno e Deborah sono da oltre un anno in mano ai pirati somali. I due velisti-turisti navigavano in solitario nell’Oceano Indiano a bordo di un’imbarcazione, lo Yacht ‘SY CHOIZIL’ che poi, è
stata arrembata e catturata dai pirati somali.
I due, entrambi di Durban, vennero ‘presi’ il 26 ottobre del 2010 al largo della costa della Tanzania. Al momento della cattura a bordo dello yacht sudafricano vi erano tre persone. Oltre al Pelizzari e alla Calitz anche lo skipper inglese, Peter Eldridge. Quest’ultimo, nel corso del dirottamento,
riuscì a scappare. Eldridge venne poi, tratto in salvo da una nave da guerra francese, la ‘FS Floreal’ della forza navale europea, che seguiva a breve distanza lo Yacht sequestrato.
Del Pelizzari e della Calitz non si sono più avute notizie certe per mesi.
Poi il 18 novembre del 2011 i loro carcerieri gli hanno consentito di telefonare a casa
http://www.youtube.com/watch?v=kqMt9l5RbtQ&feature=youtu.be
Una drammatica telefonata che però, ha ridato nuova forza a chi a casa lotta per poterli riabbracciarli sani e salvi un giorno.
I due ostaggi dovrebbero essere tenuti prigionieri in qualche luogo remoto del territorio somalo in quanto, dopo il sequestro, sono stati sbarcati a terra.
Inizialmente erano stati condotti nel sud della Somalia a Brarawe, alla periferia di Mogadiscio, da qui poi, sono stati spostati in un’altra località costiera rimasta però, sconosciuta.
Probabilmente sono ostaggi della stessa gang del mare che nel 2008 si rese responsabile del sequestro della ‘MV FAINA’ carica di armi.
Purtroppo non gioca a favore degli ostaggi il fatto che la situazione generale nei mari e lungo le coste della Somalia è sempre più drammatica e con un aumento della violenza. Si ricorre sempre di più all’uso delle armi, specie da parte delle navi da guerra impegnate nelle missioni
antipirateria. Un situazione questa che ha comportato l’uccisione di diversi pirati e che ha costretto, negli ultimi tempi, le varie gang del mare a dover approntare molti cambiamenti per evitare di correre rischi inutili, e questo ha influito molto anche sulle trattative per il rilascio degli ostaggi.
Più volte i familiari dei due velisti sudafricani hanno lanciato un appello ai pirati somali come il 21 ottobre del 2011 attraverso una stazione radio
http://www.youtube.com/watch?feature=endscreen&v=fQrZzq0y-as&NR=1
Appelli attraverso cui le famiglie della coppia hanno chiesto ai loro carcerieri di mostrare umanità rilasciando i loro cari.
A preoccupare tutti le difficoltà di salute della coppia.
Per il loro rilascio la gang del mare, che li trattiene in ostaggio, ha chiesto 10 mln di dollari. Una richiesta giunta telefonicamente il 31 gennaio del 2010 alle famiglie dei due ostaggi.
Purtroppo queste ultime non sono in grado di pagare un prezzo così alto e sperano che i pirati somali si accontentino di prendere una somma minore.
I pirati somali in genere preferiscono prede più grandi, petroliere o cargo, per il cui rilascio chiedono poi, dai 5 ai 10 mln di dollari. Quando però, una ‘battuta’ di caccia si mostra infruttuosa, per ‘recuperare’ almeno le spese, ripiegano catturando piccole navi a vela da crociera. In genere per il rilascio dei ‘velisti-turisti’ catturati le gang del mare somale chiedono circa 400mila dollari a persona.
Purtroppo, nel caso di Pelizzari e della Calitz, i predoni del mare dopo essersi detti disponibili, nel marzo del 2011, ad accettare 500mila dollari in seguito all’intercessione di anziani locali hanno poi, di nuovo alzato la posta ed ora pretendono 4 mln di dollari.
Una cifra questa, che è irraggiungibile per le scarse finanze dei familiari dei due ostaggi sudafricani che non possono sperare nemmeno in un
aiuto del governo sudafricano.
Le autorità di Johannesburg infatti, come tante altre, almeno ufficialmente, si sono sempre dichiarate non disposte a trattare con i pirati somali ne tantomeno a pagare un riscatto. Un fatto recentemente ribadito anche dal portavoce del dipartimento di relazioni internazionali Clayson Monyela.
Per cui pagare il riscatto spetta solo alle famiglie dei rapiti che purtroppo non sono ricche.
Pelizzari è un ex tecnico di ascensori ed aveva deciso da circa quattro anni di fare questo viaggio. Per intraprenderlo ha lasciato il lavoro e venduto la casa. La Calitz invece, era una massaggiatrice. Mentre lo Yacht era stato preso a nolo insieme allo skipper.
I due sudafricani erano in viaggio da quasi due anni, fermandosi nei porti della costa africana per visitare i luoghi e per svolgere lavori
occasionali.
Negli ultimi mesi i pirati somali stanno spingendo molto per ottenere il riscatto in cambio del rilascio della coppia di sudafricani. Di continuo contattano telefonicamente, almeno una volta la settimana, Vera Hecht, sorella del Pelizzari affinchè si impegni nella raccolta del denaro. Una raccolta che però, difficilmente raggiungerà la somma richiesta a meno che non intervenga un miracolo.
La famiglia Pelizzari sperava di riuscire a far tornare la coppia a casa per il Natale che sembra sia la festa più cara a Bruno. La sorella Vera in una recente intervista ha raccontato di quanto il fratello a Natale amasse mangiare il panettone che immergeva nel latte caldo.
Amici e familiari sono tutti mobilitati a raccogliere donazioni pubbliche.
Dallo scorso mese di settembre sono riusciti anche ad ottenere il certificato di ONG in modo da sollecitare e dare maggiore fiducia ai donatori.
Le donazioni sono fatte per sms al 38417, purtroppo questo numero è disponibile solo per il Sudafrica, oppure con un bonifico bancario o ancora on line sul sito http://sosbrunodebbie.co.za/ tramite carta di credito.
Le coordinate bancarie per fare un trasferimento diretto sono:
FIRST NATIONAL BANK
Florida Road, Durban Branch
Branch / IBAN Code: 22 05 26
Acc Name: SOS BRU and DEB TRUST
Acc. No: 6232 556 1505
( Swift Code: FIRNZAJJ)
A sostegno di Pelizzari e della Calitz è stata creato un gruppo su Facebook e anche una pagina Web http://sosbrunodebbie.co.za/ in cui viene
spiegata la situazione e attraverso cui è possibile fare anche donazioni con carta di credito.
Chiunque si sente in animo di dare una mano a queste persone a raccogliere denaro che consenta di raggiungere la somma richiesta dai pirati somali lo faccia.
Nella pagina web che invito a visitare sono inseriti anche dei video da cui traspare tutto il dolore per il dramma che tutti stanno vivendo.
Di yacht ne sono stati catturati tanti. Le persone coinvolte nel sequestro, anche se hanno ‘sofferto’ per una lunga prigionia, sono ritornate a
casa sane e salve, anche se fortemente segnate dall’esperienza.
Finora solo un altro sequestro di ‘velisti –turisti’ era stato così lungo.
Quello della coppia inglese, Paul e Rachel Chandler catturati e portati via dal loro yacht il ‘Lynn Rival’ il 23 ottobre del 2009 e rilasciati il 15 novembre del 2010. La coppia ritornò libera solo dietro al pagamento di un riscatto di oltre 800mila dollari pagati in due trance di 400mila dollari a fronte di una richiesta iniziale di 7 mln di dollari.
A volte qualcuno ha anche perso la vita.
Il caso più recente è quello dello Yacht statunitense, SY Quest, con 4 americani a bordo, tutti uccisi nel fallito tentativo di salvataggio compiuto dalle forze speciali USA oppure dello Yacht francese SY Tanit i cui occupanti vennero salvati dalle forze speciali francesi tranne uno che morì colpito nel corso del blitz.
Ferdinando Pelliccia
http://news.liberoreporter.eu/?p=16813