Procida. Call me Ishmael

Roma, piazza Montecitorio, mercoledì 7 settembre, ore 9.30

Savina Dolores Massa dal blog Ana La balena

Neppure con tutta l’immaginazione messa in campo, io credo che si possano comprendere a fondo gli uomini che scelgono il mare per lavorarci. Parlo di quelli che optano per le lunghe rotte. Mesi di mari alti, dai quali solo nel sogno si può vedere il campanile della chiesa dove si è stati battezzati. Dove si è fatta la Prima Comunione. Dove ci si è sposati. Dove si è battezzato il primo figlio, e anche gli altri pargoli se è capitato. Dove si è conosciuta la prima ragazzina impertinente. Dove si è rivelato il primo peccato da niente e poi altri più gravi. Dove si è anche deciso di non avvicinarsi mai più neppure all’ombra sul sagrato. Anche i marittimi hanno un principio di vita simile a quello degli altri umani. Poi lo cambiano. Un giorno si guardano attorno, o dentro di sé, e pensano la frase, Devo partire. Qualche volta in questo pensiero c’è la variante, Voglio partire. Quando tali frasi hanno la necessità di essere pronunciate a qualcuno, gli uomini dicono, semplicemente, Parto. Senza “devo” e senza “voglio”. Parto, che possiede anche un altro significato, e lo conoscete tutti. Nessuna madre ha il potere di trattenere dentro il suo ventre un figlio compiuto, anzi lo spinge via da sé: è la Natura. Si recide la gomena. La Madre Terra libera l’àncora: avviene la creazione del marinaio, quello che non si accontenta di gettare una lenza dalla riva mentre i delfini saltellano all’orizzonte. No. Parlo di colui che delfino vuole divenirlo, ma non solo, anche leviatano (« Fa ribollire come pentola il gorgo, fa del mare come un vaso di unguenti. Nessuno sulla terra è pari a lui, fatto per non aver paura. Lo teme ogni essere più altero; egli è il re su tutte le bestie più superbe. » (Giobbe, 41).

La scelta di andare per oceani, in strade senza alberi e case, non può essere dettata solamente da una buona paga. È altro, mi dice la mia immaginazione. Potrebbe essere “la sfida” che tanto bene raccontò Melville nel suo straordinario Moby Dick. Un tipo di sfida che determina un desiderio inconscio o meno di “assenza dal resto”, per qualche mese, o per sempre. I marinai rischiano di non trovare più niente, al loro ritorno, perché durante il loro navigare la “vita normale” ha camminato. O loro potrebbero essere cambiati a tal punto da non venire più riconosciuti: dal campanile, dagli amici, dai parenti. Solo le rondini migranti potrebbero ricordare i loro nomi, se di memoria affettuosa. Potete contestarmi, Non siamo più ai tempi di Melville, c’è la posta elettronica, i cellulari, le cartoline. Certamente, vi rispondo, Ci sono questi mezzi, ma. È questo “ma” che pronuncio a me stessa, in primo luogo, a procurarmi la sensazione del reale significato di “assenza”. Perché? Perché contemporaneamente mi domando, Di che cosa vuole privarsi un marinaio, e che cosa di se stesso non vuole dare? La risposta è, Troppo .

Può, a lungo, un marinaio dalle interminabili rotte, non riconoscere dall’alito l’umore di chi ama? Può non concedere a chi ama il sapore del proprio? Può non lisciare l’impronta di un sonno su un cuscino? Calda l’impronta, e diversa ogni mattino. Può fare a meno, se a lungo, del vociare del risveglio di un quartiere?, e del fiorire di una campagna di margherite?, del profumo di un sugo che si spande tra le strade e che fa pensare, Hanno messo poco basilico?, oppure, può rinunciare a passeggiare con un ombrello, divertendosi a calpestare le pozzanghere? Certamente può, perché tutto, in teoria, si può fare. E qui ritorna il mio “ma”. E il mio “perché”. Per campare, può essere la risposta, netta, concreta, senza i miei fronzoli d’immaginazione. Se allora è questa la scelta che ha portato i 22 uomini della Savina Caylyn ad andare via dalla terra ferma, è possibile che sia giunto il momento che loro tornino nella casa alla quale non hanno detto addio. Perché? Perché il loro “a lungo” si è fatto delirio. Però non possono tornare: qui sta il punto. Diciamo che sono impediti? Diciamolo. Diciamo che la loro nave è in avaria? Diciamolo. Diciamo che sono stati rapiti? No no, questo non si può dire. Diciamo che il loro S.O.S. sta educatamente, da sette mesi, viaggiando da un orecchio all’altro, scivolando via da alcuni, ma fermandosi nei timpani di chi la gente di mare vuole soccorrerla, gettando corde, allungando braccia. Una catena umana, per la Savina Caylyn e per i suoi 22 uomini moribondi di nostalgie. Un nuovo cordone ombelicale per un parto rovesciato, stavolta. MadreTerra che riaccoglie, consola, e poi saprà di nuovo lasciare andare chi preferirà pinne anziché piedi, senza volerne conoscere i motivi: ogni marinaio ha diritto ai suoi segreti. E se davvero vuole essere dimenticato, che sia lui a dirlo.

Savina Dolores Massa

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