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Editoriale di Anna Pizzo
“Pronto soccorso”
Ci sono due notizie, di segno diverso ma altrettanto inquietanti, accadute negli ultimi due giorni. La prima è che l’effetto [annuncio]
ronde ha colpito ancora: ieri notte una trentina di italiani doc, a bordo di quattro auto e quattro moto, armati di mazze, bastoni e pietre hanno individuato due persone che camminavano a Tor Bella Monaca, quartiere della periferia stracciata di Roma, e dopo aver loro chiesto se fossero rumeni, senza neppure aspettare la risposta, li hanno massacrati di botte. I due erano albanesi e hanno preferito non farsi medicare al pronto soccorso.
Poche ore prima, a Torino, un uomo di 43 anni ha preso a coltellate due persone, padre e figlia, uccidendo il primo e ferendo la seconda. L’omicida aveva problemi psichici, come lui stesso aveva fatto chiaramente capire poco prima entrando in una stazione dei carabinieri e dicendo di «sentire le voci, di avere un coltello, di essere perseguitato dalla ‘ndrangheta e di essersi ferito ai polsi». Per tutta risposta, i carabinieri non hanno trovato di meglio che chiamare il 118, caricare il quarantatreenne su un’ambulanza e partire verso il pronto soccorso più vicino. Peccato che il medico di turno abbia valutato che non si trattava di un caso urgente e lo ha fatto aspettare. Dopo tre quarti d’ora, quando finalmente è arrivato il suo turno, l’uomo non c’era più: da qualche minuto aveva accoltellato padre e figlia.
Conclusione cinica [ma non troppo]: se i pronto soccorso non funzionano, dal momento che chi ci finisce non viene assistito e chi può se ne tiene alla larga [soprattutto se straniero] meglio mettere tutti in mano alle ronde, matti compresi.