Procida. Dove finisce l'uomo e comincia il politico?

Articolo di Antonio Muro

Eppure ero convinto che mi sarei sentito meglio. Sapete com’è, tante volte ci attacchiamo ad un’allegoria, un simbolo, un momento particolare per incitare l’esserino comodo che, giocoforza, esiste in ognuno di noi, a inseguire un obiettivo, senza starsene appollaiato sui nostri difetti. Cosi come a Natale diciamo che il lunedi che viene ci metteremo a dieta, così come lo ripetiamo a Capodanno, così come speriamo che l’anno nuovo sia sempre meglio di quello precedente. C’è sempre un lunedi nuovo in cui sperarci e vederci diversi, migliori. Ne abbiamo bisogno, perché se pensassimo di non aver neanche più quel lunedi che spesso per molti non arriva o arriva tardi (c’è anche chi lo vede arrivare, e beato lui, al di là delle diete…) allora l’esserino comodo prenderebbe il sopravvento e diventeremmo tutti grassi e svogliati. A volte succede. Altre volte invece il fatto che nell’utopia dei nostri propositi quel lunedi esista, ci permette di arrivare ad un normalissimo e reale Martedi in cui alla fine, sì, lo facciamo: cominciamo la dieta, e semmai la continuiamo un po’, e forse non durerà molto, ma in ogni caso comincia e l’utopia diventa un “no eh, io ci ho comunque provato!” e l’esserino comodo viene messo a tacere, almeno per un po’ e ci si sente utili a sé stessi. Non ci serve tanto fare la dieta, quanto sapere che abbiamo la forza per pianificarla. Ora io avevo scelto la mia allegoria cui attaccarmi per un lunedi migliore, e non si tratta di diete perché, se dimagrissi, probabilmente scomparirei: mi ero detto: “Non vedo l’ora che finisca ‘sta campagna elettorale…” e dicendolo ero convinto che davvero allo scoccare della mezzanotte di venerdì io mi sarei sentito meno pesante, meno confuso. Un po’ una Cenerentola politica al contrario, per dire una cretinata.

Era il mio simbolo, la mia speranza per il “lunedi delle diete”, ne ero convinto. Poi è scoccata la mezzanotte. Non ci sono state campane solenni, o orologi a pendolo stile Dickens a testimoniarla. E’ scoccata e non me ne sono accorto. Non ero a ad aspettare maniacalmente il realizzarsi del mio proposito, non ero a casa mia. Ero in mezzo alla strada, in mezzo a tante persone, alcune delle quali non ho problema a chiamare amici, altre che mi guardavano prima che io riuscissi ad incrociare il loro sguardo, che era un po’ stupito un po’ dubbioso un po’ titubante, come se io fossi venuto lì a spiare qualcosa, altre che invece non avevano riserbo nell’abbracciarmi e battermi il cinque.

La mezzanotte è scoccata e io non mi sono sentito diverso dal minuto prima. La speranza del momento, la mia speranza del lunedi migliore, è caduta molto dolcemente, senza tonfi o drammatici crolli. Lo sapevo già, ed ecco perché la piccola delusione si è accasciata dentro di me senza farmi troppo male: la verità è che la realtà è più forte delle allegorie che ci diamo per costruire i nostri tentativi.

Se ho deciso di scrivere dopo questa mezzanotte che, col sorriso, ha vanificato il mio proposito, è perché nel tempo ho letto tantissimo questo blog, senza mai intervenire. Questo perché, nonostante la mia ascendenza, non mi ritengo, attualmente, una persona politicamente capace di sostenere i tanti discorsi che si sono susseguiti e non volevo, per il grande rispetto che nutro per la libertà di espressione e opinione, incamminarmi, come però confesso avrei voluto, nella difesa personale di un uomo cui sono strettamente legato, e questo sicuramente non perché io lo ritenga indifendibile, anzi tutt’altro.

Se scrivo dopo la fine della campagna elettorale è perché non scrivo per motivi elettorali, né per ostentare chissà cosa o per suscitare pietismo; semplicemente mi va solo di scambiare due riflessioni serene, come quelle che ho fatto e farei con un amico o un normale interlocutore, solo che ho scelto di renderle pubbliche perché vorrei parlare anche a chi non riesco a raggiungere di solito, vuoi per un motivo vuoi per un altro. Poi è così di moda scrivere quassù, e mi sono detto che per una volta seguire il trend non era poi un così grave reato 🙂 .

Scherzi a parte, per me non è molto facile espormi, non tanto perché non ci riesca o non voglia, né per il fatto che quando scrivo, o parlo mi perdo in ottomila inutili simbologie (si, lo so che lo avete pensato e non avete torto…), quanto perché il mio cognome tende ad apparire un’etichetta e talvolta ricade su ciò che dico o scrivo, frantumando il discorso e lasciando poche frasi, che unite restano comunque meno eloquenti dello sguardo o del tono di voce di chi spesso mi osserva dicendo: “Non è lui che parla, ma le quattro lettere del sue cognome”. Non è vittimismo, anzi è una cosa che capisco, e non ne faccio un dramma, mosso, forse, soprattutto dall’ormai navigata abitudine. D’altronde non condanno chi lo pensa e chi lo sta pensando anche adesso, probabilmente non può essere altrimenti.

Non per questo ho mai rinunciato ad esprimere le mie idee. Io non sono un tipo pessimista, ne incline alle generalizzazioni, e so che ci sono molte persone pronte a leggere questo come uno fra i tanti interventi pubblicati su questo blog. Ma non scrivo solo per loro, sarebbe troppo facile, e in questo caso avrei anche potuto stare zitto. Scrivo per tentare di avvicinarmi a chiunque ha una passione. A tutte quelle persone che, genuinamente, si appassionano. Io penso che essa, la passione, sia una forma, o per meglio dire un mezzo di conoscenza.

Certo, forse è una conoscenza un po’ “corrotta”, alterata dallo stesso sentimento che ci spinge, e capita che si guardi alle cose attraverso la lente, forse un po’ preconcetta, della partecipazione che ci muove e, quindi, capita che possiamo sbagliare, cadere, dire una cazzata o più di una; oppure succede che la stessa gioia di coinvolgersi ci porta ad avere ragione, e l’entusiasmo diventa la canoa verso un piccolo trionfo personale, raggiungiamo qualcosa e conosciamo, diventiamo più ricchi. Tutto in nome di una forma di affezione verso qualcosa, che sia una persona, un luogo, u n obiettivo. Ora, sembrerà un paradosso o una presa per culo, ma io di politica credo davvero di capirci poco.

E’ vero ci sto in mezzo da quando sono nato, e ha condizionato praticamente tutto della mia vita, e a questo punto dovrei essere un perfetto rampollo politologo, capace di districarsi fra i mille casini del vivere questa strana cosa chiamata con l’abusato termine di “politica”. Invece, nonostante non mi ritenga un ignorante e comunque ben conosca certe dinamiche, continuo a sentirmi un estraneo di questo mondo. E questo, credo, perché mai nessuno mi ha obbligato ad appassionarmici e a capirlo, a scegliere per partito preso una direzione, soltanto perché era la direzione che chi mi era vicino aveva scelto.

Mi è sempre stata lasciata la libertà di conoscere e di appassionarmi. E ho tentato di farlo, liberamente, libero e contemporaneamente fiero del mio cognome, che per altri significa “categoria” e p er me significa “fortuna”. Alla luce di questo ho vissuto alla mia maniera, come vivo qualsiasi cosa e non solo la politica, questa campagna elettorale.

Credo che sia stata una battaglia combattuta ad armi pari da tutte le liste concorrenti e non vedo, da nessun lato, mostruosi eccessi: i mezzi, le tattiche, le tecniche utilizzate sono state le stesse per tutti, nonostante c’è chi ha criticato i modi di fare di altri e viceversa; a me sembra che dal punto di vista comportamentale, la condotta elettorale sia stata, più o meno, la stessa per tutti. Nonostante questo c’è più qualcosa che mi ha lasciato un po’ confuso. Forse la verità è che sono ancora molto ingenuo, e tante crudezze devo ancora assaggiarle. Procida è piccola ed è una e noi procidani, invece, come ha saputo raccontare in modo sublime Elsa Morante, siamo mille isole dentro e altrettante verità e contraddizioni.

C’è soprattutto un aspetto di questo periodo che non sono riuscito a capire, e su cui vorrei soffermarmi un po’ senza rompervi troppo: mi sono chiesto cosa spinge tante persone a lasciarsi ad affermazioni un po’ troppo livorose e, secondo me, esagerate, che ho letto più che altro nei blog e su facebook. Fin dove straripa la passione politica? Anche (o solo?!) nelle terre complicate dell’essere umani?

Tra le cose che non capisco è se si può separare il politico dall’uomo oppure no. Una volta ad una persona, che io ritengo grande, sentii dire che la peggiore offesa che si può fare ad un politico é dirgli di contestarlo come tale ma di apprezzarlo come uomo, ed io sono d’accordo in parte.

Perché il politico è un uomo che fa bandiera delle sue umane convinzioni, ma è anche vero che l’essere “ruolo” spesso porta a mortificare l’essere uomo e costringe a scelte che forse non si farebbero, di solito in ragione dell’inafferrabile “interesse collettivo”. Io, che senza arroganza mi ritengo una persona aperta, capisco che dopo tanto tempo il “potere costituito” possa stufare. Uno si rompe le palle delle stesse facce e vabbene, è una motivazione che posso accettare.

Quello che non mi va giù, e devo spesso far scendere giù, sono certe affermazioni poco politiche e volte a sottolineare presunte gravi carenze umane degli avversari, spesso con frasi che, a mio dire, vanificano considerevolmente l’entusiasmo messo in un progetto, qualunque esso sia. Capisco che in campagna elettorale ognuno affina i propri coltelli, ma quello che ho sentito mi pare esagerato e mi ha lasciato un po’ stupito. Non ho mai avuto nulla da eccepire riguardo alle critiche mosse verso alcuni errori (che ci sono stati) dell’amministrazione uscente, di cui mio padre ha fatto fortemente parte, pur io essendo convinto del fatto che essa ha realizzato molto, abbastanza per essere stimata come una buona amministrazione.

Certo su di loro non aleggia l’aura della perfezione, ma sarebbe stato incredibile il contrario. Ho sempre ritenuto e ritengo doverosa la critica politica, cosi come ritengo logica l’esigenza di alternanza, che è secondo me, e non solo, il nutrimento della democrazia; ma se è vero che l’uomo non termina nel politico, io non vedo negli amministratori uscenti, esseri  umani e imperfetti come tutti, quegli individui moralmente deprecabili che qualcuno tenta di demolire. Non vedo nessun clientelismo mostruoso e spietato, né furti nascosti, né un circolo di minacce,né tradimenti verso l’Isola. Non vedo un’arroganza senza precedenti, ne un profondo e sfacciato menefreghismo nei confronti della nostra isola.

Non vedo persone negative, mostri della politica pronti a divorare o astenersi dal divorare l’elet tore a seconda della convenienza sulla scheda.  Vedo semplicemente persone, mosse da ambizioni, alcune sane altre più egocentriche, capaci di far bene e capaci anche, si, di strafalcioni e ripensamenti. Vedo scelte politiche, amministrative, economiche, sbagli e meriti, condivisibili o meno, che devono essere analizzati, criticati, semmai anche condannati, vissuti da tutti in ragione delle diverse convinzioni e sensibilità. Non dico che l’amministrazione uscente sia una compagine di santi, messi insieme ad arte dal Dio della Bontà, ma quello che non capisco è da cosa nasce il livore umano, e non politico, che ho avvertito. Di cosa siamo stati derubati? Forse la nostra isola non sarà stata amministrata perfettamente, forse alcune decisioni hanno provocato situazioni difficili e condannabili, ma noi procidani di cosa siamo stati defraudati? Sembra tanto che gli amministratori uscenti abbiano depredato i nostri animi di cittadini da chissà quali libertà. A me sembra che il dissenso non sia mai mancato, e spesso anche forte, con voci grosse che non si sono mai risparmiate. Sono stati forse 14 anni di regime? A me non sembra. Lecita la voglia di cambiare, assolutamente lecita l’esigenza di rinnovamento, ancor più lecita, lo ripeto, la libertà di opinione. Ma perché scadere, come a mio parere è successo, in certe inutili affermazioni personali? Scrivere articoli con l’aurea della legittima propaganda ed il contenuto della violenta invettiva.

Perché non mantenersi nella critica civile, argomentando il dissenso politico e non quello umano?…Mi sbilancio in questo modo, solo perché, avendo partecipato agli incontri della lista Procida Prima, ho sentito sì criticare gli avversari, spesso con vigore ed enfasi, ma sempre attenendosi a presunti demeriti politici, senza cadere in affermazioni che, spesso, potrebbero tranquillamente essere considerate come delle ingiurie. Non voglio difendere queste persone per puro “partigianesimo”, ma, nuovamente, capisco se qualcuno lo pensi.

E’ difficile staccarsi da dosso l’apparenza di parlare per partito preso, ma io voglio correre il rischio, non perché voglio convincere a votare uno piuttosto che un altro, ma perché mi piacerebbe parlare, e imparare, di politica in modo sano, soprattutto con quelle persone che la pensano in maniera diametralmente o apparentemente opposta da me o da chi, direte voi scontatamente, ho scelto di sostenere.

Si, sarà una scelta scontata, ma ciò che importa è che non è imposta ne immotivata.

In più, un’altra cosa che non capisco, è come si possa scoraggiare la candidatura di un procidano, soprattutto se non privo di qualità, alla Regione, una carica così importante che tanto potrebbe dare all’Isola che tutti, comunque, amiamo, cosa su cui non ho dubbi. Ma su questo non mi dilungo, perché la mia difesa, giustamente, apparirebbe come densa di interessi personali.

Quello che posso dire è che non solo la mia libertà, come dovrebbe essere per tutti, non sarà minimamente intaccata dall’esito di queste elezioni, cosa di cui però immagino vi freghi poco :), ma soprattutto che la mia speranza non è semplicemente per il “vinca il migliore”, ma è orientata verso il sogno (in realtà già abbastanza vecchiotto) di una comunità isolana (soprattutto giovanile…) riunita non solo e solamente per parti o per esigenze elettorali, ma per qualità e desiderio, per quella passione che non ha colore politico, che ci fa tutti uomini di cuore e di sangue, pronti a pagare il prezzo di scelte che non sono sempre definitive, pronti a incazzarsi l’uno contro l’altro, non esenti da antipatie e rivalità che sono indebellabili, ma pronti a rimanere dalla propria parte pur senza dimenticare la parte comune a tutti.

Questa è la mia speranza, e so quanto sia ingenua, e forse infondata e utopica, figlia sicuramente dei miei 20 anni; apparirà come un demagogico tentativo di arruffianamento di chissà chi, e invece io ci spero veramente, ben conscio che forse realtà del genere esistono soltanto in favole, che tra l’altro si leggono sempre meno; io voglio esserci, per chiunque, di destra, di sinistra, di centro, del basso, dell’alto, di traverso, su una gamba sola…, con quello che so fare, so pensare, insieme ad altri che fanno e pensano come uomini, e non come “uomini di…”…Voglio partecipare all’impegno di chi si mette in gioco, andando al di là delle forzature d’appartenenza o delle invidie.

Che sia, questo, uno di quei “lunedi da dieta”? Ai posteri l’apparentemente ardua sentenza.

Antonio Muro.

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