Procida: La “colletta” organizzata dal Presbiterio non salverà l’Albano Francescano

fondazione albano francescanodi Giacomo Retaggio

Sono indignato! Anzi, per dirla tutta, sono francamente  “incazzato”. “Incazzato” nero come la gran parte dei Procidani. A determinare questo stato d’animo è stata la presa visione di una lettera del “Presbiterio” isolano ai cittadini, in cui si fa appello alla loro generosità per una raccolta di fondi a favore del’Ente “Albano Francescano” in difficoltà economiche. Il tutto in nome della “Misericordia”, spirito dell’anno giubilare. La cosa rischia di diventare ridicola se non fosse tragica.

L’Ente in questione è tra le più antiche istituzioni nostrane ed è nato per venire incontro ai bisogni degli indigenti procidani. Ha ricevuto nel tempo lasciti e donazioni che ne hanno fatto crescere enormemente il patrimonio. Tra appartamenti, fondi agricoli, sia a Procida che fuori, e soprattutto Vivara, si raggiunge una cifra di diverse decine di milioni di euro. I vari testatori a favore dell’Albano Francescano, e specialmente i medici Lachianca, si staranno rivoltando nelle loro tombe a sentire queste notizie. E questa è la seconda volta che in un mio articolo li faccio rivoltare. La prima fu qualche anno fa quando scrissi delle condizioni di Vivara. E’ mai possibile che con un capitale del genere non si riesca a trovare una soluzione per non scadere nell’accattonaggio, fino ad  istituire addirittura una “colletta” popolare?

Già conosco la risposta: le proprietà non rendono quasi nulla. E perché? Dovrebbero essere gli amministratori dell’Ente a controllare ed a renderle produttive! E Vivara? Risposta: è una questione a parte! Lo so benissimo che è una situazione diversa, ma quando nel 2002 diventò “Riserva naturale” dello Stato ci fu qualcuno che si preoccupò di ottenere un indennizzo per la sopravvivenza dell’Ente? Lo Stato non paga una sola lira! Fino al 2002 l’isolotto era fittato alla Regione che versava un regolare canone e l’Ospedale andava avanti magnificamente. Trasferito allo Stato questa non ha più pagato. Ed è anche naturale che sia stato così. Ma chi si è fatto carico del problema? Mi si dice che con lo Stato è difficile ragionare ed ottenere un qualche risultato. Ma a navigare con il mare calmo siamo tutti bravi. Un bravo comandante si vede nella tempesta. Vivara, dopo due gradi di giudizio, uno a favore ed uno contro, allo stato non è più proprietà dell’Ospedale, salvo l’esito di un eventuale ricorso in Cassazione. Ma quest’ultimo costerà una montagna di soldi tra incombenze, avvocati e periti vari. Chi pagherà? Ma, soprattutto perché si è arrivati a tanto? Perché negli anni la modifica dello Statuto dell’Ente, secondo le condizioni stabilite dai donatori Lachianca, non si è mai messa in atto? E questa è la prima rivendicazione portata avanti dagli eredi Diana nei confronti dell’Ospedale. Poi c’è un altro fatto: la regola dell’Albano Francescano  stabilisce che gli indigenti che vi trovano ospitalità non devono pagare una sola lira (altrimenti che indigenti sarebbero!). Allora perché dai ricoverati, nove in tutto, l’Ente si prende i due terzi della sia pur minima pensione? Questo è stato il motivo della perdita da parte dell’Ospedale della seconda causa, intentata dalla famiglia Diana, erede di sesto grado dei Lachianca, perché con il pagamento di una retta non è più “mendicicomio”, ma una “Casa-albergo” con tutti i diritti ed i doveri anche economici. Infatti la gratuità del ricovero è una “conditio sine qua non”.

Nella lettera del presbiterio si fa cenno ad un deficit attuale di 520 mila euro (al paese mio un miliardo delle vecchie lire!) che vanno sommati alle spese correnti per la gestione ordinaria e quotidiana. Ma come si è arrivati a tanto? Non è necessario essere degli economisti per rendersi conto che nell’amministrazione dell’Ente c’è stato (e non so se ancora c’è) qualcosa che non ha funzionato come di dovere. Agli inizi degli anni ’60 del secolo scorso l’Albano Francescano, per venire incontro alle esigenze della popolazione procidana, diede inizio, affiancandola a quella che già svolgeva a favore degli indigenti, anche all’attività sanitaria con la presenza h 24 di un chirurgo e di un anestesista (il sottoscritto). Ricordo ancora i vari chirurghi che si alternavano, Argenziano, Angelini, Grippo, Di Stasi e le centinaia di interventi eseguiti. Anche se con grande sacrificio e soprattutto con grande entusiasmo di noi operatori sanitari tutto filava liscio con reciproca soddisfazione.

Ora io mi chiedo: se cinquant’anni fa, in condizioni molto più precarie delle attuali, era possibile svolgere due attività, la sanitaria e l’assistenza agli indigenti, come mai oggi non è più praticabile neanche la semplice assistenza a nove (dico nove) vecchietti che, per giunta, collaborano anche con la loro pensione? E si minaccia (questo ricatto è grave!) la chiusura dell’Ente.

Non so per voi, ma per me tutta la faccenda è una cosa vergognosa e non degna di un paese civile. In seguito alla vendita di alcune proprietà qualche anno fa è stata ristrutturata un’ala del complesso che così ha assunto un aspetto decente. Un’altra parte della struttura è ancora in condizioni di degrado ed in attesa di restauro. Probabilmente alla luce dell’attuale situazione economica non se ne farà nulla. Mi si riferisce, inoltre, che alcuni anni fa dei soldi, residuo di una vendita di alcune proprietà, furono investiti da parte dell’Amministrazione dell’Albano Francescano in titoli che non conosco. Il risultato, difatti, fu la perdita totale del capitale investito. Sulla base  di quanto esposto finora (e queste sono solo considerazioni minime ed essenziali perché la situazione è molto complessa ed articolata) lettori amici e (non) vi renderete conto di quanto il problema non sia certamente risolvibile facilmente, se non sedendosi intorno ad un tavolo e valutando le varie opzioni. Non sarà certamente la “colletta” organizzata dal Presbiterio a “salvare” l’Albano Francescano! Posso plaudire all’iniziativa, forse velleitaria ed un po’ ingenua, ma occorre una terapia drastica. Non è più tempo di agire con pannicelli caldi: bisogna incidere il bubbone e farne uscire il pus marcio che vi è racchiuso. E questo per Procida, per i Procidani e per il rispetto verso i  benefattori dell’Ospedale di tutti i tempi.

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4 commenti

  1. gentile redazione per onestà intellettuale devo aggiungere che qualche anno fa ho contattato personalmente la sig. ra CARANNANTE per coinvolgere( SENZA CHIEDERE NULLA ) la struttura in progetti di finanziamento a fondo perduto erogati da fondazioni PRIVATE. DEVO CHIARIRE ANCHE CHE ALL’EPOCA NON FUI RICEVUTO DALLA DIRETTRICE CON LA “SCUSA”? DI UN’EMERGENZA E NEMMENO VENNI RICONTATTATO IN SEGUITO.

    CORDIALI SALUTI
    DOTT. MAURO RUOCCO

  2. AH DIMENTICAVO : DOTT. RETAGGIO MAGARI CON UN ONESTO ECONOMISTA NON SAREMMO ARRIVATI A TAL PUNTO. A CIASCUNO IL SUO LAVORO.
    SALUTI

  3. La chiesa giustifichi prima come si e’ arrovati ad una tale massa debitoria e poi organizzi pure la colletta.

  4. Quello che dice

    il Dott.retaggio è tutto vero e ” scontato ” , ma io penso che la situazione è anche ” peggiore “.

    La fondazione ” Albano Francescano ” ,nello Statuto,ha precisi compiti di assistenza e beneficienza,e ciò per volontà dei procidani illustri che hanno dato i loro averi affinchè si attuassero questi.

    Non voglio fare un processo alle precedenti e all’attuali Amministrazioni,ma,a mio parere,

    è GIUNTO IL TEMPO CHE L ‘ALBANO F. MOSTRI PUBBLICAMENTE TUTTI I BILANCI DALLA NASCITA AD OGGI

    Perchè i procidani possano avere contezza se ci siano state inadempienze….o.. omissioni ..od altro…

    In fondo, questi amministratori,in sintesi,gestiscono un bene della collettività procidana,ed è ad essi che devono renderne conto.

    La non trasparenza è indice di “opacità amministrativa ” ed è foriera di illazioni e maldicenze varie..

    Insomma,IN POCHE PAROLE, SE CI SONO STATE DELLE RESPONSABILITA’

    devono uscire a galla, e DEVONO PAGARE LORO ,non il popolo procidano

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