A margine della decisione presa con delibera regionale del 08/02/2013, in cui si stabilisce di rendere istituto comprensivo la scuola materna, elementare e media dell’isola di Procida, vorrei esporre qualche riflessione anche alla luce delle polemiche e dei contrasti che tale provvedimento ha innescato. Certamente bisogna dire che l’atto esplicito è più frutto di mere e restrittive valutazioni economicistiche che ispirato a una visione più ampia ed organica del “pianeta scuola” ma, d’altra parte, pone sul tappeto il problema di ridare alla Scuola il suo ruolo fondamentale e centrale nella formazione e nella ragion d’essere d’ogni comunità e della stessa Società nella sua interezza. E, in tal senso, si può dire che durante gli anni ’80 del secolo scorso, la sua funzione è stata del tutto frammentata, polverizzata, disorientata tanto da farle correre il fondato rischio di diventare una dimensione, una struttura quasi irrilevante. Ecco perché, prendendo spunto da tale evento, anche alquanto strumentale, è giunto il momento di porre la Scuola al centro del “progetto di costruzione di una nuova communio (convivenza)” sociale ed umana. E il primo mattone da mettere su per le fondamenta della nuova “casa” è quella della Scuola Primaria, intesa come “unità didattica”, il cui compito essenziale e decisivo è quella della formazione pedagogica di base dell’età evolutiva che va dalla prima infanzia alla pre-adolescenza, perché ciò costituisce l’apripista ad una riforma radicale e necessaria del sistema scolastico.
Pertanto bisogna uscire dai propri orticelli, dalle proprie egoistiche paure personali e mettersi in mare aperto per ridefinire e ridare al ruolo del docente, che nella realtà odierna vive una disagevole inadeguatezza, il più profondo significato di formatore ed informatore della platea studentesca, destrutturando le attuali forme organizzative.
Il mio auspicio è che le urna del 24 e 25 febbraio 2013 facciano uscire forti sensibilità che vadano in questa direzione.