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Quale futuro per l’isola di Procida?

procida sprofondaDi Michele Romano

La fermentazione e l’aria frizzantina creata dall’apertura dell’immensa struttura ex carceraria di Terra Murata, con visite guidate ben organizzate dal delegato al turismo, il solerte Giuseppe Giaquinto, ha posto all’attenzione il quesito: Quale futuro possibile per Procida?

Qui si entra in un ginepraio confusionale pieno di contraddizioni demagogiche, di cattivi pensieri affaristici da parte di “presunti” imprenditori e dei soliti e ben noti mestieranti politici che, in questo primo squarcio di secolo, con eredità pregresse, hanno imperversato sul territorio. In tal senso, quello che si può fare è mettere in campo energie vitali per costruire un iter educativo dentro il cuore e la mente dei cittadini, al termine del quale ci si riappropria della consapevolezza che “il senso del futuro” risiede nel porre al centro di una ripartenza di crescita la propria antica, significativa e originale cultura “marinara” che passa anche per il corretto utilizzo dell’imponente patrimonio storico. Per comprendere la sua rilevanza, già negli anni ’90, mentre prestavo servizio presso la Soprintendenza dei Beni Librari e Museali della Regione Campania, l’ipotesi forte era di sviluppare a Procida un “Centro Studi” internazionale di “Cultura, Costumi ed Usi del Mar Mediterraneo”, questo sia per la sua straordinaria tradizione marinara sia per l’occasione offerta dall’emblematico edificio, allora proprietà del Ministero di Grazia e Giustizia, di Terra Murata. Ecco perché, è più che naturale, mettere insieme l’ex struttura carceraria e il Palazzo d’Avalos, l’isolotto di Vivara, simbolo di educazione ambientale, con il valore aggiunto dell’Abbazia di San Michele Arcangelo, come logo della “Polis”, da inserire nei percorsi micaelici del Mare che tanta rilevanza offrono, in tutti i sensi, a realtà come Mont S. Michele e il Gargano. Questo può rappresentare la fonte di sviluppo socio-economico alternativo all’attuale unica fonte occupazionale rappresentata dalle professioni legate al mare verso le quali, nei giorni scorsi, proprio questo giornale ha lanciato un serio allarme. Anche in virtù di ciò è giusto e doveroso attrezzarsi a diventare credibili nell’attraversare il sentiero che conduce alla costruzione di una nuova terra promessa, in cui la porta d’ingresso diventa un tessuto territoriale pienamente vivibile, sostenuto da un rassicurante indotto ricettivo e servizi socio-sanitari. Guidati dalla speranza, al momento alquanto flebile, che la tornata elettorale del 2015, esprima una classe dirigente completamente nuova, ispirata all’etica della responsabilità e allo spirito di servizio a termine per il bene comune, restiamo in attesa di comprendere, al di là di tanti proclami, cosa c’è di concreto.

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