Che cosa è il nichilismo? È un radicale annullamento o svalutazione della realtà o di aspetti di essa. Deriva da una forma lessicale latina: Nihil, niente, nulla che trasferito, metaforicamente, sulla nostra esistenza, conduce alla distruzione, alla desertificazione, all’annientamento di una convivenza comunitaria degna di essere vissuta. Nel percorso temporale dell’uomo, ciclicamente, si presenta, con virulenza, il nichilismo quando, nella società, nella sua interezza, prevale un “noi sentimentale” che è alimentato da odio, rancore, rabbia, violenza, discriminazione, disprezzo, rifiuto, egocentrismo ributtante. Oggi, nella realtà contemporanea, dal piccolo borgo in cui viviamo fino ad espandersi in dimensione planetaria, possiamo dire che stiamo dentro un vulcano in una fase eruttiva che tende, al momento, a non fermarsi ma ad espandere, sempre più, lapilli e cenere di tali sentimenti, tanto da far sorgere una ampia ed agguerrita categoria sociale e professionale, quella degli odiatori. Per quantificare la presenza nella nostra quotidianità è sufficiente trascorrere una giornata, da mattina a sera, davanti al televisore, per imbattersi in una moltitudine di politici, giornalisti, accademici, magistrati, ecclesiastici, insegnanti, economisti, sociologi, filosofi che fanno allibire Max Weber e Kant, genitori, gente comune che manifestano nelle espressioni verbali, negli sguardi, nella postura somatica lo stato avanzato del “virus” dell’odiosità.
Tale patologia conduce alla raffigurazione nichilista del perdente radicale dai mille volti. Così troviamo il padre che stermina la famiglia, gli atroci femminicidi, i magistrati che giustificano l’assassino della fidanzata con una definizione che deturpa e violenta la coscienza e la dignità della persona: “tempesta emotiva”, che orrore, che roba da Olocausto. Come ci imbattiamo nel kamikaze dell’Isis che progetta il suicidio di un’intera società fino a quelli intenti soltanto a far ardere “fuoco amico”. E ciò lo possiamo visualizzare sia nel piccolo ambito della nostra quotidianità sia in quello più ampio delle strutture politiche, ecclesiali, dei luoghi di lavoro e associativi. D’altra parte la nostra epoca si sta sempre più configurando giorno dopo giorno, rispettando i corsi e i ricorsi della storia, di vichiana memoria, come una stagione dell’eclissi della ragione, accompagnata dalla rottura del rapporto armonico tra “cuore e mente”. Concordiamo con il filosofo francese Bernard-Henri Lévy, quando afferma che non crediamo più alla democrazia e in primis gli intellettuali, i quali, in tale oscuramento, non sono slegati dal popolo, ma dai valori, dalle idee, soprattutto quelle alternative all’odio che conducono all’Amore. Ecco da cui ripartire per rimettere in moto una inversione di tendenza con questo messaggio: Amare è lasciare andare via la paura che ci confonde e ci incattivisce su cosa accade, perché la natura dell’Amore tende all’estensione, all’espansione cosmica e al superamento della misurazione e della conflittualità permanente.
Postilla finale. A proposito delle primarie del partito Democratico tenutesi in questi giorni con l’elezione del nuovo segretario: con ampia partecipazione e consenso, Nicola Zingaretti, oltre un affettuoso augurio al simpatico fratello del commissario Montalbano, esprimiamo un auspicio con un sommesso consiglio di tenere alla larga le sirene, gonfie di odiosità, dei perdenti radicali di una determinata sinistra, di una casta di intellettuali, giornalisti, magistrati e dintorni e inoltrarsi, con grande lungimiranza, nello spirito giovanneo di Papa Roncalli che condusse agli inizi degli anni ’60 la Chiesa dall’abisso in cui era caduta alla Rinascita attraverso la “Rivoluzione Copernicana” del Concilio Ecumenico Vaticano II, con l’obiettivo della “Pacem in Terris”. Ecco staremo in fervida attesa che questa nostra speranza diventi sostanza operosa. Altrimenti si rimane nell’abisso di una vendetta da attuare. E nei messaggi mediatici del giorno dopo già soffia tale letale venticello.