di Nicola Silenti da Destra.it
Sfiducia,delusione e un senso di impotenza che diventa ogni giorno più incontenibile. Lo stato d’animo dell’elettore di centrodestra davanti a questi annunci di campagna elettorale per le prossime elezioni politiche è un miscuglio di sentimenti al ribasso: un’amarezza che smorza ogni entusiasmo civile e soffoca l’ansia di rivincita covata giorno dopo giorno in questi opachi anni di governo di sinistra. Nella fiducia sempre più realistica per il buon esito della prossima tornata elettorale, si accoppia la salda certezza che il probabile successo della destra non basterà per governare da soli. Quel che appare sempre più chiaro all’orizzonte è infatti lo scenario mortificante pronto a manifestarsi nel dopo elezioni, quando dietro motivazioni come il “senso di responsabilità”, “l’urgenza di governabilità”, “i pressanti ammonimenti dell’Europa” e chissà con quale altra giustificazione bislacca verrà presentato al popolo italiano l’ennesima riedizione di governo bipartisan a misura di inciucio.
E’ ormai un dato assodato, infatti, che la legge elettorale con cui verranno espressi i nuovi componenti di Camera e Senato è stata concepita al solo e unico scopo di impedire agli italiani di scegliere, in modo chiaro e certo, da chi essere governati. Una legge elettorale che non saprà dire in modo inequivocabile chi avrà vinto e chi avrà perso, a differenza di quanto avviene in tutto il mondo civile.
Di sicuro, in quel preciso istante scatterà la vera battaglia per le poltrone: una contesa tra pezzi grossi della politica e segreterie di partito da giocarsi sulla pelle degli italiani, senza che a questi nessuno possa offrire nemmeno la pia illusione di aver determinato qualcosa in questa contesa. Una contesa da giocarsi al chiuso delle segrete stanze, che vedrà sedersi allo stesso tavolo coloro che sino a un istante prima, c’è da giurarlo, saranno stati capaci di sputarsi addosso i peggiori insulti e le peggiori accuse, facendo campagna elettorale con parole d’ordine e programmi di segno diametralmente opposto.
Una legge elettorale che andrà a determinare i rapporti di forza all’interno di un sistema ormai riconducibile allo schema tripartitico di destra, movimento Cinque stelle e sinistra: un sistema di rappresentanza in cui nessun partito o coalizione, da solo, potrà disporre dei numeri sufficienti per votare la fiducia a un governo. Uno schema che appare ogni giorno di più concepito proprio per impedire il prevalere di una chiara maggioranza, a meno che delle favorevoli articolazioni non rendano possibile il miracolo che oggi appare a tutti irrealizzabile: l’affermazione, cioè, di uno schieramento che si dimostri capace di incamerare oltre il 40 per cento dei consensi per la parte proporzionale plurinominale, e al contempo vincere in almeno il 70 per cento dei collegi uninominali.
Un’impresa impossibile per chiunque, che si traduce nel più concreto e realistico scenario di un nuovo governo bipartisan o delle larghe intese: tradotto in soldoni, a succedere al governo Gentiloni sarà un nuovo governo pateracchio a misura di inciucio con il benestare decisivo, per la sua nascita ed esistenza, del Partito democratico di Renzi. Una nuova edizione della sciagurata ammucchiata tra destra e sinistra da troppo tempo al timone dell’Italia, nel più totale spregio di una dialettica democratica degna di questo nome in cui uno schieramento omogeneo di partiti governa e un altro controlla l’operato dell’esecutivo e fa opposizione.
Eppure, chiunque tra gli elettori del centrodestra abbia la pazienza e il tempo di imbattersi nella cronaca politica di questi giorni, non può fare a meno di trasalire davanti alla prospettiva di vedere i propri candidati vincere alle elezioni senza poter esprimere il tanto desiderato e voluto governo. E dire che chiunque si riconosca nelle istanze e negli ideali di destra avrebbe il sacrosanto diritto di vedere realizzato il proprio sano sentimento di rivincita nei confronti della sinistra: la rivalsa e la riscossa di chi in questi anni ha dovuto ingoiare una quantità insopportabile di rospi. Una rivincita che non potrà essere consumata appieno anche per la responsabilità di chi, per calcolo o interesse , ha brigato per rendere possibile l’approvazione di questa legge pasticciata .
Sgombrato il campo da qualsiasi prospettiva illusoria, i prossimi mesi di campagna elettorale costringeranno gli elettori, e quelli di destra soprattutto, a focalizzare l’attenzione sul vero tema del contendere: d’accordo vincere le elezioni, ma per fare cosa? Quello che occorre all’Italia è anzitutto una politica seria ed efficace per un Paese che deve tra l’altro, tornare a contare come merita in un’Europa dei popoli e non delle banche, senza diktat di nessuno e imposizioni di sorta. Imperativi categorici che sottendono una politica economico – fiscale e un nuovo e più giusto modo di intendere lo stato sociale, dando ben altra attenzione a chi fatica a sopravvivere a questi tempi di buriana.
E’ realistico pensare che uno solo di questi obiettivi potrà essere raggiunto da un governo di larghe intese pur se guidato dalla destra, ma con il sostegno indispensabile del centrosinistra? Che soluzioni reali potrà offrire al Paese un governo sostenuto da aree politiche opposte, che hanno rispetto alla realtà e alle sue problematiche visioni differenti se non del tutto inconciliabili? E quale ruolo si troverà a giocare il movimento Cinque stelle di Beppe Grillo, dato all’unanimità da tutti gli istituti demoscopici come il primo partito italiano, ma ostile a qualsiasi ipotesi di intesa o collaborazione con uno dei due grandi schieramenti?
Anche da queste domande passerà l’esito delle prossime elezioni politiche. Domande inevitabili che pretendono risposte inequivocabili da chi si candida a dare voce al nostro Paese. Risposte che diranno se quella voce potrà essere anche la nostra voce.