Dentro l'Opus Dei. Intervista a Emanuela Provera

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dal Blog www.beppegrillo.it

L’Opus Dei è un’organizzazione che può influenzare le scelte dello Stato. Il suo linguaggio è simile a quello dei puffi, capire i suoi aderenti non è facile. Al posto di “puffare” usano la parola “pitare“. Ci sono i “numerari” i “sopranumerari” e i “piani inclinati” e un Presidente al posto del “Grande Puffo“. Nell’intervista, Emanuela Provera, autrice di: “Dentro l’Opus Dei” descrive un’organizzazione segreta che mantiene segreti i propri documenti. E spiega che: “Quasi la metà di tutti i collegi universitari legalmente riconosciuti fanno capo all’Opus Dei… Tutto ciò che riguarda l’introduzione nel nostro Paese del credito al consumo in un certo senso è targato Opus Dei“. Stalin si chiese: “Quanti divisioni ha il Papa?“. Io mi chiedo quanti ministri, banchieri, militari sottosegretari, presidenti di associazioni pubbliche fanno parte dell’Opus Dei? E a chi rispondono: all’Opus Dei o allo Stato?
E come intervengono sulla vita pubblica del nostro Paese?

Intervista a Emanuela Provera, autrice del libro: “Dentro l’Opus Dei”.

“Sono Emanuela Provera e ho scritto “Dentro l’Opus Dei” con Chiarelettere, dopo aver partecipato alla stesura di “Opus Dei Segreta” con Ferruccio Pinotti tre anni fa. Il libro “Opus Dei Segreta” nasce da un’esperienza di forum on-line in cui hanno partecipato persone, uomini e donne che, come me, hanno avuto un’esperienza nell’Opus Dei per vari anni. All’interno del forum ci sono sia persone passate per la prelatura per un periodo breve e persone che hanno vissuto all’interno dell’Opus Dei dieci, venti o più anni. Il forum è stato un’esperienza di confronto e quindi è nato innanzitutto con l’obiettivo di parlare tra noi, perché l’esperienza di uscita dall’Opus Dei è un’esperienza di isolamento, le persone che escono da questa istituzione per lo più pensano di essere le uniche, per cui è difficile creare una situazione di confronto, di dibattito e di discussione. Il secondo obiettivo è stato quello di divulgare le riflessioni e i contenuti del nostro confronto, lo strumento più idoneo, quello che poteva arrivare a più persone possibili sarebbe stato proprio la stesura di un libro.
Perché il libro l’ho scritto io e non altri del forum? Perché generalmente, ad oggi, la maggior parte delle persone che esce dall’Opus Dei preferisce non esporsi pubblicamente e in modo così forte e trasparente, c’è molto timore, probabilmente anche perché siamo in Italia, siamo in un Paese dove ci sono molti intrecci tra il mondo ecclesiastico, il mondo politico e il mondo istituzionale.

Una prelatura personale
Molte delle persone che partecipano al forum hanno posizioni professionali che vogliono tutelare e proteggere, per cui all’interno del libro sono state raccolte delle testimonianze mantenendo e custodendo la riservatezza delle persone. Ci tengo a dire una cosa, uscire dall’Opus Dei non significa abbandonare la Chiesa, la Chiesa Cattolica; sapete che l’Opus Dei è una prelatura personale che fa parte della gerarchia costituzionale della chiesa cattolica e dipende direttamente dal Papa, attraverso la congregazione dei Vescovi. Alcune persone che hanno collaborato a questo libro e che hanno fatto parte del forum mantengono tutt’ora una pratica di vita cristiana: anzi, sono dovute uscire dall’Opus Dei per continuare un percorso spirituale. Uno dei temi di cui abbiamo discusso maggiormente all’interno del forum è stato quello dei giovani indotti a seguire la vocazione all’Opus Dei da parte dei cosiddetti direttori dell’opera, che sono entrati nella prelatura a 14 /15 /16 /19 o 20 anni, ossia in un’età in cui è difficile fare scelte vitali, o meglio è un’età in cui ci si prepara a fare scelte vitali, scelte importanti. Avendo fatto entrare queste persone in un’istituzione così totalizzante, ossia in un cammino vocazionale vero e proprio, si è esercitata una violenza psicologica molto forte: per esempio, vorrei leggere alcuni passi di alcuni di loro, che hanno raccontato la loro storia. “I miei genitori erano sopranumerari, sei figli, club fin da piccolissimo, messo sul piano inclinato (percorso di cammino vocazionale [ndr]) verso i 14 anni e mezzo, uscito dopo aver pitato (pitare: termine mutuato dallo spagnolo, significa fischiare, o annunciare la propria voglia di unirsi all’Opus Dei [ndr]) prima dei 16”.
Un altro racconta “ho iniziato a frequentare l’Opus Dei a 14 anni all’Aspra di Milano, ho pitato l’anno dopo, nel 1977”, quindi a quindici anni questo ragazzo è diventato dell’Opus Dei. Un’altra ragazza dice “figlia di soprannumerari, ho frequentato la scuola Fais e il club finché, naturalmente, ho chiesto di diventare aspirante numeraria”, che cosa vuole dire aspirante? Vuole dire che ancora non si è giuridicamente dell’Opus Dei, ma si viene formati a una spiritualità che è quella dei numerari.
I partecipanti al forum, da cui è nato questo libro, hanno fatto parte dell’Opus Dei come membri numerari: che cosa significa? E’ una particolare categoria di membri dell’Opus Dei che, per chiamata di Dio – così si dice all’interno della prelatura – rinunciano al matrimonio e conseguentemente perseguono una vocazione al celibato apostolico, ossia dedicano tutte le proprie energie sia interiori che anche i propri possedimenti, il proprio denaro, dedicano tutto ciò allo sviluppo della prelatura dell’Opus Dei nel mondo; proprio per il fatto di essere numerari l’Opera li può mandare in qualunque parte del mondo a aprire nuovi centri dell’Opus Dei e quindi a sviluppare iniziative o attività direttamente legate alla prelatura. Quando una persona entra nell’Opus Dei come numerario o come numeraria, percorrendo il cosiddetto piano inclinato, che è un percorso specifico, viene indotta a lasciare la propria famiglia; senz’altro l’adolescente ha bisogno di staccarsi dal proprio contesto sociale e quindi l’Opus Dei trova un terreno fertile, perché il giovane trova nell’Opus Dei una seconda famiglia, per cui si stacca volentieri dai genitori come senso di emancipazione, per trovare nell’Opus Dei una seconda famiglia per rimanervi tutta la vita, senza mai elaborare un percorso personale di crescita. Ecco perché nell’Opus Dei ci sono numerari e numerarie che restano eternamente bambini: ogni scelta, ogni decisione, ogni attività pratica anche quotidiana i membri numerari e le numerarie la consultano con il proprio direttore. Questa mancanza di libertà nella conduzione della propria vita blocca il processo di consapevolezza, per cui ci sono persone di 30 o 40 anni che sono veramente alienate da sé stesse, per cui a volte purtroppo si arriva a fenomeni anche di sofferenza psicologica.
Le persone che partecipano e hanno partecipato al forum non hanno l’obiettivo di distruggere l’Opus Dei o di fare in modo che non sviluppi più la propria azione nel mondo: l’obiettivo che si propongono è di denunciare queste situazioni di sofferenza psicologica e di persone giovani che entrano a far parte dell’Opus Dei come numerari e come numerarie. Perché l’Opus Dei cessi di condurre un’azione di proselitismo così aggressiva, è importante che modifichi i propri Statuti: per esempio, eliminando il riferimento alla figura dell’aspirante numerario. Non è facile che la prelatura, comunque protetta dalle istituzioni nel nostro Paese, in Italia, affronti un’autocritica così radicale; sicuramente ci sono state persone in Italia che hanno appoggiato l’azione di ex membri dell’Opus Dei: mi riferisco in particolare a due interpellanze parlamentari, ossia quella dell’86, sollevata da Rodotà, Bassanini e Minervini, e l’interpellanza parlamentare del 2007, sollevata invece da Galante e Licandro. Nel libro ho ripreso l’attualità dell’interpellanza dell’86, che voleva fare in modo che l’Opus Dei venisse dichiarata associazione segreta: effettivamente né alla prima interpellanza né alla seconda c’è stata una risposta pertinente da parte delle istituzioni politiche. Le risposte che sono state date a queste interpellanze le definirei come dei comunicati stampa dell’ufficio informazioni dell’Opus Dei. Bisogna invece arrivare alla verità del problema: è vero, secondo l’interpellanza dell’86, che esiste tutta una documentazione secretata, che non è ufficiale e che, per quanto mi risulta, non è conosciuta neanche dalla chiesa cattolica, per cui è interessante che le istituzioni chiedano all’Opus Dei di rendere pubblica questa documentazione. Sono pubblicazioni interne, che vengono editati e pubblicati all’interno della prelatura: vi chiederete: “ma come fanno essere pubblicati e editati i testi e a rimanere segreti?”, esiste una tipografia, ma è una tipografia interna, non è una società, una Srl conosciuta ufficialmente e pubblicamente da tutti e questo è ciò che ha sollevato l’interpellanza dell’86. Nel 2007 sono stati equiparati i collegi universitari pubblici a quelli privati, ai fini dell’ottenimento di alcuni finanziamenti per l’edilizia universitaria: questo che cosa significa? Quasi la metà di tutti i collegi universitari legalmente riconosciuti fanno capo all’Opus Dei, quindi un numero altissimo di centri dell’Opus Dei riceve finanziamenti pubblici.

Sacra potestas e obbedienza
Con il libro che ho scritto, al quale hanno collaborato altri partecipanti del forum, ci interessa in modo particolare rivolgerci alle istituzioni ecclesiastiche: negli Statuti dell’Opus Dei, che sono stati introdotti nel 1982, quando l’Opus Dei è stata eretta da Karol Wojtyla in prelatura personale, all’interno di questi Statuti si dice che i laici della prelatura debbono obbedire a coloro che, nell’Opus Dei, hanno la sacra potestas, ossia il prelato e i suoi vicari. Il prelato dell’Opus Dei attualmente è Monsignor Xavier Cebarria, per quanto riguarda il rispetto del codice di diritto canonico effettivamente è corretto quanto affermato dagli Statuti. Quella che però noi del forum abbiamo riscontrato è stata una prassi vissuta quotidianamente per tanti anni, una prassi che violava le prescrizioni del Codice di diritto canonico, laddove ci veniva detto che i membri laici dovevano obbedire all’interno dell’Opus Dei ai direttori dei membri laici non dotati di sacra potestas che svolgono due funzioni: una funzione di governo vera e propria, di direzione della prelatura, quindi l’organizzazione, chi mando a aprire un nuovo centro a Parigi piuttosto che in Russia. Quindi svolgono una funzione relativa all’organizzazione e al foro esterno, ma anche al foro interno, di direzione spirituale, che i membri direttori laici privi di sacra potestas indirizzano la coscienza delle persone e violano quelli che sono i contenuti del Codice di diritto canonico. Per cui vorremmo che le istituzioni ecclesiastiche conoscessero questa situazione e svolgessero un’indagine appropriata per ristabilire una prassi di normalità e di correttezza all’interno della prelatura. Quindi noi, che abbiamo vissuto dentro, all’interno, ci siamo chiesti: “ma come è possibile che dichiariamo e raccontiamo alle persone esterne una vita, uno spirito e uno stile che poi, all’interno, non viviamo, perché abbiamo un linguaggio nostro e abbiamo dei codici e dei modi di dire che sono sconosciuti a tutti gli altri?”.
Da una parte chiediamo alle istituzioni politiche di intervenire per il controllo di una situazione che non è trasparente e, nello stesso tempo, anche alle istituzioni ecclesiastiche di svolgere un’indagine affinché ritorni una situazione di maggiore dignità nei confronti delle persone che attualmente vivono all’interno di quest’istituzione, un’istituzione che sta acquisendo una forza particolare all’interno dello Stato italiano. Il futuro presidente della Banca Vaticana dello IOR, Ettore Botti Tedeschi, è un membro di spicco della prelatura in Italia e sappiamo che Ettore Botti Tedeschi è legato in modo particolare al mondo finanziario, è il principale rappresentante del gruppo consiliare Santander in Italia, per cui tutto ciò che riguarda l’introduzione nel nostro Paese del credito al consumo in un certo senso è targato Opus Dei. Conseguentemente, attribuendo a questa persona un incarico così importante, ne viene rafforzata l’immagine della prelatura: non è facile che le istituzioni ascoltino il nostro appello. Il libro è il primo passo verso un percorso di informazione e di divulgazione al quale teniamo molto.” Emanuela Provera

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