La demolizione di Procida è finita. Enza Scotto di Clemente: «Volevamo uscire da casa con dignità»

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Il racconto di uno dei testimoni delle ultime ore in casa di Nicola e Letizia. Il cattivo gusto degli operai addetti alla demolizione: “hanno finito con il triplo fischio”.

Gaetano Di Meglio – gaetano@ilgolfo.it | Procida – La demolizione, sospesa per l’intera giornata di mercoledì dopo il blitz notturno e pericoloso è ripresa puntuale ieri mattina verso le 7.00. C’è voluto poco. Intorno alle 13 i lavori di demolizione della casa abusiva al civico 11 di via Guglielmo Marconi sono stati completati. Resta un segno brutto su quella pianura nascosta dal mare. Già, nascosta dal mare. Sì la casa di Nicola e Letizia sorgeva in mezzo ad una piccola pianura incolta, protetta da un lato da un enorme palazzone di quale secolo fa e dall’altro da una collina abitata. A destra e a sinistra solo terra poco colta, con qualche abuso fresco fresco non abitato. Abbiamo chiesto notizie di Nicola e Letizia. Ci hanno assicurato che sono riusciti a fittarsi un’abitazione, sempre a Procida. Abbiamo anche provato a contattare Vincenza Scotto Di Clemente, la figlia-coraggio di questa demolizione. L’unica dichiarazione che ha voluto rilasciarci, con la voce strozzata dal pianto è stata questa: «Volevamo uscire da casa con dignità». Una dichiarazione che ricalca, profondamente, le coscienze di quelli che, insieme con Lei, hanno vissuto le ultime ore di questa brutta storia.

La testimonianza di Leonardo. Abbiamo incontrato uno di quelli che hanno aiutato Enza e Paolo nello sgombero dell’abitazione. Tra quelle mura domestiche una vita costruita sul mare, tra sacrifici e sudore. Cosa l’ha colpita di più? La dignità e la tenacia di una famiglia marinara che vede attorno a se un sogno che sta per sgretolarsi. Non ho visto scene di pazzia o momenti di isteria che in quel momento avrebbero pure potuto fare tanta scena. Quel Galeone in legno tenuto sino agli ultimi istanti e che avete tirato fuori sembrava quasi un arrendersiá Non direi così. Fino all’ultimo dentro la casa si respirava un’aria pesante come è nella logica delle cose e degli avvenimenti. Ma in ognuno dei presenti era viva la speranza che da un momento all’altro qualcosa potesse andare differentemente. Cosa? Beh che potesse arrivare un gesto di clemenza, si rincorrevano voci su un possibile ripensamento in sede di appello o qualcosa di simile. Nel mentre la casa si svuotavaá Eh si. E anche abbastanza di fretta. C’era anche dall’altro da togliere da portare via. Ma il tempo non c’ è stato. Ora sarà la sotto, sepolto dalle macerie. Nicola e Letizia? Che persone. Che compostezza, direi che classe anche nell’affrontare un dramma. Se ne sono andati con la casa tutta accesa, tra sguardi, riflettori e flash lasciando ad altri la responsabilità di seppellire tra il cemento e la polvere anche il loro sangue. Si perché nel pane dei marinai come diceva un mio zio c’è il loro sangue. L’intervento del Centro Studi internazionale sul mediterraneo “Indignazione e disapprovazione per una vicenda che poteva essere risolta in maniera differente nei modi e nei termini. Fino alla fine insieme alle istituzioni locali abbiamo lavorato per sventare la demolizione dell’immobile del caro Nicola Scotto Di Clemente. E non ci siamo riusciti. Come uomo – ha dichiarato il Dott. Leo Pugliese, presidente del Centro Studi internazionale sul mediterraneo – ritengo che questa sconfitta debba farci riflettere e farci disegnare un percorso nuovo da intraprendere per non gettare un’altra volta una fune sull’abisso. Il sonno della ragione a volte genera mostri. L’orrore di questi giorni è vivo nei nostri occhi, assopito in mezzo a noi. Il coraggio sta nel prenderlo fra le braccia, destarlo e spogliarlo definitivamente di quel vestito osceno che lo rende spaventoso ed inguardabile. Perché in fondo, ogni cambiamento come ogni fuoco che si accende, esile come una fiammella o devastante come un incendio, nasce sempre e comunque da un’umile scintilla.” In conclusione vorremmo sapere la “sfraucatura” delle macerie che fine farà? Vorremmo avere una risposta alle nostre domande. Vorremmo sapere di Archina. Forse, è meglio non sapere.

fonte: IL GOLFO

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