Le verità di Genchi sulla nascita di Forza Italia

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da beppegrillo.it

La fine della Prima Repubblica

“Mi chiamo Gioacchino Genchi,
ho 49 anni, sono il più grande scandalo della storia della Repubblica, fino a un anno fa ero un comune cittadino, un funzionario di Poliziache aveva lavorato per oltre 20 anni nelle più importanti indagini italiane: da Palermo a Milano, da Catanzaro a Catania, da Locri a
Siderno, a Reggio Calabria; nei processi di mafia, di omicidi, di criminalità organizzata, nei processi ai colletti bianchi; il sequestro di Silvia Melis e tante, tante altre indagini, prima che scoppiasse il cosiddetto “Caso Genchi”.
Si tratta di una delle più grandi pantomime di questo sistema, con la
quale si è cercato di bloccare un’indagine, quella del Pubblico
Ministero di Catanzaro Luigi De Magistris, ma non
solo, si è impedito a dei magistrati di fare le indagini sul conto di
altri magistrati e poi, alla fine, si è cercato di far fuori me. Si è
cercato di impedire che io potessi continuare a dare il contributo che
stavo dando a tanti magistrati da Palermo a Caltanissetta, a Catania, a
Catanzaro, a Roma e a Milano, in indagini importanti. Tutto ciò per
impedire che questo lavoro, iniziato con Giovanni Falcone
e proseguito, purtroppo, ahimè con le indagini sulla strage di Capaci,
in cui Falcone era stato ucciso e poi con la strage di Via d’Amelio,
potesse portare una volta per tutte a individuare i mandanti reali di
quelle stragi e, probabilmente, gli esecutori che, assai probabilmente,
sono molto diversi da quelli che sono stati individuati finora.
Sono
sulla riva del fiume e sto vedendo sostanzialmente passare il cadavere
del mio nemico. Perché le cose che avevo detto e scritto diciassette
anni fa si stanno avverando. 17 anni fa non condivisi le scelte
investigative che portarono alla chiusura posticcia delle indagini
sulla strage di Via d’Amelio con il pentito Scarantino. Ho assunto
delle posizioni durissime, ho messo nero su bianco quale era il mio
punto di vista sui mandanti morali di quelle stragi e anche sugli
esecutori. Adesso i fatti mi stanno dando ragione.
Le indagini che furono fatte nel ’94, ’95, ’96 e 97 a Palermo nelle indagini di mafia su Dell’Utri, su Berlusconi,
sulla nascita della Fininvest ci hanno portato a acquisire elementi
incontrovertibili su quello che è accaduto in Italia nei primi anni
’90, sulla fine della Prima Repubblica e su come la
classe politica ha creato quei nuovi equilibri, quei nuovi leaders,
quei nuovi partiti, o meglio quel nuovo partito che doveva consentire
di fare sì che, secondo un detto autorevolissimo di Tomasi di Lampedusa
ne “Il Gattopardo”,
se vogliamo che tutto resti come è ogni cosa deve cambiare. C’era la
necessità di cambiare tutto, perché i partiti tradizionali della Prima
Repubblica si erano resi impresentabili, erano sotto l’occhio del
ciclone non solo di mani pulite per le inchieste giudiziarie, per gli
arresti che ogni giorno vedevano decapitare e rinchiudere in carcere
leader politici appartenenti al mondo imprenditoriale che quella
politica aveva foraggiato. No, perché la gente, il popolo iniziava a
ribellarsi a quella classe politica e quindi c’era una progressiva
erosione della fiducia, una delegittimazione di quella classe politica
e a questa delegittimazione, che nasceva da Mani Pulite, si è aggiunta un’ulteriore forte delegittimazione da parte della mafia, di quella mafia che aveva appoggiato un partito come Democrazia Cristiana, che fin dal 1987 inizia a portare il conto alla Democrazia Cristiana.

L’ala stragista di Cosa Nostra e Forza Italia

La
Seconda Repubblica nasce nel momento in cui, nelle ceneri della Prima
Repubblica, questi referenti di Cosa Nostra iniziano a cercare nuovi
uomini, iniziano a cercare tra i rottami, tra le macerie di quella
Prima Repubblica che si era consumata, quei soggetti che, anche per
pregresse conoscenze nel campo imprenditoriale, come probabile
investimento di risorse economiche e finanziarie della mafia, avevano
dato un certo affidamento. Lì il mio lavoro fornisce e ha fornito ai
processi e ne fornirà dei risultati che ritengo i più importanti in
assoluto sotto il profilo dell’oggettività, della dimostrazione della
genesi della nascita mafiosa del partito di Forza Italia, di come dei
soggetti appartenenti a Cosa Nostra, appartenenti all’ala stragista di Cosa Nostra,
che certamente ha consumato le stragi del 1993, agiscano in perfetta
sintonia con le fasi prodromiche e organizzative del partito di Forza
Italia a Palermo e in tutta Italia. Viene varato un primo tentativo di
creazione di una lega siciliana, Sicilia Libera
e, proprio dalla ricostruzione dei dati di traffico telefonici, si è
potuto accertare con certezza processuale che uomini di Costa Nostra
direttamente collegati a Leoluca Bagarella, il più
sanguinario tra i criminali di mafia che siano mai esisti nella storia
della mafia da quando esiste la mafia in Sicilia, proprio il gregario
di Leoluca Bagarella era in contatto con esponenti romani appartenenti
alla massoneria, collegati alla P2, con i quali si sono fatte delle
riunioni a Palermo e in Sicilia in date ben precise, tra Palermo e
Catania e ci sono dei contatti telefonici con questi soggetti e,
immediatamente dopo, a stretto giro questi soggetti hanno chiamato
direttamente a casa di Silvio Berlusconi. Ma non finisce qua, perché
quando il progetto separatista o il progetto del partito Sicilia
Libera, che nasceva un po’ come clonazione di quelli che erano stati il
successo e l’esplosione della Lega, che prende lo spazio della
frantumazione, dell’annientamento dei partiti tradizionali al nord,
quando questo progetto viene abortito, viene abortito nel nome della
costituzione di un partito unico che, da associazione nazionale Forza
Italia, diventa partito Forza Italia con la creazione dei club di Forza
Italia. E lì ci sono delle date che sono indimenticabili, che sono
certe: la data con cui nasce il partito di Forza Italia e la data in
cui si organizzano i primi clubs a Palermo e si tengono le prime
riunioni, una delle quali viene tenuta, non a caso, all’Hotel San Paolo di Palermo: l’Hotel San Paolo, costruito dai costruttori Ienna per conto della mafia, per conto dei Graviano,
un Hotel San Paolo nel quale i Graviano pensavano di allocare,
all’ultimo piano, nell’attico di un grattacielo per le altezze dei
palazzi di Palermo l’appartamento giardino della loro madre, dei loro
genitori. In quell’albergo si tiene la prima riunione a cui partecipano
gli esponenti mafiosi di Brancaccio e gli esponenti mafiosi di Misilmeri: uno di questi, che è stato sentito nel 1994, si chiama Lalia.
Lalia conferma che il club Forza Italia di Braccaccio e quello di
Misilmeri sono stati creati a febbraio. Noi vedremo poi dal traffico
telefonico che la sezione di Forza Italia, il club Forza Italia di
Palermo viene attivato in Via Sciuti appena a marzo, quindi nasce prima
quello di febbraio e poi quello di marzo. Ho effettuato la
ricostruzione del traffico telefonico di Lalia in un’indagine di mafia,
un indagine di omicidio a Misilmeri, l’indagine dove viene trovato il
bunker con i lanciamissili con i quali doveva essere fatto l’ulteriore
attentato a Caselli, da quegli uomini che poi vengono fatti uccidere
tutti da Bernardo Provenzano. Nel telefono di La Lia ci sono i contatti
telefonici con Pietro Benigno, condannato all’ergastolo per le stragi di Firenze, ci sono i contatti telefonici con Spatuzza,
con lo stesso cellulare con cui Spatuzza, come ho accertato nel 1992,
si sentiva e utilizzava il giorno 23 maggio della strage di Capaci e il
19 luglio 1992, la strage di Via d’Amelio.
Partendo da quei contatti
telefonici, si ricostruisce la catena dei rapporti del cellulare di
Lalia, che è uno dei tanti soggetti che si sentono con parlamentari di
Forza Italia, persone che diventeranno senatori, persone che
diventeranno deputati regionali, persone che diventeranno esponenti
locali del partito di Forza Italia e le chiamate sono perfettamente
sequenziali: prima Lalia chiama queste persone, queste persone
immediatamente dopo chiamano a casa di Silvio Berlusconi.
Tutto si può pensare, ma i numeri telefonici, i contatti telefonici non sono opinioni, sono dati oggettivi.” Gioacchino Genchi

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