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Procida: Restauro congrega dei Turchini

congregadi Giacomo Retaggio

Se passi, specie di sera, davanti alla congrega dei Turchini e spingi lo sguardo oltre il colonnato neoclassico attraverso la grande porta, spalancata come ad accogliere una grande folla, scorgi nella penombra della chiesa un’ unica zona  intensamente luminosa, il tabernacolo con il Santissimo, quasi un punto di convergenza delle immaginarie linee prospettiche di tutta la struttura. Una voce di dentro ti spinge ad entrare. Ed entri. Ma non avverti il profumo dell’incenso, bensì l’odore tipico e dolciastro di colla, solventi e coloranti vari che dalla sagrestia invade tutta la chiesa e attraverso la porta si dilegua verso l’esterno. Ti affacci per dare un’occhiata e ti trovi davanti un gruppo di giovani guidati da un signore esperto e maturo chini a lavorare su una grande tela raffigurante una splendida Madonna che si libra su un nugolo di angeli. Il priore, Gabriele Scotto di Perta, spiega che si tratta della Madonna della Purità (o delle Peregrinanti), un tempo situato nella chiesetta del Conservatorio delle orfane a Terra Murata. E’ un grande quadro di tre metri per due, di fattura ottocentesca, che la fuliggine del tempo e l’incuria avevano ridotto ad una informe macchia scura. Dopo una paziente opera di restauro sono venuti fuori i colori originali e le bellissime figure prima solo intuite. E continua: strana la storia e strano il destino di questa tela. Quando le Suore di Ivrea lasciarono la sede di Terra Murata per trasferirsi a via Mozzo si accorsero che le dimensioni del quadro non si adattavano alle misure della nuova cappella per cui fu sistemato in uno scantinato ove è rimasto per una ventina d’anni. Dopo l’andata via definitiva da Procida delle Suore di Ivrea tutte le suppellettili religiose, per decisione del Vicario episcopale, mons. Antinucci e del decano don Michele Ambrosino, furono affidate alla Congrega dei Turchini. La proprietà del quadro, però, è del comune di Procida (in quanto un bene ex-E.C.A.) che lo ha dato in “comodato” alla Congrega a condizione che fosse restaurato. Il restauro è stato effettuato, senza spostare la tela da Procida, dall’”Istituto d’arte di San Leucio” (CE) ad opera dei professori Massimiliano Mirabella ed Antony Palumbo. Ti soffermi ad  osservare questi giovani restauratori al lavoro. Uno di loro passa e ripassa sulla tela un pesantissimo e caldissimo ferro da stiro, come una donna di casa con una camicia da stirare, e risponde divertito alla tua espressione interrogativa: serve per appianare le arricciature del dipinto. Un altro sparge della vernice e cancella dei fori. Un altro ancora prepara delle merende di pane e salame. C’è un’atmosfera goliardica e cordiale. Il priore sorride sornione e aggiunge: “Faremo restaurare anche il quadro di S. Tommaso sull’altare maggiore e la grande tela dell’Immacolata sulla parete di sinistra. Quest’ultimo è un quadro particolare perché raffigura la Madonna incinta”. “Come?- fai tu- La Madonna incinta?” “Si, proprio così!- risponde il priore- E’una delle poche rappresentazioni della Madonna in stato di gravidanza. Ed ai suoi piedi ci sono S. Giuseppe, compatrono della congrega, e S. Ignazio perché i Turchini furono fondati dai Gesuiti”. Sul banco della sacrestia noti un “Cristo alla colonna” di legno, una ottantina di centimetri di altezza, ma un’espressione intensa che ti ricorda il Cristo del Lantriceni e il priore intuisce la tua curiosità: “Si, anche questo è stato restaurato in questo periodo. Era ridotto proprio male ed in più pezzi”.  I  giovani restauratori, data l’ora, sospendono di lavorare e si apprestano a gustare il panino. Tu capisci che adesso devi andare via, ma prima di uscire dalla chiesa, sali fino all’altare dell’Immacolata e ti soffermi a guardare l’immagine. Si, la madonna è veramente incinta! Come hai fatto a non accorgertene prima?

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