Savina Caylyn. I marittimi chiamano a casa: drammatiche testimonianze. Legati e picchiati
da Liberoreporter.it (ore 21,30 del 15 settembre 2011)
Drammatiche telefonate dai marittimi italiani a bordo della Savina Caylyn, questa sera. Tutti hanno chiamato a casa i rispettivi parenti: legati e picchiati a sangue, senza più acqua. Hanno chiamato a casa anche i marinai che erano stati sbarcati dalla nave. La situazione è sempre più drammatica e a oltre sette mesi di distanza dal sequestro, si registra soltanto l’immobilismo delle nostre istituzioni e dell’armatore che fa orecchie da mercante di fronte ad un dramma su cui ancora non sappiamo quando sarà messa la parola fine.
Sono ore tremende per i marittimi della Savina Caylyn e per i parenti a casa che questa sera hanno ricevuto la telefonata dei loro cari da bordo della Savina Caylyn, dopo ben 20 giorni di silenzio dalla nostra ultima chiamata. A turno ognuno dei nostri marittimi della petroliera battente bandiera italiana, sequestrata dall’8 febbraio 2011, hanno chiamato a casa e hanno comunicato tutto il loro malessere e la situazione drammatica che stanno vivendo. Le chiamate sono più o meno dello stesso tipo: sono stati picchiati e legati notte e giorno, oltre a non avere più acqua a bordo. Sono tutti profondamente provati dalla prigionia e lo conferma il filo di voce con il quale i marittimi italiani hanno potuto parlare con i parenti. Molti sono gravemente feriti ed alcuni di loro sono stati picchiati selvaggiamente. I pirati non sentono ragione: bisogna pagare il riscatto per la loro liberazione. Il direttore di macchine Verrecchia, ha una condizione di salute drammatica, la moglie ci ha dichiarato che faticava a parlare e che è stato picchiato almeno 4 volte e metà del suo corpo è in condizione precarie. La voce è un lamento di dolore e Antonio Verrecchia ha potuto anche comunicare alla moglie che li stanno utilizzando come scudi umani legati e pestati sul ponte. Eugenio Bon che non chiamava a casa: dal lontano 20 maggio, giorno in cui i pirati lo hanno fatto sbarcare insieme a Guardascione e Cesaro, ha dimostrato tutta la tragicità della situazione. Eugenio ha 30 anni e la sua voce sembrava venire dall’oltretomba; il padre Adriano ha sentito suo figlio, terribilmente scosso e timoroso per la sua condizione.
Oggi le famiglie avevano avuto un incontro alla Farnesina, che si è concluso sempre e soltanto nel solito modo, ma con una particolarità: dalla Farnesina, chi di dovere, alla richiesta esplicita di sapere se fossero ancora vivi, ha risposto che loro non sanno nulla. Questa scandalosa situazione, rivela, in tutta la sua drammaticità, l’inefficienza non solo del nostro ministero degli esteri, ma del governo intero, impegnato solo e soltanto per le vicende del premier. Nulla infatti si è mosso per i nostri connazionali, che stanno vivendo un incubo che difficilmente potrà essere rimosso e che porterà conseguenze inimmaginabili a lungo andare. Intanto possiamo solo registrare che i pirati hanno concesso perfino a coloro che non si trovavano a bordo, in quanto sbarcati ancora verso la fine di maggio, dopo lo scadere dell’ultimatum, di chiamare i parenti a casa. La situazione è drammatica tanto a bordo, quanto nelle case dei parenti dei marittimi, che ormai sono alla disperazione. Ci si chiede cosa ancora debbano aspettare, sia il Cavaliere Luigi D’Amato, che su questa vicenda non ha avuto nemmeno la cortesia di dichiarare due parole, sia l’intero governo italiano, chiamato a rispondere sull’incolumità dei nostri marinai sequestrati. Una vicenda che vede il nostro paese al pari di paesi del terzo mondo, dove la miseria e l’indifferenza regna sovrana. Una miseria umana, senza pari.
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