Nei prossimi giorni sarà disponibile nelle edicole “Il Brevemondo”, ultima fatica letterario di Rino Scotto di Gregorio, scrittore ma soprattutto uomo impegnato nel sociale con l’associazione Tam Tam Brasile. Il romanzo è una storia breve ma intensa, che si dipana sullo sfondo di una triste realtà sociale, ancora attuale. Colpisce fin dalle prime pagine la caparbietà del padre adottivo, che nonostante i rifiuti ed i comportamenti negativi di William, cerca di educarlo e di condurlo sulla retta via. Attraverso dialoghi e scambi di vedute tra i due, l’uomo a volte riesce a far prevalere il suo punto di vista e le sue opinioni, portando William a pensare come lui, ma la realtà corrotta in cui il ragazzo continua a vivere lo porterà ad una triste fine. In un romanzo riflessivo, che diventa quasi filosofico quando il protagonista s’interroga sul senso della vita e sull’esistenza di Dio, emerge la contrapposizione tra un mondo di valori e uno corrotto, tra il bene ed il male, tra la vita e la morte. Nonostante tutto l’amore sembra prevalere fino alla fine e non solo nell’animo del padre, ma anche di quel figlio adottivo che l’aveva sempre deluso.
“William da Cruz – dice Rino Scotto di Gregorio – è un incontro nel mio viaggio in alto, a sud. Il luogo è un paese sconfinato sgorgato dal mito, lui un ragazzo di strada di traverso sulla mia strada. L’alto ideale atteso alla verifica nel suo dirottamento a sud. Questo il racconto al presente, romanzo vero, di una relazione, naufragata, di mutua solidarietà. Trovato, non cercato, accolto e mai pervenuto, William mette senso alla parola figlio nel rifiuto ostinato della parola padre. Questo è il resoconto svelto di una vita breve, spiccioli di esistenza, di un mondo preso a morsi che nasconde il suo nocciolo. A William è bastata la buccia, un assaggio di polpa, rare gocce di succo.
La tragedia- continua Rino – non sancisce il finale, intreccia la trama, è l’aspetto costante di ciascun giorno di vita condivisa. Qui diamo voce alla tragedia, voce che pesca ricordi amari, canto a due per il rammarico di una vita afferrata a strappi e mai custodita. Seguono brani discorsivi, materia vera del nostro contendere. Poi cronache sorde a ogni sollecitazione di senso, fatti che mischiano sangue e piombo, pensieri acerbi di speranza sbranati al primo accenno di volo, il fermento di mille idee.
A ogni modo trattasi di opera incompiuta: anche nel breve mondo di William, 17 anni sono scarsi.
Lo scroscio intenso e improvviso dell’estate brasiliana i nostri 7 anni insieme. Quel che resta della sua lucida disperazione e del mio irriducibile amore, sono spremuti qui in un dialogo attuale che ancora mi sorprende per un’intelligenza inutile alla felicità, al compito minimo di sopravvivere. Il filo di un telefono il confine ultimo del nostro legame sottile. Io resto appeso, lui ha attaccato. Quello che avevamo da dirci – conclude l’autore – è tutto qui.”
Guglielmo Taliercio