Noi mettiamo fretta a un Governo che si accorge adesso dell’agonia di 22 uomini, e loro domandano “Pazienza”. Dopo sette mesi di assenteismo retribuito. E bene.
Dal Blog di Savina Dolores Massa Ana la Balena.
Chi è credente prega. Non sono certa che, dopo 7 mesi più due giorni, il pregare riesca ad essere pronunciato con fede assoluta. Qualche parola salterà, altre si mormoreranno con voce incerta, Sia fatta la Tua volontà, ad esempio. Io che credente non sono, non prego né Dio né gli uomini. Perché io esigo non concedendo, Sia fatta la Tua volontà, a nessuno. Non prego chi ha nelle mani, a questo punto, il collo dei prigionieri sulla Savina Caylyn. I sequestratori hanno minacciato la decapitazione degli uomini se entro pochi giorni non verrà pagato il riscatto. Come avverrà, uno per volta? Tutti assieme? Ci mostreranno le tragiche immagini ai TG, a quel punto, e tutti i media ne parleranno, e tutte le casalinghe piangeranno, e tutti tutti tutti coloro che li avevano conosciuti diranno, Erano così solari…, Salutavano sempre, Brave persone, Lavoratori, etc. Così funziona l’Italia: spettacolarizzare l’orrore, così che gli italiani possano vivere il brivido d’eccitazione mentre di fronte alla tv aggiungono un po’ d’olio all’insalata. O il sale. Avete fatto caso che in molte storie cupe di omicidi scompaiono i cognomi dei protagonisti? Il meccanismo di ciò è chiarissimo: un cognome rende estranea la persona. Più facile accogliere in casa “Melania” “Sara” “Sabrina” “Meredith” “Amanda”. Per i maschi difficilmente si compie questa operazione, infatti c’è “Salvatore Parolisi”, c’è “Alessandro Recupero”, c’è “Salvatore Misseri”, per citare un po’ di carne fresca.
Chi adesso si sta sciupando la vita in difesa dei marittimi, marittimi? no, uomini, uomini? no, sagome d’ossa impregnate di urina e escrementi, sa che per ATTIRARE L’ATTENZIONE degli annoiati italiani, vanno studiate tecniche di comunicazione mirate. I cognomi dei marittimi, lasciatemeli chiamare ancora così, stanno scomparendo. Ora arrivano solo: Antonio, Enzo, Gian Maria, Giuseppe, Eugenio. Degli indiani i nomi (e anche i cognomi) li vorrei riportare, ma non li conosco. Stanno iniziando a circolare anche le foto dei loro volti, così che l’indifferente italiano possa “conoscerli” meglio, e impietosirsi meglio, tra l’insalata e la bistecca. Serve questo, adesso, lo spettacolo, per giungere alle coscienze, se esistono ancora. È disgustoso arrivare a tanto, ma non ci sono altre soluzioni. Io stessa mi piego, mi adeguo, perché non dovrebbero essere un nome o un volto a creare interesse. Mi adeguo domandando scusa a me stessa per prima, e a tutti coloro che quei volti, quei nomi li amano profondamente e avrebbero preferito conservarli nel cassetto principale del proprio cuore. Dove non dovrebbe frugare nessuno. Ma mettiamo che l’operazione “come amici di famiglia” funzioni. Mettiamo che ogni cittadino italiano da domani sappia che da 212 giorni 22 uomini su nave di nazionalità italiana stanno vivendo un incubo non differente da quello che anni fa visse il famoso Alfredino, disgraziato bimbo che tenne incollati alle dirette televisive tutti gli abitanti del Paese. Spettacolo!, e comunque, mettiamo che gli italiani si affezionino a questi vagabondi del mare. Che cosa mai potrà capitare? Il marito che torna a casa dal lavoro per il pranzo domanderà alla propria moglie, Si sa qualcosa di Enzo, Gian Maria, Antonio, Eugenio, Giuseppe?, e lei, Ancora niente…, e lui, Poveri Cristi, che cosa hai preparato da mangiare?, oppure questa moglie che il pomeriggio si reca dalla parrucchiera, Cesira, si sa qualcosa di Enzo, Gian Maria, Antonio, Eugenio, Giuseppe?, e lei, Ancora niente…, e lei, Poveri Cristi, oggi voglio cambiare tinta, che mi consigli? Queste sono due possibilità di comportamenti. Ma ne potrebbe esistere un terzo: gli italiani incazzati tutti insieme, a PRETENDERE la salvezza di 22 vite uguali alle proprie. Capirle uguali alle proprie, queste vite, significherebbe essere tornati umani. Vittorio Arrigoni, ammazzato in Palestina, lo ripeteva sempre, RESTIAMO UMANI. Cittadino italiano, giornalista libero, volontario tra gli ultimi, ammazzato e dimenticato dallo Stato in venti minuti tondi.
Ma dicevo, Mettiamo che gli italiani si incazzino davvero, decidendo di non lasciare soli i Comitati “Liberi Subito” sorti spontaneamente a Trieste, a Gaeta, a Piano di Sorrento, a Procida. Contro chi si dovranno incazzare? Con i pirati di un Paese, la Somalia, dove non si comprende se esiste un Governo, o una polizia, o chissà quale rappresentante della legge? Di Somalia sappiamo soltanto che la carestia sta decimando migliaia di persone nella cecità mondiale. Nessuno sano di mente può incazzarsi con i somali. E dunque dunque. Il riscatto va pagato dall’armatore della petroliera sequestrata che, non amando la pubblicità sulla sua persona, è scomparso chissà dove e manda a dire, Posso spendere solamente qualche spicciolo, E il resto?, gli si domanda. Risponde, Il resto spetta allo Stato, così come ha sempre fatto per liberare cittadini italiani in difficoltà all’estero.
Come dargli torto? A pagare il riscatto richiesto, l’armatore fallirebbe per questa vita e per tutte le sue prossime a venire. Mica è scemo.
Lo Stato. Lo Stato, nelle persone di Fini e di Letta ha scoperto la “faccenda” Savina esattamente tre giorni fa, quando Mille persone sono andate a Roma a raccontargliela. Mentivano ignoranza, sia chiaro, per proteggersi nome, cognome, volto e genitali. Lo Stato è anche quei quattro o cinque parlamentari sconosciuti, coraggiosi ma un poco in ritardo, che circa una settimana fa hanno azzardato una interrogazione al Parlamento. A interrogazioni di questo tipo si risponde dopo mesi. Tanto c’è tempo, per i prigionieri, vero? Lo Stato è anche tutta quella stampa che di Stato campa e come l’armatore non ama immaginarsi in fallimento, quindi tace, complice di un assassinio annunciato.
L’abbiamo compreso che nessuno vuole entrarci, in questo pasticcio. Resteranno soli gli uomini e le donne che ancora aspettano i ritorni a casa. È gente sfinita di parlare ai venti. Rauca. Eppure anche un semplice labiale resiste e si batte contro questa vergogna nazionale. A questo punto esprimo un desiderio, non di sconfitta, ma di inizio, come se gli uomini fossero stati imprigionati adesso. Vorrei che in ogni porto d’Italia una nave, vecchia, abbandonata, divenisse il simbolo, il monumento della Savina Caylyn, che simulasse l’orrore, il dolore, l’abbandono. “La nave dei folli”. Si dovrà pur raccontare in qualche modo l’indifferenza collettiva, e l’omicidio di Stato. Per ora tentato omicidio. Chi vi condannerebbe, a voi?
Savina Dolores Massa (10 settembre 2011)