Sarà pur vero che, a partire dagli anni ‘80, il turismo è diventato una voce importante per l’economia dell’isola di Graziella ma, negare che la professione di marittimo costituisce ancora il nocciolo duro della forza lavoro e fonte primaria della ricchezza isolana sarebbe come voler dimostrare che l’acqua del mare invece di essere salata è diventata improvvisamente dolce.
Per questo motivo raccogliamo con preoccupazione le considerazioni espresse dall’Ammiraglio Nicola Silenti, che ha frequentato l’Istituto Nautico “F. Caracciolo” di Procida, coordinatore per la città di Cagliari del Collegio Nazionale Capitani di Lungo Corso e Macchine, sul futuro dei marittimi ed in particolare degli allievi che trovano in serie difficoltà a trovare imbarco.
“La richiesta di tutte le associazioni di categoria per favorire l’imbarco degli allievi – dice Silenti – sarebbe quella di abolire la “Tonnage Tax” per le navi oltre un certo tonnellaggio e imbarcare un allievo per categoria allineando il trattamento economico con quello di “Apprendista” ed abbassando considerevolmente il cuneo fiscale che ridurrebbe notevolmente l’onere dell’armatore. Inoltre si potrebbe studiare un contratto che vincoli l’allievo all’amatore per evitare la fuga dopo il primo imbarco. Oggi – continua Silenti – si fa un gran parlare di formazione e opportunità di lavoro ma, nel caso degli allievi ufficiali, assistiamo ad un’inquietante contraddizione: coloro che escono dagli Istituti Nautici sono pronti a entrare nel mondo del lavoro, tuttavia esiste uno sbarramento che impedisce loro l’imbarco. Dunque investiamo per formare i nostri ragazzi e poi non gli consentiamo di mettere a frutto la loro preparazione? E’ proprio così, ed è la stessa Legge italiana ad avere i presupposti di una incompatibilità che rischia di fare scomparire un’intera categoria di professionisti dal nostro Paese. Le navi battenti bandiera italiana, che dovrebbero accogliere almeno un allievo per ogni unità iscritta al registro internazionale, non osservano tale obbligo, salvo rare e virtuose eccezioni. Il nostro Paese – sottolinea l’ammiraglio Silenti – sta vivendo una grave crisi economica e politica, con crescita di disoccupazione e conseguente povertà che coinvolge un terzo delle famiglie; in questo scenario si inserisce la crisi occupazionale che ha investito il settore marittimo italiano ma nessuno ne parla perché i marittimi sono una piccola forza lavoro, senza peso politico ed il governo rimane assente su questa materia pur in presenza di migliaia di posti di lavoro coperti però con marittimi extracomunitari. A queste si aggiungono anche altri problemi nei quali si imbattono i marittimi che lavorano per il diporto e che andrebbero argomentati più dettagliatamente: Difficoltà nell’accesso ai certificati del diporto; Criticità nella progressione in carriera; Difficoltà nel rinnovo delle certificazioni IMO mercantili; Difficoltà nell’accesso ad alcuni corsi obbligatori; Disparità nel trattamento degli Ufficiali italiani rispetto ad altre nazionalità.
Ritengo che non si possa rimanere indifferenti di fronte a quanto sta accadendo nonché alla mancanza di iniziative per sbloccare la situazione. Il mondo marittimo è profondamente cambiato; la scuola nautica si deve adattare a questo mutato scenario, rivedendo la normativa riguardante la formazione professionale. Nel contempo si potrebbe incominciare da piccoli dettagli tipo la prova scritta e orale dell’inglese tecnico prevista dal decreto 17.12.2007 che dovrebbe essere estrapolata dal contesto generale dell’esame e che, se superata, non essere ripetuta in un successivo esame.
Il Collegio Nazionale – conclude Nicola Silenti – porta avanti tutte quelle iniziative necessarie per la tutela degli interessi del personale marittimo con occhio particolare all’importanza di una adeguata formazione scaturita dai grandi cambiamenti intervenuti negli ultimi anni nel mondo dello “shipping” con la consapevolezza di un rilancio delle professioni e delle vocazioni marittime nel nostro Paese.”