Procida: Filosofia tra crisi e speranza (3)

(foto di Giuseppina De Rienzo)

di Michele Romano

Nel momento in cui si parte, consapevoli della propria imperfezione, la filosofia non prevede ciò che lo aspetta nel viaggio alla ricerca della verità ma, al tempo stesso, presuppone un metodo nel viaggio, una linea guida nel navigare che possa coniugare lo sforzo di trovare soluzioni con gli enigmi che si incrociano sulla strada e quotidianamente nella vita.

L’enigma, per eccellenza, che pone il metodo socratico è quello del “conosci te stesso”. Cosa ha di nascosto, di sfuggente tale forma di conoscenza se non il fatto che il conoscente e il conosciuto coincidono per ciascuno di noi e non può vedere il proprio volto se non in uno specchio. Così la mente filosofica è incessantemente vigile a domandarsi se le persona incarnata in se stessa è totalmente quella proiettata nello specchio o rappresenta una maschera che viene indossata di volta in volta. Da questi interrogativi, frutto di incertezza e irrequietezza, sorge l’invito filosofico alla metafora della navigazione in cui si perde la dimensione del cammino sulla terra sotto i piedi e si accetta la sfida del mistero, dell’ignoto marino, per cui la ricerca pone al centro della sua essenza il tema della sfida, dell’esercizio della conoscenza di sé, del tentativo di immergersi in profondità senza essere sopraffatto dalla paura o dal delirio.

Così il conosci te stesso delinea del tutto il proprio stare nel mondo, per cui il percorso filosofico non consente di stabilire ciò che si è con superficialità anzi ci si mette in gioco nell’ambito di tale conoscenza.

Così il senso del navigare costituisce la consapevolezza che da un momento a un altro si può cadere in errore che ci spinge verso un rovinoso naufragio rammentando ai filosofi di ogni stagione di non possedere strutture stabili ma di utilizzare, quasi sempre, esclusivamente, zattere, perché l’elemento di precarietà insito nel “fare filosofia” indirizza ad una ricerca incessante, continua, testarda, inesauribile, tesa ad esprimersi fino all’ultimo tratto di mare in cui si trova l’estrema possibilità di navigare. Ciò è dovuto al fatto che serve tutto il tempo a disposizione, non sicuramente per riempire o reperire informazioni, ma per dare un senso, un significato pregnante al divenire della vita.

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2 commenti

  1. grazie sublime giuseppina che hai a cuore la mia immagine

  2. Caro Michele, nel tuo scritto hai espresso molto bene lo stato di precarietà di questo nostro tempo con parole che evocano immagini molto suggestive ; la zattera e come l’anima che fluttua nel mare inquieto e dolce della vita di colui e colei che cercano il senso, non senso dell’imperfezione umana.
    A presto risentirci!

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