Sono ben quattro i lavoratori del mare dell’isola di Procida sequestrati da mesi dai pirati somali assieme a tanti altri connazionali e non. Si tratta di Ambrosino Vincenzo e Odoaldo Gennaro in mano agli ostaggi sulla “Rosalia D’Amato” dal 21 aprile 2011 e di Giuseppe Lubrano Lavadera ed Enzo Guardascione presi in ostaggio l’8 febbraio 2011 sulla nave “Savina Caylyn”. Procida è la piccola e graziosa Isola del Golfo di Napoli il cui popolo laborioso è formato per lo più da marittimi, da pescatori, da umile gente di mare. Le case che in modo particolare affacciano sul porto di Marina Grande e su quello della Corricella, si contraddistinguono perché dipinte ognuna di un colore diverso, colori diversi che permettono ai pescatori, mentre durante le ore notturne sono in mezzo al mare per guadagnarsi da vivere, di distinguere la propria casa e sentirsi, così, nel cuore della notte, più vicini ai propri cari, alle proprie mogli e ai propri figli. Quello appena raccontato potrebbe sembrare un dettaglio più o meno trascurabile e invece rappresenta un preambolo fondamentale per far capire a chi non conosce i procidani, di quanta umanità ci sia nei residenti dell’isola di Graziella che tra l’altro ha pure rappresentato l’ultimo set cinematografico di Massimo Troisi che qui ha girato Il Postino. La cosa che fa più rabbia è che i quattro procidani sono tenuti in ostaggio ormai da mesi lungo le coste somale e, nonostante questo, a livello diplomatico la situazione continua a sembrare in standby. In molti, e come dargli torto, sono convinti che se si fosse trattato di ostaggi appartenenti all’elite della società italiana e se ad essere rapiti fossero stati dei diplomatici, dei politici o dei semplici protagonisti della grande finanza, la politica e le Istituzioni italiane avrebbero tenuta quotidianamente alta la tensione e i mass-media ci avrebbero costantemente bombardati di notizie in merito per sensibilizzare l’opinione pubblica e per spingere chi di dovere ad adoperarsi per trovare una soluzione. Invece, trattandosi di umili e laboriosi lavoratori, tutti sembrano essersene dimenticati anche grazie all’incapacità di far valere gli interessi della collettività procidana da parte dei rappresentanti politici locali eletti in seno alle più importanti Istituzioni del nostro Paese: assurdo! Sul sequestro di queste navi non si sa più nulla da tempo e questo perché il governo Berlusconi, nel mentre a voce alta e roboante cerca di approvare leggi che nel tempo da un lato appagheranno gli interessi dei potentati della Casta e dall’altro penalizzeranno terribilmente un intero popolo, ha imposto una sorta di ‘black out’ nelle informazioni che seppur con discontinuità, continuano fortunatamente a giungere in Italia. Ma come è possibile continuare a rimanere impassibili dinanzi a questo dramma nonostante il grido di dolore che si leva dai lontani mari della Somalia da dove il Capitano Giuseppe Lubrano Lavadera, in un recente audio diffuso dal sito LiberoReporter, fa chiaramente intendere che sono allo strenuo delle forze e che bisogna attivare i canali diplomatici necessari affinché possano salvarsi. Intanto, dopo la fiaccolata dei giorni scorsi, la popolazione di Procida stamattina è scesa compatta e combattiva in piazza per chiedere l’immediata liberazione dei propri concittadini. Per la cronaca, riteniamo sia giusto ricordare l’altro dramma abbattutosi nei mesi scorsi sul popolo di Procida. Quello degli abbattimenti delle prime case di necessità il quale, così come avvenuto per il rapimento dei marittimi in Somalia, ha colpito la povera gente di questa graziosa Isola e, ironia della sorte, ad andare giù sono state proprio le case di due instancabili lavoratori del mare. Quella di Nonno Nicola e di Papà Vincenzo. Una vita, la loro, fatta di duri e inenarrabili sacrifici sull’acqua salata, lontani dagli affetti e dalla famiglia. Sacrifici e privazioni di vita premiate con l’abbattimento della loro unica abitazione per cui avevano pagato pure l’esoso condono: da non credere! E abbiamo ancora scolpite nella nostra mente le immagini delle Forze dell’Ordine che in quei giorni tristi sbarcavano numerose a Procida per consentire la demolizione delle case di umili cittadini a dimostrazione che lo Stato, quando vuole, sa essere presente e risolutivo. Cosa che da mesi e sino a questo momento non ha dimostrato di aver saputo fare in Somalia. Perché, probabilmente, se le Istituzioni del nostro Paese avessero utilizzato lo stesso decisionismo e avuto la stessa volontà nella vicenda dei sequestri della navi italiane in Somalia, probabilmente Enzo, Giuseppe, Gennaro e Vincenzo già avrebbero fatto ritorno a casa. E invece sono ancora li a temere per la loro vita: che vergogna! Naturalmente, nell’esprimere la piena e sincera solidarietà alle famiglie coinvolte in questo dramma, vogliamo augurarci veramente di cuore che quanto prima i marittimi sequestrati possano far ritorno a casa e poter riabbracciare, così, i propri cari.
*Direttore di PCIML-TV