Soffiando su quella prima “ecclesia” le ha trasmesso la sua forza di amore, come per impregnare con essa tutti gli uomini. E forse è questo soffio che ancora permette a molti di credere e di costruire strutture di amore.
Novantaduesimo appuntamento, con la rubrica dedicata al commento al vangelo di domenica 15 aprile 2012. Il vangelo di oggi è di Gv 20,19-31. Vi proponiamo anche il video di p. Alberto Maggi con la relativa trascrizione. Inoltre potete leggere una riflessione di Stella Ugazzi.
Buona settimana![youtube uwQRr51ub3s]
Anche oggi la riflessione si correda della riflessione di don Lello Ponticelli ed è una riflessioen che cade in un momento particolare, perchè 25 anni fà venne ordinato sacerdote.[youtube o0Y5s2aK7Bo]
Un Dio che si fa riconoscere
di Stella Ugazzi
Gv 20,19-31
Riesce sempre a stupirmi questa pagina di Giovanni. Mi stupisce, ma mi rassicura. Tommaso è uno di noi: perché dovremmo credere che un uomo che è morto (e Tommaso lo ha visto morire) sia di nuovo vivo? Perché avrebbe dovuto gioire con gli altri? Chi era veramente colui che gli altri dicevano di aver visto? A quale idea di “Signore” Tommaso doveva credere?
In una sua poesia p. Turoldo dice: «Tu sai, Tommaso, il dramma degli atei».
A quale Dio ci è chiesto di credere? Chi è questo Dio che ha voluto (o così ci è stato fatto credere) la morte di suo figlio?
Leggo “Il Vangelo secondo Gesù Cristo” di Josè Saramago e il Dio proposto è un Dio assetato di potere: assomiglia molto alla Chiesa gerarchica che da Costantino in poi si è definita cattolica, cioè universale, che ha conquistato nel sangue il suo predominio su altre religioni, sulla libertà stessa dell’essere umano di credere o meno.
Di fronte a Tommaso che dubita, Gesù non si “scompone”, anzi sembra capire gli interrogativi di Tommaso, si rende disponibile a lasciarsi toccare nella sua verità più profonda, nel suo dolore di uomo torturato e martirizzato. Si offre a lui ancora una volta nella sua totale umanità ferita. Non è un dio glorioso, un dio vincitore quello che si offre a Tommaso, come siamo abituati a vedere in tante riproduzioni del Cristo risorto. No, questo è il Gesù che Tommaso ha conosciuto fino a pochi giorni prima. È il Gesù, uomo buono, che gli aveva insegnato a rivolgersi a Dio come a un padre. È il Gesù che pur temendo la morte, l’ha accettata perché non poteva rinunciare a essere quello che è: annunciatore di un mondo di pace, di amore, di giustizia.
Di fronte a questa immagine coerente con l’amico di sempre, Tommaso lo riconosce. Non riconosce un dio vittorioso, conosce l’uomo che ha visto catturare e condannare a morte, che ancora una volta riversa su di loro il suo amore.
L’uomo Gesù, non so se trasfigurato, non so se somigliante a quello che ha subito il martirio, è la persona di sempre. Forse le sembianze fisiche potranno essere cambiate ma la persona è la stessa. È ancora l’uomo che annuncia la pace, che viene a portare la pace.
E i presenti gioiscono al vederlo, perché alla sua presenza si associa la gioia, la pace profonda del cuore. Quest’uomo ancora una volta desidera la gioia sia per quelli che ha conosciuto, sia per tutti coloro che non conosce.
Ma non chiede a nessuno di aderire al suo progetto di pace e di amore. Non è un re, che vuole imporre un suo regno, sia pure buono.
«A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati»: questa frase ci è stata trasmessa nel tempo come una condanna. Sembra risuonare potere, ma nessun uomo può avere potere su un altro uomo. Gesù offre un regno di amore, offre la gioia del cuore, offre un regno di relazioni positive, ma sa che non tutti gli esseri umani accetteranno questo tipo di vita e di questo avverte i suoi amici. A loro è chiesto di essere luce, come Tommaso che nel riconoscere Gesù si illumina. Sì, credo che se qualcuno in quella stanza possa essere pensato avvolto di luce, questo sia proprio Tommaso, perché scoprire la sorgente dell’Amore: vederla, toccarla, assaporarla, non può non far rinascere in ognuno di noi, come in Tommaso, una persona nuova.
Chi vuole potrà aderire al suo progetto senza costrizioni. Forse lui per primo sa che non è facile costruire strutture di pace, relazioni di amore. È vero, soffiando su quella prima “ecclesia” le ha trasmesso la sua forza di amore, come per impregnare con essa tutti gli uomini. Un soffio divino che da allora è calato dentro ogni essere umano.
E forse è questo soffio che ancora permette a molti di credere e di costruire strutture di amore.
Stella Ugazzi
*Partecipa al ’68 e al periodo post conciliare, formandosi sui testi di Theilard de Chardin, Merton, Mazzolari, Balducci, Milani, Boff, Cardenal, Illich. Per circa 20 anni ha insegnato nella scuola primaria. Attualmente vive a Livorno, dove coordina un doposcuola per i bambini delle scuole elementare e media appoggiate alla parrocchia S. Pio X.