Cosa sono le nostre eucarestie domenicali? Incontri per tranquillizzare la nostra coscienza? Un modo di addormentarla? Abbiamo fatto della comunione una droga per fuggire da questo mondo o un luogo di incontro, amore e speranza?” M. Lamet gesuita
….Un abbraccio e buona domenica. Lina Scotto
[youtube Pwhyjjv7WeY]Quarantaquattresimo appuntamento, con la rubrica dedicata ai commenti al vangelo. Eccovi il commento al vangelo di Mt 14,13-21 , di questa domenica 31 luglio 2011, attraverso il video di p. Alberto Maggi con relativa trascrizione da scaricare, e una riflessione di Pedro Miguel Lamet gesuita. Da questa settimana arricchiamo la riflessione con il commento video(che trovate di seguito) di Don Lello Ponticelli con le “Prediche senza pulpito” dal sito dell’oratorio Don Salvatore Massa.
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XVIII TEMPO ORDINARIO – 31 luglio 2011
TUTTI MANGIARONO E FURONO SAZIATI – Commento al Vangelo di p. Alberto Maggi OSM
Mt 14,13-21
In quel tempo, avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte.
Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati. Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che
vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui».
E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.
La festa dell’abbondanza – di Pedro Miguel Lamet
31 luglio Mt 14,13-21
La fame, la sete e l’incultura sono i tre chiodi con cui il mondo opulento e globalizzato oggi ha crocefisso l’emisfero della povertà. La solitudine, l’egoismo e la paura sono i tre chiodi che immobilizzano l’emisfero dello “benessere”, che soffre un’altra forma di fame e sete.
Il testo di Isaia promette acqua, latte e grano a un Israele che aveva fallito nella solidarietà e nel progetto di uguaglianza; annuncia una epoca di distribuzione equa e giusta dei beni della creazione, come inizio di una nuova alleanza. E in modo gratuito: «Anche voi che non avete denaro, venite a comprare grano, mangiate semza pagare, vino e latte in quantità».
La sequenza del Vangelo, come in un film, offre innanzitutto “campi lunghi”, moltitudini sull’erba attratte da Gesù. Primo piano del Maestro che lascia la barca dove si era appartato per stare solo, scende sulla spiaggia, sente compassione e cura gli infermi.
Dopo, all’imbrunire, i volti preoccupati dei discepoli. Le masse sono stanche dopo un intero giorno e non hanno da mangiare. Logico sarebbe mandarli nei villaggi vicini per acquistare del cibo. Ma Gesù rompe la logica e la “sensatezza”. Dice loro: “Dategli voi da mangiare”. Chiede ai discepoli di agire. Chiede ai suoi seguaci che siano loro stessi ad offrirsi come canali della solidarietà fra il popolo, offrendo quello che sono e tutto (poco) quello che hanno. Allora la razione di tre persone, cinque pani e due pesci, diventa l’incentivo perché tutti contribuiscano, a partire dalla loro povertà, ad alimentare tutto il popolo di Dio, che è quanto simbolizzano i dodici canestri. Nell’intenzione dell’evangelista, Gesù dimostra in questo modo che il problema non è la carenza di risorse, ma la mancanza di solidarietà.
Dalle mani di Gesù sorge il miracolo dell’abbondanza, la nuova manna (Eliseo in 2 Re 4, 42-44), l’anticipo del banchetto eucaristico, l’allegria della festa, del convito, del condividere seduti nel campo. Leva gli occhi al cielo e distribuisce.
Il regno di Gesù ha per noi due momenti. Condividere quello che abbiamo, poco o molto. Farlo con allegria, non con la tristezza dei vedovi che mangiano con amarezza, ma come a un matrimonio, una gita, un pic-nic all’aperto, godendo del banchetto della vita.
Il secondo momento è la fiducia. «Anche se non avete denaro»: quelli che soffrono per la crisi economica, la disoccupazione, l’ipoteca, il licenziamento. Perché? Dio è abbondanza, il datore per antonomasia (Sal 104. 27-28; 136, 25: 145, 15-16). La solidarietà è parte del suo regno. Di fronte alla paura che ci attanaglia per l’incertezza del futuro, la speranza in un Padre che alimenta i passeri e veste i gigli dei campi.
I mezzi di comunicazione ci riempiono la testa quotidianamente con problemi angoscianti: cambiamento climatico, insicurezza politica, disastri naturali e atomici, incidenti automobilistici, scarsità di acqua, immigrazione galoppante, guerre, terrorismo, violenza…
Bisogna alzare gli occhi come Gesù. Sperando nel miracolo? Il primo miracolo è cambiare il cuore, smettere di guardarci l’ombelico per guardare agli altri, alla moltitudine che manca di tutto, e cominciare a condividere.
Se mi sento impotente? Dopo aver agito come possiamo, e tentato di cambiare le strutture, come fa per esempio il movimento degli Indignados, come credenti guardare come Gesù al cielo e non dubitare che la nostra condivisione cambierà in abbondanza, che “Dio provvederà”.
Cosa sono le nostre eucarestie domenicali? Incontri per tranquillizzare la nostra coscienza? Un modo di addormentarla? Abbiamo fatto della comunione una droga per fuggire da questo mondo o un luogo di incontro, amore e speranza?
*gesuita, scrittore e giornalista spagnolo. Ex direttore del settimanale Vida Nueva. Autore di 37 libri di poesia, letteratura saggi e biografie (Pedro Arrupe, Giovanni Paolo II e José María Díez-Alegría). L’ultima sua opera storica El último jesuita: la dramática persecución de la Compañía de Jesús en tiempos de Carlos III” (ed. La Esfera de los libros, Madrid, 2011)