In questi giorni, a seguito dell’ennesima sentenza, è ritornata d’attualità la lunga storia che, più di ritrovamenti e iniziative di carattere ambientalistico e culturale, riguarda l’isolotto di Vivara sotto il profilo del riconoscimento della proprietà del bene.
Per ricostruire, in maniera piuttosto sintetica, il motivo del contendere di quella che rimane una complicata vicenda tecnico-legale-amministrativa, utili si sono rilevate le pagine del periodico locale “Procida Oggi”, diretto dal prof. Domenico Ambrosino e che si avvale delle ricerche di Pasquale Lubrano Lavadera, il quale, nel corso degli anni, più volte si è interessato della vicenda.
La storia ha inizio il 18 luglio 1940 data in cui moriva il dott. Domenico Scotto Lachianca che, con testamento olografo del (24.7.1939), aveva nominato l’Ospedale Civico Albano Francescano erede universale dei suoi beni, salvo alcuni legati a favore di una famiglia procidana, affinché traesse un reddito a sostegno dell’assistenza ai malati poveri, come da suo scopo statutario.
Si trattava di un consistente patrimonio comprendente l’ isolotto di Vivaro, altri beni immobili in Procida e Monte di Procida ed una somma di danaro di £ 2.500.000. Vivaro era stato acquistato da lui in data 15 maggio 1911 all’asta giudiziaria presso il Tribunale di Napoli. Il 27 aprile 1912 la rivendette al fratello Biagio, alla cui morte ritornò a Domenico per eredità. Un mese dopo integrava il testamento, esprimendo il desiderio che il Consiglio di Amministrazione dell’Ente fosse integrato con altri sei membri, nominati dal Comune di Procida.
L’avv. Giuseppe Diana, ritenendosi erede in via collaterale (ramo materno) di 8° grado degli Scotto Lachianca, avviava azione giudiziaria per riaprire la successione in suo favore ed avere in proprietà l’isolotto di Vivaro e tutti gli altri beni dall’Ente ereditati. Il motivo della richiesta di annullamento della donazione nasceva dal fatto che, a suo parere, l’Ente non erogava più assistenza sanitaria, perché di competenza dell’ASL e, dunque, disattendeva lo Statuto, facendo venir meno la motivazione della donazione stessa. Faceva riferimento a modifiche statutarie del 1993. La lite iniziava nel lontano 1999. Oltre l’Albano Francescano anche il Comune di Procida si costituiva sostenendo il rigetto delle pretese dell’avv. Diana di annullare la donazione.
Nel 2001 il Tribunale di Napoli e nel 2002 la Corte di Appello di Napoli respingevano le richieste dell’avv. Diana che ricorse in Cassazione. Questa Corte affidava ad altra Sez. della Corte di Appello di Napoli il giudizio. Intanto, deceduto Giuseppe Diana, subentravano i figli. Questa volta la sentenza risultò favorevole ai Diana e a ricorrere in Cassazione furono la Fondazione Albano Francescano ed il Comune di Procida. Nel gennaio scorso la Corte inviava a sentenza la vertenza chiusasi in questi giorni a favore degli eredi anche se, probabile, che il lungo percorso (sono circa sedici anni) fatto di carte bollate, ricorsi e sentenze non sia ancora del tutto finito.