Urge un coinvolgimento dell’intera opinione pubblica con un apposito referendum, prima che pochi, nello stretto spazio di qualche stanza dei bottoni, decidano il futuro di tutti
di Salvatore Iovine (procidamia.it)
Dopo le vergognose elezioni al fulmicotone del 2010, le sterili e vili aggressioni mediatiche, i manifesti d’accuse di ogni tipo, intrisi di menzogne e reciproca avversione viscerale, che hanno avvelenato le anime di tutto il paese allontanandole sempre più dal dibattito politico degli ultimi anni, almeno per un giorno e cioè sabato 18 giugno il clima politico si è improvvisamente rasserenato per dare vita ad un tranquillo e stimolante dibattito presso l’ex conservatorio delle orfane, promosso dal gruppo dell’opposizione Insieme per Procida e che ha visto come protagonista il sindaco Vincenzo Capezzuto. Dopo le assordanti assenze di tutte le istituzioni locali in concomitanza dello sbarco a Procida di Padre Zanotelli, è stato davvero confortante notare questa volta, oltre al sindaco, la presenza di diversi componenti della giunta comunale, indice di una improvvisa disponibilità al dialogo politico e al dibattito pubblico, quest’ultimo totalmente scomparso negli ultimi 20 anni e strumentale e funzionale a protagonismi e gestioni solitarie della cosa pubblica.
Tema del dibattito è stato la prospettiva di fruizione e riconversione dello sterminato complesso immobiliare dell’ex carcere di Procida e del Castello d’Avalos. Ad aprire i lavori nella giornata di sabato è stato uno dei promotori della felice iniziativa, il capogruppo dell’opposizione Dino Ambrosino, che ha snocciolato dati, planimetrie, articoli di legge, attingendo a piene mani dal pregevole e certosino lavoro elaborato da professionisti locali, l’ing. Pasquale Cozzella e l’arch. Ester Quirino, coautori di una notevole brochure che rappresenta una preziosissima summa dell’attuale situazione giuridico-catastale-architettonica dell’ affaire Terra Murata. Il consigliere Ambrosino ha in particolare sottolineato che tra studi di progettazione e lavori di riconversione occorrono almeno 40 milioni di euro, dato quest’ultimo che potrà arrivare tranquillamente anche a 70 milioni di euro se passeranno invano altri inutili anni di incuria e abbandono.
Successivamente è stata la volta del relatore più atteso, il sindaco Capezzuto, che ha ostentato rapporti idilliaci con gli enti governativi, una padronanza conoscitiva del problema, precisando che Terra Murata non può essere concepita come un mero punto di arrivo, ma solo come parte di un più articolato puzzle territoriale, intoccabile e da salvaguardare nelle sue specifiche peculiarità. Sollevando il problema della eccessiva “gelosia culturale” della Soprintendenza, possibile freno ad una veloce riconversione urbanistica dell’area, il primo cittadino ha assicurato la platea che sarà lui stesso la miglior garanzia per il futuro di Terra Murata, la sua figura istituzionale sarà un baluardo a difesa del patrimonio culturale del borgo antico, ove qualsiasi restauro avverrà senza ricorrere a tonnellate di inutile cemento armato, ma rispettando scrupolosamente le mura dell’eredità storica.
A parere di chi scrive è apparso più convincente nel momento in cui ha palesato la consapevolezza delle migliaia di forche caudine che lo attendono, del ciclopico sforzo che sarà richiesto non solo alla classe politica, ma alla popolazione tutta. Ha infatti ricordato che se Procida ha attrattori naturali come la Corricella, Vivara e le spiagge, ha contestualmente, ingombranti detrattori che la mortificano da tempo, come l’inarrestabile abusivismo edilizio, una inadeguata gestione dei depuratori che massacrano le aree balneabili, una mediocre offerta turistico-ricettiva e un traffico veicolare da anni al collasso. Occorre stravolgere usi, abitudini e costumi: se si vuole puntare ad uno spendibile brand Procida, occorre mettere una pietra tombale sugli abusi edilizi; ricorrere quasi esclusivamente alla mobilità collettiva, passando in pochissimo tempo, ad un uso minimo se non nullo delle auto private; i cittadini dovranno essere più scrupolosi nella gestione dei rifiuti; gli stessi consumi devono essere il più possibile a “km zero”, ossia ricorrere all’acquisto progressivo di prodotti locali, legati il più possibile al territorio, dal momento che minori saranno gli spostamenti di veicoli commerciali del continente, minore sarà il caos. Il sindaco ha poi parlato di progetti e piani di fattibilità allo studio, di avviati contatti con il mondo degli industriali partenopei che lo hanno avvertito di un possibile interesse solo per l’intero prodotto Procida e non al mero polo di Terra Murata. Gli imprenditori vogliono essere garantiti dalla concomitante presenza di requisiti minimi per procedere con colossali investimenti: cura delle strade, un traffico sotto controllo, una sana gestione rifiuti, balneabilità e sicurezza spiagge, la fruibilità di Vivara, la tutela della Corricella, etc. La senatrice Incostante ha espresso la necessità che certe decisioni vitali e strategiche vadano adeguatamente discusse in sede di consiglio comunale, fornendo alla collettività la maggiore dose di conoscenza in merito alle questioni aperte. Il sindaco e la senatrice hanno concordato sulla assoluta colonizzazione del capitale privato, poiché gli investimenti sulla carta non possono essere affatto gestiti da una piccola e già indebitata amministrazione comunale.
Il sindaco ha parlato di necessità di almeno 500 posti letto, di un futuro polo congressuale ma è apparso comunque un po’ troppo vago rispetto alle molteplici ipotesi di utilizzo della mastodontica area. Addirittura più di qualcuno ha sussurrato in questi giorni di ipotesi di casinò. Premesso che al momento sarebbe anche giuridicamente impraticabile, a meno che non trovi un rapido accoglimento quanto fortemente voluto dal Ministro Brambilla di prevedere la possibile apertura di giochi d’azzardo negli alberghi a 5 stelle, speriamo in ogni caso che siano solo sciocchezze di buontemponi, chiacchiere dar bar sport, che saranno prontamente smentite da chi rivendica il ruolo di custode del tesoro di Terra Murata, altrimenti incorrerebbe in una stridente contraddizione. Un casinò sarebbe l’AntiCristo a pochi passi dall’arcangelo San Michele, una autentica pugnalata inferta sulla memoria storico-culturale di Procida, un misfatto architettonico che griderebbe vendetta e che impatterebbe rovinosamente anche sulla suggestiva Corricella e Marina Grande. Se anche piovessero Niagara di miliardi di euro in presenza di un casinò e fossero garantiti posti di lavoro per tutti, significherebbe la prostituzione di una anima agricola-marinara sull’altare del vile denaro, il rinnegamento delle origini, lo stravolgimento dell’identità storico-culturale, la fine di usi e tradizioni, l’isola diventerebbe la preda dei saraceni del 21° secolo, novelli barbari, cafoni arricchiti, riciclatori di denaro sporco, camorristi, mafiosi, etc.
Capri da secoli ha un suo brand conosciuto in tutto il mondo, fatto di faraglioni, grotte azzurre e piazzetta, che strizza l’occhio a vip del jet set e a star internazionali che adorano il glamour e la mondanità; Ischia ha migliaia di turisti che godono del suo verde e delle sue terme; la nostra isola ha la Corricella, l’inaccessibile Vivara e Terra Murata, ma non possiede un target ben definito di turista, dal momento che non è capace di creare e consolidare il brand Procida. L’esiguità del territorio non è compatibile con un turismo di massa e con una calata dei barbari, ma solo ed esclusivamente con un turismo d’elite, da perseguire conquistando letterati ed intellettuali di tutto il mondo, che con il loro prestigio e le loro auguste firme possono dirottare migliaia di persone perbene sull’isola. Purtroppo con la scomparsa di Morante, Brandi, Moravia, Procida è rimasta orfana, ed è riuscita a far scappare anche l’unico intellettuale che era rimasto, l’amato Prof. Runcini, che proprio a Terra Murata voleva realizzare il centro internazionale della letteratura del fantastico. Sicuramente gli interessi degli imprenditori si indirizzeranno esclusivamente verso la realizzazione di attività commerciali redditizie come strutture alberghiere, centro congressi, ristorazione, centri benessere, etc. ma il Comune dovrà giocare con intelligenza le sue carte, dovrà ritagliarsi adeguati spazi nell’ambito degli accordi negoziali: dovrà riservarsi, cioè, una discreta fetta dello spazio esistente per realizzare anche una piccola cittadella di Arte & Cultura, fatta di succursali universitarie (Orientale docet), caffè letterari, centri di studio e formazione, musei, pinacoteche, acquari, biblioteche, parchi e strutture per bambini, laboratori artigianali e teatrali da destinare all’orgoglio dell’isola che sono I RAGAZZI DEI MISTERI e le numerose compagnie di recitazione, parcheggi per bici, promuovendo allo stesso tempo rassegne cinematografiche, premi letterari, convegni, fiere, sagre etc. Se Seattle ha la sua Silycon Valley, se Coroglio ha la Città della Scienza, Procida dovrà avere la sua “Cittadella della Cultura”.
Ma se tre anni fa la città di Firenze si recò alle urne per decidere con un referendum sulla realizzazione di una tramvia nel centro storico, chi scrive auspica che qualcosa di simile avvenga anche a Procida, che tramite questa bellissima modalità di democrazia diretta, vengano interpellati gli elettori tutti sulle possibili alternative da realizzare: la decisione popolare darebbe forza successiva agli stessi amministratori per adottare le soluzioni impopolari che saranno ineluttabilmente indispensabili.
Sono passati 23 anni dallo sfratto del penitenziario, 19 anni dal celebre slogan il carcere di Procida ieri una palla al piede oggi una palla goal, 12 anni dal decreto di vincolo, 3 anni da quando Tremonti nel ritirare il Premio Elsa Morante annunciò di voler concedere al prezzo simbolico di un euro tutti gli immobili demaniali agli enti locali nell’ambito della strategia federalista tanto cara ai suoi amici leghisti.
Siamo ormai arrivati all’ora x: una sfida abnorme che richiede fibre e competenze straordinarie per una svolta epocale che impatterà sul destino economico-sociale dell’isola nei prossimi decenni. Prima che qualcuno, colto dalle vertigini e dall’ebbrezza del momento, compia qualche passo falso, urge una opportuna consultazione popolare, un coinvolgimento dell’intera opinione pubblica con un apposito referendum, prima che pochi, nello stretto spazio di qualche stanza dei bottoni, decidano il futuro di tutti.
CHE STORIA!
Il dibattito di sabato è stato preceduto il giorno prima da una doverosa, seppur breve, riflessione e analisi storica (e che avrebbe meritato forse giorni di approfondimento) moderata dal magistrato Dr Sergio Zazzera. Avvincente l’intervento appassionato dell’Avv. D’Ambra che ha illustrato una ricca aneddotica sugli ospiti delle ex carceri borboniche, una carrellata di storie di condannati, dai fieri nemici del re fino al celebre mafioso Don Vito Cascio Ferro, assassino del leggendario poliziotto Joe Petrosino pioniere della battaglia contro la criminalità italo-americana. Un bagno penale spesso considerato come la cloaca del Regno del Due Sicilie, sede di inimmaginabili torture fisiche e psicologiche inflitte agli oppositori del sovrano, luogo di atroci sofferenze disumane che divennero secondo il giudizio del D’Ambra tra le migliori spinte propulsive per avviare i moti risorgimentali di Garibaldi e dei suoi patrioti. Davvero dolorosa e minuziosa la rassegna delle sadiche torture inflitte agli oppositori descritte oltre dal D’Ambra, anche dallo storico procidano Giosuè Scotto di Santillo.