Il “principio decisivo” per il Dio di Gesù non è né la fede, né la religione, né la spiritualità. Solo una cosa: come ogni essere umano ha trattato gli altri esseri umani. Pertanto: Non sarà un principio dogmatico, ma etico. Non sarà un principio religioso, ma laico. Sarà un principio ugualmente valido per tutti gli esseri umani, quali che siano la loro religione, le loro idee o la loro cultura. J.Maria Castillo
Sessantesimo appuntamento, con la rubrica dedicata ai commenti al vangelo. Eccovi il commento al vangelo di Mt 25,31-46 di questa domenica 20 novembre 2011, attraverso il video di p. Alberto Maggi (con relativa trascrizione del suo commento da scaricare) e una riflessione di di Sergio Tanzarella
[youtube CZtAve0i2co]Insieme a queste potete vedere anche il video di don Lello Ponticelli con le “prediche senza pulpito”. [youtube xfpj9mmfkjA]
Nascosto con gli ultimi di Sergio Tanzarella
Mt 25,31-46
Eccoli tutti stupiti, forse dolorosamente sorpresi e sconcertati. Quel che leggiamo ha dell’incredibile. Né i giusti né i malvagi pensano di avere incontrato Gesù. Nella logica umana lo avranno tutti cercato dalla parte sbagliata come quelli che nella notte aspettano l’alba senza avvedersi che il sole sorge alle loro spalle. Come chi, attendendo un treno su un binario, viene riconosciuto da un amico, un tempo tanto atteso, e s’accorge però di non ricordarne più esattamente né il volto né il nome. Lo avranno tutti cercato nelle grandi liturgie templari? Nei silenziosi corridoi delle case di ritiri spirituali dove la vita scorre prevedibile e perfetta? Nelle diplomazie dai passi felpati e tra i “camerieri segreti partecipanti”? Tra i difensori della religione civile che inalberano i crocifissi come oggetto di offesa? Nella ricerca affannosa di stabilire tutte le qualità e le modalità d’essere di un Dio che, pur dichiarato onnipotente e onnisciente, va circoscritto e definito per essere compreso? Nelle sicurezze dei beni, seppur posseduti a fini religiosi? Nei Parlamenti tra i difensori dei “valori non negoziabili”, paladini riconosciuti di una cristianità senza fede, concepita come regime?
Tutti dunque hanno sbagliato a vedere, perché tutti ammettono di non averlo visto, di non averlo incontrato questo Gesù. Eppure c’è una differenza che Gesù afferma essere dirimente. Alcuni hanno pensato di averlo trovato in tutto questo apparato burocratico e celebrativo, in questa appariscente e convincente religione del potere, in uno spiritualismo appagante, nella tranquillizzante affermazione che il dichiararsi credente, o culturalmente simpatizzante, o dotto frequentatore di cortili sia sufficiente. E la fede? E soprattutto le sue conseguenze? Possono essere mai ridotte ad un opzionale accessorio?
Gli altri, invece, non si sono sentiti appagati da queste sicurezze di una religione mondana. L’ingiustizia sistemica del mondo in cui vivevano non li ha lasciati indifferenti o rassegnati. Sono tornati spesso con la mente ad una pagina strappata del catechismo della loro infanzia, quando erano costretti a imparare a memoria le opere di misericordia. Già, misericordia in un mondo spietato. Un programma totalmente fuori moda che, al più, viene dato in appalto a quella parte del volontariato finanziato dai progetti speciali. Oppure agli operatori sociali e alle caritas parrocchiali. Come se si trattasse di un servizio che riguarda alcuni specialisti in opere di carità. Costoro, dunque, pur senza vedere e senza riconoscere hanno smascherato le sempre nuove mistificazioni, denunciando che: alla propaganda antiumana della Lega Nord occorreva rispondere spalancando le porte, perché nessuno può distinguere gli esseri umani sulla base di un passaporto e che il permesso di soggiorno è soltanto un pezzo di carte in confronto al diritto alla vita;
alla pena afflittiva del carcere per sempre nuovi e innumerevoli reati (tra cui anche rubare un pacco di biscotti per fame) occorreva opporsi poiché ai carcerati si poteva togliere la libertà, ma non costiparli in ambienti angusti e malsani, negarne la dignità e il riscatto, ucciderne ogni futuro cancellandone affettività e speranza;
i malati non potevano divenire oggetto di commercio, che sulla sofferenza non si sarebbe mai dovuto speculare e trarre profitto, che si sarebbero dovuti curare tutti senza distinzioni e senza preferenze.
Eppure anche questi coraggiosi alla fine della vita s’accorgono di non aver capito bene. Di non averlo riconosciuto questo Gesù Cristo tanto cercato. Infatti esclameranno: «Quando ti abbiamo veduto?». Anche a loro è rimasto velato. Poiché come ne «La leggenda del santo bevitore» egli si rivela sotto i ponti de La Senna ad un ubriacone. Per gli astemi e per i modici bevitori occorrerà attendere il giorno di cui parla il Vangelo per cominciare a capire ciò che si è visto e comprendere il profilo dei volti incontrati.
Allora, anche se non saremo in grado di vederlo, sappiamo che egli è su quella “terra di nessuno”, tra le frontiere della storia, in mezzo all’umanità difettosa, che ci aspetta non sotto le mentite spoglie con cui si presentavano gli dei quando decidevano di fare una scorribanda sulla Terra, ma in una incarnazione reale, tanto reale e concreta da apparire inopportuna e inaccettabile ai benpensanti e agli atei devoti.
*docente di Storia della Chiesa alla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale. Recentemente ha pubblicato due volumi su don Milani: Gli anni difficili. Lorenzo Milani, Tommaso Fiore e le “Esperienze pastorali” e Lorenzo Milani. Memoria e risorsa per una nuova cittadinanza (entrambi editi da Il Pozzo di Giacobbe)