di Giuseppe Ambrosino di Bruttopilo
Tra il verde rigoglio dei rovi, a stento si distingueva quella grande cisterna di acqua piovana, interrata. Era una specie di “Piscina mirabilis”, con la volta a botte, grande come una chiesa, un vero e proprio tempio sotterraneo, dedicato all’acqua. La sua bocca principale si apriva all’ombra di un maestoso gelso. Gli abitanti della zona la chiamavano semplicemente “la pischera”, e lì le donne andavano a lavare i panni, quando a Procida non era ancora arrivato l’acquedotto.
Nunziatina, e Celestina, erano due giovinette, che quasi tutti i giorni, curve sul lavatoio, lavavano e cantavano. Le loro canzoni d’amore avevano soprattutto lo scopo di attirare l’interesse dei giovani del vicinato. Crescenzo e Salvatore erano quelli che frequentavano assiduamente la “pischera”, nei giorni in cui c’erano le “femmine” a lavare.
Sia i giovanotti, sia le ragazze consideravano quel posto quasi un luogo dell’anima, un punto dove ritrovarsi, dove fare amicizia, dove sperimentare i loro primi sogni d’amore. Crescenzo già guadagnava, andava a “mare” con la “lampara”. Salvatore invece ancora studiava, stava al quarto nautico. Ed era il più bello dei due.
Nunziatina avendo superato già i venti anni ed essendo anche un alquanto bruttina, non destava l’interesse di nessuno dei due. Celestina era la più simpatica, e piaceva a entrambi i giovani. E’ vero che avesse appena sedici anni, ma era la più procace e la più attraente. La furbetta faceva intendere a Salvatore che le piacesse di più Crescenzo, anche se quando stava con costui gli facesse capire il contrario. Esasperato, un giorno, Salvatore volle metterla alla prova.
Era un assolato pomeriggio di agosto e sotto il gelso, nonostante il gran caldo, erano intente a fare il bucato Nunziatina e Celestina. Salvatore, si presentò all’improvviso in costume da bagno. Nunziatina nel vederlo si girò e gli sorrise. Poverina, lei sorrideva a tutti, ma nessuno la odorava. Ed anche Salvatore la ignorò.
Il giovane si diresse intanto verso Celestina, l’afferrò per un braccio e -Vuoi venire con me, al mare? Ti debbo parlare. – le chiese con piglio deciso. Al che la ragazza (che in segreto lo prediligeva) con atteggiamento di sfida – Con te al mare – rispose – Neanche morta. –
– Guarda, che se non vieni con me, – minacciò il giovane – io mi lancio nella “pischera”-
– E buttati, se ne sei capace- (lei conosceva bene il suo pollo) così affoghi e finalmente ti levo di torno –.
Allora Salvatore, salì sul tetto della “pischera”, ne percorse l’intera cupola e saltò deciso dietro di essa. Una volta scomparso alla vista, raccolse il grande scoglio, che aveva preparato già la mattina, e lo lanciò nell’acqua attraverso la bocca posteriore.
Si sentì un tonfo terribile, che rimbombò per tutta l’ampia cupola.
Celestina non si smosse e continuò impassibile a lavare. Quella che spaventata dette l’allarme, fu invece Nunziatina, che corse verso casa in cerca di aiuto.
-Accorrete, accorrete gente! Salvatore si è buttato nella “pischera”- gridava a squarciagola.
Accorsero tutti, chi con la scala, chi con le funi, chi con l’asciugamano, chi con la bottiglia di aceto. Ad un certo punto apparve la mamma, con i panni asciutti per il figlio. Si chiamava Lucia e ben presto passò avanti a tutti. Quando giunse sulla “pischera”, rivolgendo appena uno sguardo angosciato a Celestina, si precipitò sull’imboccatura della grande cisterna.
La superficie dell’acqua era di una calma inquietante. A questo punto la donna cominciò a gridare invocando disperatamente il figlio.
Celestina cercò invano di rincuorarla.
– Lucia! – le disse – Quello sconsiderato avrà di certo fatto uno scherzo. Presto lo vedrai ricomparire –
Ma la povera donna non si convinse tanto facilmente e continuò nei suoi struggenti lamenti.
Si calmò soltanto quando il figlio mortificato e rosso in faccia per la vergogna, riapparve da dietro la siepe di rovi.