Il tempo pasquale si avvicina a grandi passi, anzi possiamo dire di esservi già dentro. Si sente nell’aria o, forse, lo vogliamo sentire. Esso è un periodo in cui ci sentiamo quasi predisposti ad una rinascita non solo spirituale , ma anche fisica. Quasi un ritorno di gioventù. Volesse il cielo! Esaminiamo con la lente rivolta all’indietro la ASettimana Santa procidana. E’ molto bella. Ha un fascino antico che ti catapulta indietro nel tempo con la sua forza seduttrice. E tu, uomo di oggi, pensi che forse tutto è scorso troppo rapidamente. E ti viene in mente il “mercoledì santo” di una volta. Il canto del “Miserere ” connotava questa giornata. Questo canto è uno dei più profondi e moderni della liturgia cattolica. E’ il canto di pentimento del re Davide dopo aver peccato con la moglie del suo generale Uria. Ricordo questo canto nei miei anni giovanili presso la chiesa della Madonna della Libera. Era la serata “Ri Rummuri”, vale a dire dei “rumori”. La chiesa per l’occasione era tutta al buio. Era illuminata solo da un candelabro a forma di triangolo isoscele. Il lato più lungo faceva da base ed era infisso su un tronco di legno sistemato davanti l’altare maggiore, subito avanti la balaustra di sinistra. Sui due lati minori erano infisse una seie di candele accese. I preti, allora numerosi, iniziavano il canto del Miserere. Le voci maschie, anche un po’ rozze, riempivano l’emiciclo davanti l’altare e si diffondevano nella chiesa. Il tutto era di una suggestione infinita. Il popolo rispndeva al canto dei preti. Le note della melodia erano dolci, avvincenti, cariche di pathos. Ad ogni strofa che terminava un prete si alzava e spegneva una candela. Calava sulla fiamma un ” coppo” di metallo legato ad una canna. Man mano che aumentava il numero delle cadele spente la chiesa diventava sempre più buia. L’oscurità ti dava la sensazione del buio del peccato, della colpa del re Davide. Ti dava il senso della perdita della luce di Dio. Forse erano solo delle impressioni del momento, ma allora per coloro che assistevano a questo rito er una sensazione vera. La luce diminuiva sempre più, finché spenta l’ultima candela, la chiesa rimaneva completamente al buio. Si aveva un attimo di silenzio assoluto, forse l’attesa di una catastrofe. Poi, all’improvviso, la gente orendeva a sbattere i piedi e le mani sui banchi. Un frastuono terribile invadeva la chiesa, durava qualche minuto e poi lentamente si spegneva. Questa era la funzione dei “rummuri”. Noi ragazzi ci divertivamo un mondo nello sbattere le mani e i piedi sui banchi.Oggi questo rito è scomparso. Ma non è scomparso il canto del “Miserere”. Pieno di profondità spirituale e di suggestione è quello che si canta presso la congrega dei Turchini ogni mercoledì santo. Se non avete mai assistito a questa funzione, andateci! Il “Miserere” è un canto unico nel suo genere ed introduce alla passione di Cristo; da la misura della grandezza del perdono divino. E’ l’essenza stessa della Pasqua!
