la nava in mano al cuoco
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Italia: “La nave è in mano al cuoco …”

la nava in mano al cuocodi Michele Romano 

Il percorso che ci sta conducendo alle elezioni del 24 e 25 febbraio, è pervaso da fortissimi sintomi convulsi e schizofrenici del tutti contro tutti, dello scaricabarile delle responsabilità, palesemente proprie, sugli altri. In alcuni momenti topici e culminanti nella presentazione di proposte choc, mi è parso di entrare nella notte dei tempi della mia adolescenza, quando improvvisamente giungevano nei quartieri dell’isola di Procida, ed in special modo dove abitavo a Chiaiolella, dei venditori di pacchi che, rivolti ad ingenui compratori, chiedevano se erano contenti dell’acquisto. La risposta corale era: siamo contentissimi. Ma, tornati a casa, quando questi lestofanti si erano, oramai, dileguati, trovavano l’amara sorpresa che i pacchi contenevano abbondante carta stracci.

Ecco in quale clima ci troviamo e utilizzando una espressione acuta del Diario del filosofo danese Søren Kierkegaard si può dire “che la nave è oramai in mano al cuoco di bordo e ciò che trasmette il megafono del comandante non è più la rotta, ma ciò che mangeremo domani.”. Infatti, in questi giorni stiamo praticamente toccando con mano che siamo un Paese in profonda decadenza con una pervasiva e costante arretratezza sociale, culturale, e politica. Tutto ciò viene da lontano perché da oltre trent’anni i responsabili del bene pubblico hanno eliminato completamente il tema della formazione per il semplice motivo che la politica, essendo venuta meno al suo compito peculiare di definire le priorità, ha tradito anche quella riguardante l’istruzione, respingendo scelte coraggiose nei riguardi della didattica, della selezione di nuovi insegnanti e sulla libertà di accesso allo studio. E purtroppo, tra urla e schiamazzi, in questa campa elettorale, non si nota alcuna inversione di tendenza e una notevole desertificazione di questi contenuti investe anche le forze politiche e sociali più sensibili. Così si sperimenta un senso diffuso di estraneità e desolazione, la tristezza dei tagli alla cultura, un dibattito elettorale che esclude i giovani.

In tal senso bisogna riflettere che per fermare questo invasivo declino in modo concreto si deve lavorare ad una nuova rivoluzione copernicana che rimetta in moto un respiro di grandi prospettive rapportate sia alle persone, alla società e al mondo. E i giovani devono iniziare a prendere le loro responsabilità e a entrare in scena, consapevoli però che non si inizia mai da zero. A tal proposito mi sembra opportuno citare Giovanni di Salisbury che attribuisce a Bernardo di Chartres nel XII secolo la grande frase: “Siamo noi sulle spalle di giganti nel senso che si riesce a vedere più lontano quando si fa tesoro del passato.”  Ed una della crisi della società contemporanea è d’essere smemorata e, di conseguenza, chi non ricorda non vive.

Per questo, entrando nella realtà in cui vive, cioè l’isola dell’Arcangelo Michele, imploro ragazze e ragazzi ad uscire dalle loro tane, dalle loro frustrazioni, angosce, delusioni e riappropriarsi dell’andare, della vitalità e dell’intelligenza viva che è patrimonio specifico della loro età in modo da offrire all’ultima essenza della vita umana cioè la speranza, al momento alquanto fioca, la sua funzione motrice di costruire un futuro degno da essere vissuto.

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