Libertà
Libertà

LIBERTA’ TRAVISATE

Di Porfilio Lubrano         

Se la massima espressione della libertà sia quella di essere libero di non essere libero, la volontà vi si innesca come finanche della “provocazione” dell’eremita e dell’asociale, come se in fondo anche l’anarchico fosse in punta di piedi al cospetto di ciò che sostanzia il concetto di comunità. Pertanto se la libertà è per antonomasia ciò che non è imposizione, altrettanto tale assunto può buon legittimamente valere per la democrazia come strumento preordinato alla libertà, ovvero giungendo a prospettare – pur se non rappresentare – il liberalismo. Sin qui il profilo più squisitamente politico, certo è che pur da un profilo più marcatamente sociale i concetti di democrazia e liberalismo non appaiono antitetici, anche per uno stato che non si ponga come assistenzialista tout court bensì consideri fra le sue priorità – con attivismo da dignità contenutistica -, lo stato sociale, il welfare. La democrazia dunque come strumento è tale anzitutto per rappresentare il ventaglio conoscitivo più ampio possibile alla gente, l’informazione più completa ed equidistante possibile ad una consociazione di persone, nucleo imprescindibile formativo della comunità.  Potere del popolo e libertà individuali dunque assurgono a complementare bisogno di raccordo laddove soprattutto il concetto di comunità si sposta ai fatti. Pertanto non certo vacue enunciazioni formali vanno ad intraprendersi di volontà collettiva bensì di contestualizzazione di una filosofia di stato in quanto tale sempre attuale, come ad ammettersi di massima apertura fra Marx ed il principe di Machiavelli nella stesura delle note che Antonio Gramsci ne fa, sostenendosi di partito come di movimento intellettuale, ovvero rappresentando l’intero scibile conoscitivo fra forme di stato e forme di governo, a prescindere dal colore politico considerato. La massima obiettività e connessa apertura insita in cotanto concetto, implica la ragione della politica come scienza, impregnata – almeno nei rudimenti – di quel superdiritto teorizzato dalla dottrina dello stato puro di Kelsen e di Bobbio. Assunto quindi l’elemento caratterizzante della democrazia anzitutto risiedere nella informazione/comunicazione ed affinché ci possa essere effettiva partecipazione del popolo, lo stesso popolo può anche essere libero di non volere il potere a se ma di avere avuto comunque lo strumento per poterlo esercitare – appunto – nei modi del superdiritto suddetto, di cui il predetto concetto di democrazia ne è contenuto pregnante. Assumere quindi già solo un innaturale substrato contenutistico alla autodeterminazione dei popoli rappresenta grave rischio in termini di libero confronto, travisando lo spirito d’assieme che sorregge il libero svolgersi della personalità umana, in quanto tale invece – naturalmente – già viva voce che sostanzia la comunità esprimendosi di diritti e di doveri, come ad esempio il diritto-dovere al voto, la cui natura giuridica viene individuata dalla dottrina costituzionale come dovere civico. La sinonimìa democrazia-libertà tout court considerata necessita quindi di continue riflessioni e – connessi – approfondimenti, il cui dirimente senso non può che collocarsi nella democrazia come strumento-criterio, ovvero ben al di là di colorazioni partitiche ed ideologie politiche diverse. La vera libertà per il vero spazio in cui individuare la libertà è la presa d’atto della territorialità per governi e popoli che vi si inseriscono come forme di stato liberi di dare viva voce alla gente – appunto – con modalità democratica e quindi anche laddove la stessa gente in un dato momento storico non vuole il potere, seppure solo rappresentato/rappresentativo  ma vuole invero la partecipazione democratica che in quanto tale può pure manifestarsi nella non partecipazione purchè non coartata in alcunché; vien da sé in tale complessivo assunto quindi pure che libertà ed uguaglianza, non vanno sempre di pari passo,  non possono essere “assunti di assimilazione/interdipendenza fisiologica”, non possono essere concettualmente indissolubili – valevoli in assoluto -, non possono dunque  tout court essere considerate tali giacchè invece si pongono su di uno stesso piano nelle  condizioni di partenze, nelle pari opportunità, in quanto poi invece grazie al criterio meritocratico la selezione diviene tale naturalmente, ovvero legittimamente ad esprimere differenze e quindi che non siamo tutti uguali, pur essendo liberi: insomma la democrazia nella accezione di  strumento-criterio-modalità nel senso suesposto contribuisce a comprendere appieno perché libertà ed uguaglianza abbiano cotanta assimilazione solo iniziale e senza degenerare in iniquità e/o in illegittime disparità di trattamento con riferimento alla stratificazione sociale soprattutto in comunità più ristrette laddove la visibilità è certamente maggiore e quindi l’azione democratica ancora più incisiva, ovvero già solo potenzialmente con la comprensione totale di tali concetti. Partire dunque dal basso, dalle autonomie locali, dalle questioni annose-storiche (come i problemi del nostro mezzogiorno), facendolo sempre con metodo democratico è la vera conquista della libertà giacchè rispetto della libertà, comprensione ed educazione alla libertà, al bello della libertà che è contatto/consociazione con le altre libertà, cercando di risolvere in concreto i problemi, come obbligo prioritario di ogni governo e di ogni politico, per dirla alla Benedetto Croce. L’interesse collettivo da tutelare insomma risiede nella sintesi delle libertà assorbite dal superdiritto che le tutela già soltanto attraverso la piena informazione, il rispetto della libera manifestazione del pensiero (garantita dalla nostra costituzione all’art. 21) e la morale comune del giusto incontrarsi e confrontarsi senza mai scontrarsi; la vera libertà è l’obbligo di ogni governo, di ogni politico  a contribuire a rimuovere sempre più  gli ostacoli che di fatto impediscono il pieno svolgimento delle persone- personalità umana (in correlazione quindi alla fisiologica di diritti e doveri, ad esempio, garantiti dalla nostra costituzione), il garantire la uguaglianza formale e sostanziale, il garantire le pari opportunità, ed anche e soprattutto il ripristinare le cosiddette condizioni di partenza; la vera libertà insomma non è simulacro di  democrazia sic et sempliceter considerata bensì la democrazia espressa dei contenuti innanzi descritti, ovvero anzitutto in termini informativi e formativi per  la coscienza sociale, ancora più evidente in uno stato sociale di diritto che caratterizza la nostra costituzione. L’obbligo di ogni governo, di ogni politico e di ogni forma di stato, dovrebbe essere sempre quello di garantire l’integrazione fra la gente, fra i popoli, senza distinzione di razze, religioni, sesso ecc.(cfr., ancora, art. 3 della nostra costituzione ), intendendosi sin già della politica come scienza, in quanto tale fatta anzitutto di visione programmatica (e quindi di coerente consequenziale efficacia nei fatti) ed espressa di autonomia rispetto alla economia ed alla religione per uno stato laico, ed effettivamente equidistante a garantire libertà individuali armonizzate nell’interesse generale e collettivo che le comprende, attraverso il metodo-criterio democratico e connesso suffragio universale nel rapporto fra governanti e governati, fra stato-apparato e stato-comunità: in questi termini la democrazia non è mai a rischio e – correlativamente – la libertà mai travisata sicchè espressa di maturazione di insite consapevolezze.

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Un commento

  1. francesco Ferrandino

    Garantiamo la massima espressione della libertà ovvero anche a prescindere dal tipo di forma di stato e di forma di governo considerate.
    la democrazia è tale anche per consentire tale assunto. libertà ed uguaglianza non vanno di pari passo, tranne che nelle condizioni paritarie di partenza.
    Vox populi, vox DEI

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