Qualche giorno fa sento la mia amica Roberta. Tra una chiacchera e l’altra, lei mi consiglia di leggere un articolo di Federico Rampini sul sito repubblica.it: il titolo è alquanto accattivante e provocatorio “Vivere con 100 cose”. È la tribù dei minimalisti.
Un diktat dall’America, contenuto in un manuale e un messaggio: “Basta schiavitù degli oggetti. I consumi dovranno essere ridimensionati, tanto vale cominciare subito”.
Eccovi il racconto di Roberta, di quanto questo articolo l’abbia interrogata e portata a fare, “inevitabilmente”, anche delle scelte. Forse tutti dovremmo chiederci se questa frenesia dell’accumulo, in cui mi ci metto ovviamente anche io, che ci mette ansia rendendoci sempre più insicuri, ci ci stia portando verso il baratro e sia il momento di fermarci e rivedere i nostri stili di vita e riuscire così a “resistere al consumismo e vivere una vita più significativa”.
Spero di riuscire a seguire anche io questi consigli per vivere meglio. Le case sono luoghi dove la roba si accumula. A Roma ho una stanza. Partii con una valigia e poche cose. La stanza era vuota e le poche cose larghe nell’armadio. In tre anni, la stanza – cambiata nel mentre con una più grande e spaziosa- è diventata piccolissima e ingolfata di roba.
Nell’ultimo trasloco buttai un po’ di roba ma la stanza continuava ad essere un ricettacolo di roba conservata con cura pronta per l’attimo in cui la mia mente si fosse ricordata di averla.
Torno a Roma il tre di gennaio e la stanza, gli armadi, sono in attesa del momento del ricordo: la roba che uso è sempre sulle scrivanie, sulle sedie, in bella vista. Il quotidiano la “La Repubblica” mi dà un buon motivo per buttare più di qualche cosa: è nata in America la vita minimalista delle 100 cose.
Secondo Dave Bruno, di San Diego, in California, adorato dai suoi fan su Facebook e ha seguaci in tutti gli Stati Uniti. Famiglie intere aderiscono a quella che si definisce una “nuova aritmetica della vita”, ovvero: “minima addizione, massima sottrazione”.
E’ l’autore della Bibbia di un nuovo movimento – ne pubblicano una al giorno e degli argomenti più disparati – “La sfida delle 100 cose” propone di imparare a vivere con 100 cose, non una in più, anche se non mitizza tale numero, ma lo indica come obiettivo finale, come grimaldello operativo. Il bello è scegliere quali sono queste 100 cose indispensabili e da non eliminare.
Inizio dall’armadio -scarpe, borse, vestiti- ma per gli oggetti vado in panne perchè hanno un significato affettivo e mi riesce proprio complicato distaccarmene.
Arrivo al desiderato 100, in verità 110, e mi ritrovo con la stanza più sgombra e due sacconi di roba. Porto giù il superfluo e lo dono alla Caritas – specie il vestiario e accessori vari- e ritorno alla mia stanza. É più sgombra, sono comparsi degli spazi vuoti, posso mettere la roba che uso nell’armadio e sulle mensole. Sembra la stanza di una persona normale non una “Beirut assediata” come amava dire l’amico Pasquale.
Roberta Scotto
fonte foto : apartmenttherapy.com